mercoledì 16 aprile 2014

Parigi, Mercoledì delle ceneri 1978



Cari fratelli, che la pace e la gioia di nostro Signore Gesù Cristo sia con tutti voi. A Lui, che ci ha mostrato che cosa sia la misericordia, la gloria e a benedizione nei secoli. Obbedendo al desiderio di tanti itineranti vostri catechisti, di scrivere in occasione della Pasqua una lettera, in cui potreste trovare una guida e un aiuto in questa Veglia Pasquale, mi son messo a scrivere non senza la trepidazione propria di chi non sa scrivere (voi sapete che lo faccio molto raramente) e con il timore di ripetere delle cose che molti già sapete.

Questa è la quinta lettera di Pasqua che scrivo alle comunità. Nelle altre quattro mi sembra siano descritte, più o meno, le principali caratteristiche della nostra grande Festa. Ad ogni modo, tenterò di dirvi qualcosa. Oggi, mercoledì delle ceneri, comincia la Quaresima ed essa viene a me chiamandomi a conversione.

Il mio grande desiderio sarebbe di andare nel deserto a pregare... ma non mi è possibile. Penso alle tre tentazioni di Gesù e questo mi aiuta in questa Quaresima a cominciare di nuovo il combattimento: il cuore. Quanto vorrei amare Gesù con tutto il mio cuore, senza mormorare contro di Lui quando mi sento triste o quando soffro le incomodità, le incomprensioni o i problemi propri della mia condizione di apostolo itinerante. La prima tentazione: Israele mormora contro Dio perché‚ secondo loro mangiano un pane miserabile nel deserto e si ricordano delle cipolle, della carne, dei meloni e dei pesci d'Egitto. Anch'io mi ricordo della mia vita in Egitto e sono tentato, dalla concupiscenza degli occhi dalla sessualità, tante volte dal desiderio d'affetto, dalla voglia di riposare, insomma di cercare il mio piacere in tutto. Gesù sta quaranta giorni nel deserto; è scomodo, è duro sentire fame; fame d'amore, fame d'affetto, di comodità; di pane. "Se sei figlio di Dio" perché‚ dovrai soffrire? Se Dio è tuo padre ti dovrebbe amare, dovrebbe desiderare il meglio‚per te. Perché devi soffrire la fame? "Dì che queste pietre si trasformino in pane"... Gesù, fammi rispondere con te oggi e domani: "Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio".

Ecco la tua parola che mi è data nella storia, nella mia storia concreta di ciascun giorno, nella mia croce di oggi: ESSA‚ IL MIO PANE. "maestro, mangia". "Il mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha inviato", La Chiesa sa che io ho questa tentazione e mi difende e mi aiuta contro me stesso. E in questa Quaresima mi dice: digiuna, digiuna seriamente, e si allontanerà da te il demonio quando vede la tua volontà decisa ad accettare il PANE della volontà di Dio. Signore, aiutami a volerti bene con tutto il mio cuore. "Shemà Israel, amerai il tuo Dio con tutto il tuo cuore", sopra la croce sei con il cuore colpito e spezzato. Mosè colpì la roccia del cuore incredulo... e dubitò, i soldati non dubitano, colpiscono, feriscono, uccidono... e sgorgò sangue ed acqua, e chi lo vide rende testimonianza. Dal tuo fianco sgorgò, Signore, la vita della nuova Eva.

Dal nuovo Adamo, la nuova umanità: una nuova creazione, un nuovo cuore, non di pietra, Signore ma di carne come il tuo, facile, facile da trafiggere. "Io toglierò da voi quel cuore di pietra e Vi darò un cuore di carne...

Shemà Israel. Amerai il tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima.

Con tutta l'anima, con tutto il tuo spirito, con tutto il tuo essere, con tutta la tua vita, cioè rischiando te stesso. "Chi non perde perfino la propria vita, non la trova". Perdersi, umiliarsi, morire: fallire. Perché fallire? Perché‚ camminare per strade oscure senza sapere dove si va? Persa la ragione e persa l'anima, sempre col rischio di pensare se saremo pazzi o no, dove vivere, e soltanto fede e fede nuda... Perché? Perché fallire e camminare così, in Dio solo e senza noi? "Buttati dal pinnacolo del tempio e gli angeli ti raccoglieranno perché il tuo piede non inciampi contro la pietra" e vedendoti venire così dal cielo come gli angeli tutti crederanno in te... Lo vedi? Perché‚ passare per la croce? Perché tanta sofferenza? Non capisci? Perché camminare senza capire? Non ti ascolteranno, la casta sacerdotale non ti accetterà. Tu sei un operaio, un laico senza cultura; dalla Galilea può venire qualcosa di buono? Fallirai, ti uccideranno. Tenta Dio Perché no? Obbligalo con la tua fede che le cose siano in un'altra maniera, che li cambi la storia: sono tante te sofferenze, tante le malattie, tanti bambini subnormali, tanta la miseria e tanta la croce, e tanto il fallimento. Perché? Forse che Dio non esiste? O non ha fatto bene le cose? Come sarebbe facile tutti se ci mettessimo un po' di buona volontà...

"Vai via da me Satana! Tu giudichi le cose secondo il mondo e non secondo Dio". Anch'io mi scandalizzo della croce, della morte e del fallimento, anch'io non accetto l'umiliazione di essere sotto gli altri, di perdere la mia vita, di non trionfare, di non essere il primo, che le cose non siano e non si facciano come voglio io. La Chiesa mi invita alla preghiera, a umiliarmi davanti a Dio, a riconoscere che io sono una sua creatura, che io non sono Dio, che Dio è l'Altro. Ma come posso pregare se io non so farlo? Tenta come meglio sai, ogni forma è valida. Presto te lo insegneremo, se sei al principio del cammino. Gesù sulla croce, tutto rischiato, tutto perduto, con la fronte - segno dell'anima, della ragione e della vita - coronata di spine, in un'umiliazione totale fino alla beffa, fino alla pagliacciata e allo scherno. Se Dio ha permesso una fine tanto triste, è sicuro, era un peccatore... pensavano i farisei secondo quanto leggevano nelle scritture. E pensavano bene perché morì come peccatore al tuo posto e al mio. Che stupendo amore, nessuno mai mi ha voluto bene così, tanto gratuitamente.

Shemà Israel. Amerai il tuo Dio con tutto il tuo cuore, la tua anima, le tue forze.

Con tutte le tue forze, con tutto il tuo lavoro, con tutti i tuoi soldi. Il denaro, simbolo del potere; con il denaro - sentiamo dire - si ottiene tutto. Israele nel deserto presto si è fatto un idolo d'oro per chiedere le cose delle quali aveva bisogno. I soldi risolvono tante cose... Soldi, potere, IDOLATRIA. Colui che ha potere si teme, si rispetta. Il lavoro mi realizza, mi costruisce, mi permette di guadagnare soldi e possedere delle cose. Avere potere: dominare.

Quante discussioni per denaro, quante sofferenze. "Tutto questo ti darò" - e gli mostra le ricchezze e le glorie di questo mondo - "se tu mi adori". Ecco la tentazione. Guadagnare il mondo, essere famoso, che tutti ti ammirino, ti vogliano bene. Fama e denaro. "A che serve all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?". Lavorare, lavorare, con tutte le sue forze: il lavoro, il denaro, la politica, il potere. "Di chi è quell'immagine?" dice Gesù Cristo quando gli mostrano la moneta del Cesare. "Di Cesare", gli rispondono. "Allora date a Cesare quello che è di Cesare"... Gesù sopra la croce, con le mani di lavoratore e falegname trafitte dai chiodi, mani e piedi con cui faceva forza nel lavoro. Amerai Dio con tutte le tue forze, con tutto il tuo lavoro, con tutti i tuoi soldi. La Chiesa ci invita ad uscire dall'alienazione che ci procura il denaro e l'affanno di esso. Ci parla di elemosina, fate elemosina, "fatevi tesori nel cielo", "vendete i vostri beni". Ai notabili e farisei dell'epoca, amici delle ricchezze, dice: "date quello che avete in elemosina ed ecco che tutto sarà puro per voi". Parole fuori della realtà... Tu sei fuori della realtà e della vita, schiavo del denaro, giorno e notte con il cuore secco di avarizia e di idolatria. Convertiamoci a Dio tu ed io.

Anch'io sono tentato tutti i giorni: senza denaro non si può far niente... è necessario viaggiare, mangiare, vestirsi, avere una riserva per gli imprevisti. Usciamo dall'idolatria e restituiamo quello che abbiamo rubato, a causa della nostra avarizia, ai poveri. Il cuore, il pane, il digiuno, l'anima, l'orgoglio, la preghiera, le forze, il denaro, l'elemosina.

La Chiesa ci invita nella Quaresima a riprodurre in noi il combattimento di Gesù. A vivere con lui il tempo del deserto. Esso ci aiuterà a rincontrare la storia della nostra salvezza. Ci risveglia e ci mostra qual è il combattimento da sostenere nella vita come cristiani. Come abbiamo visto, in questa breve spiegazione delle tentazioni si trovano quattro linee, per così dire, sovrapposte:
  • La prima, lo Shemà: amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze;
  • La seconda, il cammino d'Israele nel deserto, dove Dio lo porta perché capisca cosa c'è nel suo cuore, perché veda come dubita di Dio e lo tenta e come cerca un altro dio più visibile che faccia la sua volontà.
  • La terza, Gesù, nuovo Israele, viene a seguire le orme che Dio, suo Padre, gli ha tracciato attraverso l'Esodo adempiendo lo Shemà nella sua carne.
  • E la quarta, Cristo Risorto e vivo oggi nella Chiesa che ci dona il suo stesso Spirito che ci permette di obbedire a Dio secondo il cammino dell'Esodo, realizzando lo Shemà e aiutati della Chiesa che, come una Madre, ci insegna a digiunare, a pregare e a fare elemosina.


Qualcuno, visto questo schema sostanziale della Quaresima, potrebbe pensare che bisogna sforzarsi, facendo elemosina, pregando, digiunando e che così si diventa cristiani; mentre - come si vede nel Vangelo - tutto questo è stato preceduto dal Battesimo. Gesù ha trascorso trent'anni nella famiglia di Nazareth fino a divenire adulto e, dopo essere stato battezzato, "fu portato dallo Spirito Santo nel deserto per essere tentato dal diavolo".

Per noi, che cosa vuol dire questo? La nostra Quaresima è tutto il tempo catecumenale, nel quale la Chiesa, facendo crescere il tuo Battesimo, ti insegna a combattere ed a vivere questo Shemà: cioè, ad amare Dio con tutto il tuo cuore, senza mormorare per le sofferenze di tutti i giorni; con tutta la tua anima, accettando tante volte di non capire e rischiando la tua vita; e con tutte le tue forze, ossia col tuo denaro e col tuo lavoro. Così, voi sapete, abbiamo un tempo precatecumenale dove siamo messi di fronte alle nostre forze, al lavoro, alla famiglia, alle ricchezze, alla relazione col denaro (1° tentazione). Un tempo catecumenale dove siamo iniziati alla preghiera e ad accettare che noi non siamo Dio, a farci piccoli, ad accettare l'umiliazione, a essere semplificati (2° tentazione). E un terzo tempo, quello dell'elezione, dove la Chiesa ti insegnerà ad entrare nella croce di ogni giorno, vivere nella croce quotidiana, come il cammino che Dio ha scelto per la tua salvezza, a digiunare del mondo e a vi vere del pane venuto dal cielo, nostro Signore Gesù Cristo, Parola di vita eterna per noi (3° tentazione).

Ecco che, finito il cammino neocatecumenale, la Quaresima ripresenta per noi la gestazione alla fede che finisce nella Pasqua. Questo è il contenuto più profondo delle liturgie della Quaresima, del ciclo quaresimale che è ricchissimo delle tappe di preparazione del Battesimo. Il catecumenato nella Chiesa primitiva finiva sempre nella Pasqua, con l'acqua del Battesimo che segna "la fine del peccato e l'inizio della vita nuova" (come dice l'inno della benedizione dell'acqua del fonte). Dico questo per farvi capire l'importanza che nella Chiesa aveva la Veglia pasquale; lo splendore di questa Notte Santa, che marca la nascita dell'uomo celeste in noi e che ci dona la cittadinanza della Gerusalemme eterna, Notte che ci da accesso, come figli di Dio, all'eredità che nostro fratello Gesù Cristo ha lasciato in testamento con la sua morte per noi. E' finito il tempo di fanciullo, di servo, e la Chiesa ci ridà quello che ci appartiene: lo Spirito dell'amore.

Cristo, conoscendo la fatica, la povertà di amore che abbiamo, e perciò le sofferenze costanti che incontriamo nel vivere quotidiano e come nel nostro spirito si annida la morte e la paura di essa che ci costringe tante volte alla meschinità e all'egoismo ,Lui, Cristo, pieno di amore e tenerezza per la nostra condizione esistenziale, ha steso le sue braccia sulla croce e ha offerto il suo corpo come alimento per la morte, uccidendo la morte e, morto per i miei e per i tuoi peccati, ha fatto testamento in mio e tuo favore della vita che donava. Se il debito del mio peccato e del tuo era la morte, Lui ha pagato con la sua morte facendosi te peccatore: ecco che, risorto dalla morte, te e me con Lui siamo risorti dalla morte, ecco che la sua Resurrezione ci giustifica, ecco che la sua Resurrezione è una luce, un canto, una tromba che annunzia che tu hai accesso gratuito a ricevere lo Spirito Santo.

Ma come potremo ricevere questa ricchezza che Dio ha depositato nella Chiesa? Avvicinandoci ad essa e lasciando che in essa siamo lavati gratuitamente e, spogliati dal nostro corpo di peccato, rivestiti della nuova condizione umana. Per questo Cristo è morto ed è risorto. Per questo è salito nel cielo ed intercede per noi. Affinché nella Chiesa possiamo ricevere uno Spirito nuovo, uno Spirito che non è più soggetto alla morte, perché l' ha vinta, perché è Risorto dalla morte, uno Spirito che ci rasserena nel fondo di noi stessi, ci dona la pace, ci consola, che ci testimonia che Dio è nostro Padre, che di fronte alla Croce ci dice "non aver paura!"; insomma uno Spirito che ci fa vivere oggi più felici. Quanta gente vive piena di sofferenze terribili, quanta gente vicina a noi soffre per la più piccola cosa! diventa isterica perché la vita non è come vorrebbe.

Va dallo psichiatra per chiedere aiuto, perché le insegni ad accettare la propria vita e amare gli altri, perché si rende conto che dentro di sé non c'è amore. E noi sappiamo che tutta questa gente potrebbe essere più felice se sapesse che nella Chiesa l'attende un'eredità che le appartiene, uno Spirito che Cristo ha guadagnato per tutti, uno Spirito che è l'amore e con il quale farebbe meno fatica nella vita, amerebbe meglio la moglie, i figli, i compagni di lavoro, accetterebbe meglio se stessa. Ma non lo sanno!

Come non dare la vita perché‚ la Chiesa diventi un posto credibile per gli uomini? Ah, se tutti gli uomini sapessero che esiste una piscina, un'acqua dove chi si lava è risanato nel profondo! E quest'acqua non la possiamo separare dalla nostra Veglia pasquale; perché‚ da questa notte scaturisce come una fontana di vita nuova. In essa noi battezziamo i nostri bambini, in essa ritrovano la vita quegli adulti che hanno finito il loro percorso catecumenale, in essa noi siamo invitati a guardare Gesù Cristo Risorto e Vittorioso, per ringraziarlo e gridare, pieni di amore e gratitudine: Vieni, Signore Gesù! Ah, se tu venissi in questa Veglia Pasquale del 1999 e tutti gli uomini ti contemplassero come sei veramente, piena di tenerezza per tutti! Quanti riposerebbero dalle loro fatiche! Ah, se tu venissi in questa Veglia e con te fossimo trasformati e potessimo passare dal nostro Banchetto gioioso pieno di canti e di fiori, al tuo Regno, al Banchetto eterno con Te!

Anche se Tu non ritornassi, celebrare questi magnifici sacramenti dove Tu sei presente con noi, ci trascinerà a portare questo amore, tutto l'anno, a tanti fratelli ai quali non è ancora arrivata questa realtà. Tu fortifichi la nostra attesa; ogni anno ti desideriamo di più, ti aneliamo, sentiamo il nostro esilio in Babilonia, arrivando perfino a sospirare la nostra morte fisica, ultima Pasqua che ci introdurrà nella Gerusalemme celeste.

Come voi sapete, fratelli, il nostro cammino neocatecumenale ha uno scopo preciso: aprire un itinerario di ritorno alla casa del Padre per la pecora perduta, per lontani dalla Chiesa. In questo senso le nostre feste pasquali hanno un'importanza di prim'ordine perché esse predicano e realizzano il contenuto della nostra fede. E' chiaro che noi dovremo adattare questo cammino alle condizioni del nostro momento storico: da un lato, aiutare i fratelli lontani che si stanno riaccostando alla Chiesa e, dall'altro, restare ancorati alla tradizione più viva e autentica della Chiesa.

Il Papa Paolo VI il Mercoledì 7 luglio 1976 parlando sulla necessità oggi, di ricostruire la Chiesa, diceva: "Tutto il lavoro compiuto nei secoli a noi precedenti… ci chiama a ricominciare da capo, memori sì e custodi gelosi di ciò che la storia autentica della Chiesa ha accumulato per questa e per le future generazioni, ma consapevoli che l'edificio fino all'ultimo giorno del tempo reclama lavoro nuovo, reclama costruzione faticosa, fresca, geniale, come se la Chiesa, il divino edificio, dovesse cominciare oggi la sua avventurosa sfida alle altezze del cielo".

Per questo, aiutarvi a vivere la Veglia pasquale è lo scopo fondamentale di questa lettera.
La pace e la gioia di Gesù Cristo, nostra Pasqua, sia con tutti voi.


Kiko Argüello

domenica 1 dicembre 2013

Martin Buber - Gog e Magog



"Ci vuole molto tempo prima che un uomo comprenda qual è il suo dovere - replicò l'Ebreo - I doveri glielo impediscono".

Com'è sempre divertente e interessante leggere un'antologia di "sacri aneddoti"! In questo caso la religione di riferimento è quella ebraica e non si tratta poi di una vera raccolta di racconti, perché gli episodi narrati nel libro hanno tra loro un legame e seguono un filo conduttore. Ma, in sostanza, vi si ritrovano tutti gli elementi tipici di questo genere narrativo: l'insegnamento religioso, l'aneddoto come esempio di vita, i consigli dei rabbini più anziani e dotti, una certa capacità di veggenza di alcuni saggi.
Uno degli scopi del lavoro di Buber (qui come in molti altri casi) è quello di rivalutare agli occhi della mistica ebraica, la corrente religiosa degli chassidim, di origine popolare e nata tra gli ebrei polacchi e nella Galizia nel XVIII secolo. Ma in questo testo più che in altri, Buber (forse in parte involontariamente) ricrea una vera epopea, narrata con lo sguardo e le parole di coloro che hanno conosciuto i protagonisti e hanno assistito personalmente a eventi più o meno straordinari e comunque degni di nota. "Fin da giovane - scrive Buber nella Nota all'edizione tedesca - cominciai a riesporre quanto mi sembrava essenziale dell'immenso tesoro di leggende chassidiche." Nella forma, appunto del "sacro aneddoto", cioè la "concatenazione di un avvenimento con una enunciazione". Anche qui si ritrova questa formula tradizionale, unitamente all'esposizione delle due correnti chassidiche dell'epoca: la prima, rappresentata in particolare dal "Veggente di Lublino", più dedita alla magia e ai riti misterici, l'altra, il cui principale esponente era il "Santo Ebreo" di Pzysha, contraria a ogni forma di magia e dedita solo alla ricerca della crescita interiore. Il Gog del paese di Magog del titolo, personaggio descritto da Ezechiele, alle cui guerre doveva seguire l'avvento del Messia, era dai primi identificato (le vicende si svolgono all'epoca delle guerre napoleoniche e della spartizione della Polonia) con la figura di Napoleone, mentre i seguaci del Santo Ebreo non condividevano questa spiegazione. E per sostenere le proprie tesi, entrambe le fazioni sceglievano episodi esemplari che potessero sostenere la propria causa. Buber riporta entrambe le voci, seguendone i fili e riportandone timori e speranze, dubbi e certezze e, soprattutto, le infinite, affascinanti disquisizioni di entrambe le parti.
Giustamente ripubblicato dopo molti anni, il volume ha il copyright della casa editrice Guanda, ma in realtà è un'edizione Neri Pozza.

Gog e Magog di Martin Buber
Titolo originale dell'opera: Gog und Magog

Traduzione di Silvia Heimpel-Colorni
301 pag., Lit. 29.000 - Edizioni Neri Pozza
ISBN 88-7305-704-7


L'autore
Martin Buber (Vienna 1878 - Gerusalemme 1965) è uno dei maggiori rappresentati del pensiero ebraico contemporaneo. I suoi scritti si dividono tra narrativa ed esegesi e in particolare vertono sulla cultura degli chassidim la corrente mistica ebraica di origine popolare nata nel XVIII secolo in Europa Orientale. Tra i libri editi in Italia: Discorsi sull'ebraismo, L'io e il tu, L'eclissi di Dio, La leggenda del Baal-Shem, Racconti chassidici, Le storie di Rabbi Nachman.


Le prime righe
IL VEGGENTE


La collina con il castello, a nord-est della città polacca di Lublino, una volta era circondata da pantani. Nessuno aveva mai pensato di stabilirsi su quel suolo inospitale. Circa quattro secoli fa venne in mente agli ebrei, occupati nel commercio a Lublino e ai quali era proibito abitare in città, di acquistare questi terreni. Intorno alla collina fu prosciugato un tratto dopo l'altro. A lato della Casa di preghiera e di studio si allinearono presto prima le abitazioni dei grandi, poi dei minori e infine quelle dei più piccoli ebrei. Esse si spinsero, si strinsero, si appiccicarono alla collina e infine l'antichissimo castello con torre e chiesa nelle sue solide mura merlate, si erse al di sopra di un fitto garbuglio di vicoli di ebrei, vicoletti di ebrei e botteghe di ebrei.
Se cammini lungo la strada principale di questa città di ebrei, la "Via Larga", giungi a una casa che dall'esterno non si distingue affatto dalle case vicine. Se però, dopo aver attraversato il corridoio stretto e semibuio, entri nel cortile intorno al quale, come tutte le altre, è costruita questa casa, ti trovi di fronte a una costruzione bassa ma spaziosa e ricoperta da un tetto di legno, e ti rendi conto subito, per via della lunga fila di grandi e tetre finestre, che non si tratta di una abitazione ma di un luogo di riunioni. Apri la porta e vedi una sala: le pareti sono macchiate e le travi del soffitto affumicate. Nella parte più grande della costruzione, al primo piano sopra al quale di innalza solo una soffitta, ha abitato, al tempo delle guerre napoleoniche, il Veggente, rabbi Jaqov Jizchaq, e la costruzione era il luogo della sua "clausura", dove, insieme ai suoi, pregava e studiava. Essi non partecipavano né al servizio divino né allo studio nella sinagoga principale: erano chassidim, "devoti" e, come per le altre numerose comunità chassidiche, strettamente raccolti intorno al loro perno, il rabbi. Allontanati dall'ordinamento ufficiale, dal quale essi stessi si mantenevano lontani, da questa distanza si battevano per conquistare le anime delle giovani generazioni.

© 1999, Ugo Guanda Editore

Trasmettere la fede in famiglia


TRACCE  per gli  INCONTRI CON LE FAMIGLIE (Agorà 2009)

Il testo è stato elaborato, a partire dalla bibliografia indicata, come traccia di lavoro per la preparazione delle équipe, ma non deve essere integralmente riportato nell’intervento, che diversamente risulterebbe troppo lungo.

La parola di Dio
come riferimento principale è la 2° lettera a Timoteo (in particolare i versetti 1,5-11) da cui è stato tratto il motto degli incontri, ma anche tutte le altre letture che riprendono le testimonianze di fede:
MI RICORDO DELLA TUA FEDE SCHIETTA
Deut 6,2 ss                  Gs 24,16-18                Est 4,17                      1Gv 1,1-4

Il Magistero della Chiesa
Gaudium et spes 48
Lumen Gentium 11
Familiaris Consortio 15,21,26,28,36,37,38,39,55,59,60,61
Catechesi tradendae

Giovanni Paolo II, Omelia Festa della S.Famiglia, 1988

Benedetto XVI, Trasmettere la fede in famiglia,Valencia, luglio 2006
Benedetto XVI, Lettera alla diocesi di Roma sul compito urgente dell’educazione, 2008
Card. Carlo Maria Martini, Celebriamo la fede in famiglia, Cittadella, 2008

Mons. Giuseppe Chiaretti
Leggere insieme la Bibbia, 1997
Pregare insieme in famiglia, 2005
Trasmettere la fede ai figli, 2007
Virtuosi e non virtuali, 2008
Omelia 19 ottobre 2008, Convegno regionale sulla famiglia

Archidiocesi di Perugia –Città della Pieve
Linee guida di pastorale familiare

Équipe
Introduzione con 2Tim 1,5-11
Argomentazione generale: il Battesimo e le domande primordiali
Significato del termine educare: non trasmettere conoscenze, ma portare un figlio a comprendere la vocazione a cui è chiamato
Insuccessi educativi: hanno come base la mancanza di certezze e di valori
Educazione: compito faticoso ma inderogabile dei genitori, guidati dall’Amore
Genitore cristiano guida i figli alle virtù cristiane
Come e cosa trasmettere? La fede. Spesso delega dei genitori ad altre agenzie educative (scuola, catechisti ecc.)
La fede va trasmessa in famiglia perché non è un contenuto ma un’esperienza. Si dona un modo di vivere
Famiglia chiesa domestica (difficoltà,amore, perdono)
Trasmettere la fede = gettare un seme di eternità
Famiglia cristiana non obbligo ma segno per la società.


Che cosa significa oggi educare? educare ai valori e alle virtù cristiane?che cosa significa trasmettere la fede? E come si fa?
Per il mondo della cultura alla parola “educare” viene attribuito spesso il significato che ha lasciato l’illuminismo; per questa corrente filosofica che ha dominato la cultura negli ultimi due/tre secoli della storia europea e mondiale educare significa trasmettere delle conoscenze, dei contenuti universalmente validi. Ci sono contenuti che lo studente deve imparare, c’è qualcuno, maestro o genitore che conosce e trasmette all’altro le sue conoscenze e per comunicarle in modo efficace deve conoscere il processo evolutivo della persona. Ma l’educazione non si può ridurre alla comunicazione, educare è essenzialmente e-ducere cioè tirare fuori da ogni figlio un capolavoro di natura e di grazia, salvaguardando l’innata dignità e libertà di ognuno. E’ oggi questa l’emergenza primaria e inderogabile, la “emergenza educativa”, confermata dagli insuccessi cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita e alla cui radice troviamo la mancata trasmissione di certezze e di valori, in ultima analisi, una crisi di fiducia della vita. Non parliamo solo di educazione cristiana ma anche di educazione umana, c’è infatti una crescente difficoltà nel trasmettere alle nuove generazioni i valori base dell’esistenza e di un retto comportamento e quel che si dice dei processi educativi dell’umano deve dirsi ancora di più dello spirituale e del religioso.
Educare ai valori e virtù cristiane
L’educazione è certamente una grande fatica ma è anche un grandissimo compito che affonda le radici nella primordiale vocazione dei coniugi a partecipare all’opera creatrice di Dio. Generando nell’amore e per amore una nuova persona i genitori si assumono il compito di aiutarla efficacemente a vivere una vita pienamente umana. Si tratta di un diritto/dovere essenziale connesso alla trasmissione della vita, originale e primario rispetto al compito educativo di altri per l’unicità del rapporto di amore che c’è tra genitori e figli è l’amore quindi che guida e sorregge tutta l’azione educativa e che genera nei figli fiducia e senso di responsabilità, anche nelle esperienze di sofferenza che non vanno eliminate come oggi si tende a fare, perché la sofferenza fa parte della verità della vita. Cercare di tenere al riparo i giovani dalle difficoltà si rischia di far crescere persone fragili e poco generose. Insieme ai frutti dell’amore: dolcezza, costanza,bontà, spirito di sacrificio, disinteresse l’anima dell’educazione è la speranza cristiana, una speranza, che pur essendo insidiata da molte parti, se si affida a Dio diventa speranza per gli altri, Una vera educazione indirizza i figli alla verità e al bene, soprattutto a quella verità che può essere guida nella vita. Così accanto all’educazione ai valori essenziali della vita umana, i genitori sono chiamati a educare i figli alle virtù cardinali cristiane:
-   prudenza [= discernimento; virtù che dispone l'intelletto all'analisi accorta e circostanziata del mondo reale circostante e esorta la ragione a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene, scegliendo i mezzi adeguati per compierlo],
-  fortezza [= coraggio; virtù che, nella difficoltà, assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene],
-  giustizia [la virtù morale che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto] e
-  temperanza [= dominio di sé; virtù che modera l’attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati],
che non sono moralismi antiquati (ne hanno parlato fior di filosofi non cristiani basti pensare a Platone!) ma le strutture portanti dei comportamenti umani; da essi derivano infatti: obbedienza, pazienza, onestà, lealtà, magnanimità, sobrietà, umiltà, perseveranza.
Poiché il rapporto educativo è sempre un incontro tra due libertà, l’educazione ben riuscita è la formazione ad un retto uso della libertà trovando un giusto equilibrio tra libertà e disciplina. Senza regole di comportamento e di vita fatti valere con autorevolezza a partire dalle piccole cose di ogni giorno, non si forma il carattere e non si viene preparati ad affrontare le prove che fanno parte della esistenza umana.
Trasmettere la fede: che cosa trasmettere? come trasmettere oggi perché i figli possano identificare “la Voce” tra tante voci?
Insieme al compito grandissimo di formare persone libere e responsabili i genitori hanno quello di trasmettere la fede. Infatti essi sono per i figli non solo i primi responsabili dell’educazione ma i primi annunciatori della fede in particolare hanno la missione di educarli alla fede cristiana.
Spesso oggi accade che si può trasmettere la fede nelle varie fasi della vita, come un contenuto qualsiasi (come spiego la matematica così spiego il credo religioso). Ma non è proprio così, anche perché la secolarizzazione, la diffusione del relativismo, l’irrigidimento del pensiero laicista, la perdita del tessuto culturale cristiano ha determinato la “delega” dei genitori dell’educazione alla scuola e dell’educazione religiosa ai professionisti, preti o catechisti che hanno la possibilità di spiegare la fede solo un’oretta alla settimana (quando va bene e i bambini/ragazzi/giovani non sono occupati in altre attività!) e perciò sono costretti a ridurre la trasmissione della fede ad un contenuto e basta.
-         Ma la fede è semplicemente un contenuto? Perché è importante che avvenga in famiglia?
La fede è innanzi tutto un’esperienza, un avvenimento che cambia la vita perché è un incontro personale con Colui che più di tutto ama e che si rivela attraverso la persona di Cristo; questo incontro libera, guarisce, salva dalla paura e dal male e recupera ogni uomo alla gioia di vivere.
(possiamo ricordare alcune testimonianze: 2° Tim; Deut 6ss.; Gs 24,16-18; Est 4,17; 1° Gv 1,1-49).
Il Concilio Vaticano II ha definito la famiglia “chiesa domestica” perché è inserita nella Chiesa, e mediante il sacramento del matrimonio nel quale è radicata e dal quale trae alimento ha un compito sacerdotale che esercita in comunione con tutta la chiesa, quello di rendere manifesta la natura comunionale e familiare della Chiesa come famiglia di Dio. Ciascun membro, secondo il proprio ruolo, esercita il sacerdozio battesimale, contribuendo a fare della famiglia una comunità di grazia e di preghiera, una scuola delle virtù umane e cristiane, il luogo del primo annuncio della fede E’ quindi una comunità che si riunisce per lodare Dio e invocare la sua protezione e in cui si prega come in parrocchia.
 Dove una diffusa miscredenza e un invadente secolarismo rendono praticamente impossibile una vera crescita religiosa, la Chiesa Domestica resta l’unico ambiente dove i fanciulli e i giovani possono ricevere un’autentica catechesi. Quindi il luogo privilegiato per questo incontro è la famiglia ancorprima della parrocchia, in cui i genitori cristiani testimoniano che, con l’aiuto di Dio e la grazia del sacramento, il matrimonio è scuola di santità vera, luogo in cui è possibile affrontare le difficoltà alla luce della fede, vivere nell’amore e ricominciare ogni giorno da capo. La loro missione primordiale è quella di dare il vero significato agli avvenimenti, letti con “l’occhio di Dio”, far vedere la sua azione salvifica nella vita concreta di ogni giorno, a partire dalle esperienze vissute, personali e familiari. La fede è grazia e quindi dono di Dio, ma il dono passa abitualmente per la via della testimonianza e della ragione, così come la grazia che consente alla fede di attecchire e di manifestarsi nei comportamenti umani.
Trasmettere la fede non è quindi questione di particolari metodi o di discorsi appropriati, non è neppure un insegnamento morale, è essenzialmente trasmettere un modo di vivere, il modo che i genitori cristiani hanno di porsi dinanzi a Dio. Le difficoltà della vita e soprattutto le esperienze di fratture esprimono, nella fede, la forma più alta di unione: il perdono.
La vita coniugale passa anche attraverso l’esperienza del perdono, poiché cosa sarebbe un amore che non giunge fino al perdono? Questa, che è la più alta forma di unione, impegna tutto l’essere che, per volontà e per amore, accetta di non fermarsi all’offesa e di credere che un futuro è sempre possibile. Il perdono è una forma eminente di dono, che afferma la dignità dell’altro riconoscendolo per ciò che è, al di là di ciò che fa. Chi perdona permette anche a chi è perdonato di scoprire la grandezza infinita del perdono di Dio. Il perdono fa ritrovare la fiducia in se stessi e ripristina la comunione fra le persone, dato che non può esserci vita coniugale e familiare di qualità senza una vera conversione costante e senza la volontà di spogliarsi dei propri egoismi. Contemplando Cristo sulla croce che perdona, il cristiano trova la forza del perdono” (Cf. Giovanni Paolo II discorso “Il valore della famiglia nella società attuale” del 20.9.1996).
La fede è grazia e quindi dono di Dio, ma il dono passa abitualmente per la via della testimonianza e della ragione, così come la grazia che consente alla fede di attecchire e di manifestarsi nei comportamenti umani.
La prima esperienza che i genitori cristiani fanno è che il figlio che hanno messo al mondo non è loro, ha “un’origine divina”, è qualcuno che viene all’esistenza per un dono d’amore di Dio nel loro amore.
Vivere la paternità e maternità significa educare il figlio per quello che è, non per quello che voglio che sia, educare nello scoprire la sua realtà personale profonda, e a vivere bene le sue relazioni personali. Paternità e maternità significa ri-procreare, dare nuovamente e continuamente vita al figlio, non geneticamente e fisicamente, ma in tutta la sua realtà di persona in quanto essere che pensa, agisce, ama.
Poeticamente Kahlil Gibran, autore de Il Profeta, così scrive riguardo ai figli:
E una donna che reggeva un bambino al seno disse:
Parlaci dei Figli.
E lui disse:
I vostri figli non sono figli vostri.
Sono figli e figlie della sete che la vita ha di sé stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,
E benché vivano con voi non vi appartengono.
Potete donare loro amore ma non i vostri pensieri:
Essi hanno i loro pensieri.
Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime:
Esse abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno.
Potete tentare di essere simili a loro, ma non farli simili a voi:
La vita procede e non s'attarda sul passato.
Voi site gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti.
L'Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell'infinito, e vi tende con forza affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.
Affidatevi con gioia alla mano dellì'Arciere;
Poiché come ama il volo della freccia così ama la fermezza dell'arco.

Il primo annuncio della fede ai figli passa attraverso l’amore con cui sono stati chiamati alla vita e accolti: come la lingua della comunicazione verbale si conosce e si fa conoscere con il parlare, così Dio che è amore sommo si fa conoscere attraverso l’amore umano. L’affetto con cui i genitori accolgono i figli e come li accompagnano è un segno del prolungamento sacramentale dell’amore di Dio, l’esperienza di essere accolti e amati da Dio e dai genitori è il fondamento solido che favorisce la crescita e lo sviluppo autentico dell’uomo e che aiuta a maturare nel cammino della verità e dell’amore, ad uscire da sé per entrare in comunione con gli altri e con Dio.
In questo evento di amore che genera alla vita c’è una vocazione di eternità i genitori cristiani quando amano il figlio desiderano trasmettere un destino, un orizzonte di vita eterna. Amano con tenerezza con tutti i sentimenti umani ma trasfigurati dallo Spirito santo perché è un amore di genitori cristiani e sono coscienti che la cosa più bella più importante e desiderare per lui che si apra a questo dono gratuito dell’amore di Dio che essi stessi hanno conosciuto e sperimentato. Trasmettere la fede è dunque trasmettere il destino eterno, gettare il seme di eternità nel cuore dei figli e permettere nel contempo che il figlio lo accolga in una forma personale, con serena tranquillità e libertà. La fede non è un rischio, un “buttarsi nel vuoto” la fede si accoglie come un figlio accoglie l’amore dei genitori; si può accogliere perché ha vissuto prima l’amore, è stato amato per primo e per questo la fede è sempre una risposta all’amore.
Si cresce nella fede come si cresce nella vita. I genitori sono chiamati ad accompagnare i figli a maturare questo dono, a far crescere questo amore verso la perfezione, verso la santità. A volte abbiamo un’idea strana della santità che si identifica nel pregare tutto il giorno, dire il rosario, fare tante cose per gli altri… la santità è la perfezione dell’amore, cioè un amore maturo che costruisce un’unità nella persona. I genitori sono chiamati ad aiutare i figli a crescere nella carità di Cristo, al dono di sé che non è opera degli sforzi umani bensì azione dello spirito santo. La difficoltà che si incontra oggi sia nelle famiglie sia nei giovani è l’esistenza di un diffuso individualismo che porta ad una grande solitudine, profonda e interiore. Solo in un ambiente di amicizia la carità può crescere. Nella chiesa, nostra madre e nostra speranza, esistono tante realtà in cui sia i ragazzi sia le famiglie possono fare un incontro vero, profondo dell’amore di Dio e possono maturare nella loro esperienza di fede.
Trasmettere la fede è anche aiutare i figli a trovare nella Chiesa, nella parrocchia, nella comunità l’àncora (spes ancora tuta et firma) cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà nella crescita in cui figli hanno bisogno di maturare la loro fede, di fare propria l’esperienza di Dio .
Trasmettere la fede: come?
Al Card. Carlo Maria Martini, che viveva fino a poco tempo fa in Terra Santa, è stato chiesto di spiegare come fanno gli ebrei a trasmettere la fede ai figli. Il cardinale, richiamandosi alla lettera di Paolo a Timoteo, il quale aveva ricevuto la fede, quasi fosse un gioiello di famiglia, anzi il gioiello più prezioso, dalla mamma Eunice e dalla nonna Loide (2Tim 1,5), ha risposto semplicemente così: “In Israele per trasmettere la fede non ci sono catechismi e catechisti, e nemmeno ore di religione. La fede viene trasmessa in famiglia, non attraverso definizioni astratte, ma attraverso la celebrazione delle varie feste. Le feste sono il grande luogo di insegnamento della fede per il bambino ebraico”. E indugia a descrivere il rito e il senso delle grandi feste religiose e civili del calendario ebraico: da Rosh-haschanah (il capodanno) a Sukkot (i tabernacoli), allo Yom-kippur (l’espiazione), a Chanukkah (la rinnovazione del Tempio), a Purim (le sorti), a Pesach (la pasqua di liberazione), a Sinchat-Torah (la gioia per il dono della legge, Pentecoste). “Ognuna di queste feste, dice il cardinale, è vissuta in famiglia con speciale intensità. Ognuna ha le sue preghiere proprie, che la mamma fa recitare a tutta la famiglia, a tutti i bambini. Per ognuna ci sono giochi, canti e colori propri. I bambini imparano così, celebrando nella vita, udendo raccontare la storia del popolo e di questo Dio misericordioso, vicino, fedele, presente attraverso l’esperienza quotidiana”. Conclude il cardinale: “Dobbiamo ritornare a scommettere sulla trasmissione della fede in famiglia… I genitori facciano pregare i figli e celebrino con loro le feste liturgiche nel tempo e nel modo dovuti: abbiamo come cattolici moltissime splendide occasioni”. “Nei momenti delle feste liturgiche accade che l’ordinarietà della vita familiare si accende, si ravviva nell’incontro con la Grazia che si dona ad ognuno, piccoli e grandi, dentro ad ogni casa”.
Ovviamente questa sollecitazione non vuol essere condanna di tutto lo sforzo conciliare della Chiesa italiana per elaborare un itinerario catechistico su misura delle diverse età e stagioni della vita, ma è la sottolineatura dell’indifferibilità della testimonianza viva dei genitori.
La famiglia cristiana trasmette la fede quando i genitori insegnano ai loro figli a pregare e pregano con essi, quando li avvicinano ai sacramenti e li introducono nella vita della chiesa quando tutti si riuniscono per ascoltare la Parola, illuminando la vita familiare con la luce della fede e rivolgendosi a Dio come padre.
E’ anche importante coinvolgere da piccoli i figli nella vita di fede dei genitori perché questa modalità di vita possa diventare, gradualmente, un’esigenza che si esprime sia con la partecipazione all’Eucaristia Domenicale in chiesa, insieme alle altre famiglie, sia con le diverse forme di preghiera personale e familiare: la preghiera del mattino e della sera, il ringraziamento ai pasti, la benedizione prima di uscire da casa e prima di andare a letto, il rosario, o altre forme di preghiera insieme.
Grande importanza ha la mensa della famiglia, dove essa mangia unita, benedicendo il Signore per tutti i suoi doni. Attorno ad essa si comincia a svolgere in molte famiglie una liturgia domestica nel giorno di Domenica che, più di ogni altra forma di preghiera, esprime il senso della famiglia come “piccola chiesa”. I genitori pregano i salmi delle Lodi con i figli, leggono le Sacre Scritture e dialogano con loro, attualizzando la Parola nella propria storia concreta e vissuta. Il colloquio tra genitori e figli favorisce un’apertura all’ascolto reciproco e un “ritrovarsi” tra le generazioni, che spesso è impossibile con i ritmi frenetici della vita di oggi.
Il Vangelo di ogni Domenica, commentato dal padre e dalla madre a partire dalla propria esperienza, si rivela come la parola più adatta per far luce sugli avvenimenti di gioia o di dolore che in quella settimana la famiglia si è trovata a vivere. In questo modo si ritrova l’unità: tra i coniugi, perché la preghiera comune spesso li aiuta a superare le difficoltà che attentano alla loro comunione; tra i figli, che sperimentano la forza unificante della Parola di Dio; tra genitori e figli. È un momento privilegiato in cui, alla luce della Parola di Dio, tutti i componenti della famiglia si rapportano in un clima di verità e amore, superando screzi e incomprensioni mediante la riconciliazione e il perdono reciproco. L’esperienza ha dimostrato che, guidando i figli nella celebrazione delle Lodi, sia il padre che la madre riscoprono la loro missione di primi educatori e testimoni della fede, in una società che tende a sottrarre ai genitori i loro compiti educativi per affidarli ad altre strutture o per lasciarli in balia dell’influenza dei mass-media. Ciò vale in particolar modo per il padre, che vede oggi da più parti minato il suo ruolo; il compito di presiedere la celebrazione domestica e di attualizzare la parola è per lui un grandissimo aiuto per acquisire la coscienza della sua missione. Questo tipo di “liturgia domestica”, della quale il papà è “sacerdote”, è anche il modo migliore per realizzare la formazione cristiana dei più piccoli, in quanto un’attenzione speciale è riservata ai segni che invitano ad una celebrazione festosa e che introducono i figli ad una presentazione semplice e vera della fede cristiana (la famiglia unita, l’icona, i fiori, il canto, il possibile uso di strumenti musicali...).
In modo concreto si dà molta importanza al clima di festa proprio della Domenica, memoriale che Dio ci ha lasciato della vittoria di Cristo sulla morte e sul peccato. È un clima che prosegue per il resto della giornata, a partire dal pasto consumato insieme agli ospiti della casa (nonni, parenti, amici, conoscenti di passaggio...) e che, nella scelta dei cibi e nella disposizione della tavola, sottolinea il carattere straordinario dell’ottavo giorno, il giorno della risurrezione di Gesù.
Pur nella fragilità e nella precarietà della singola famiglia, l’esperienza delle Lodi domenicali è per i figli un segno molto importante per crescere nella fede. Anche quando entrino in crisi o abbiano momenti di ribellione o di distacco nei confronti dei genitori, la preghiera nella propria famiglia, dove hanno visto i genitori amare e pregare Dio con vera convinzione, sarà e rimarrà un prezioso memoriale dell’amore di Dio.
Tutto ciò si può dire anche per i primi germi di vocazione. Il giovane Samuele alla voce misteriosa che parlava al cuore, rispondeva senza indugi: “Eccomi!” Dio chiama non solo alla vita, ma anche a un ruolo nella vita. E ben lo sapevano le mamme, che deponevano il loro bimbo appena battezzato e fatto cristiano sull’altare, quasi a dire: “È tuo figlio, Signore, non solo mio. Proteggilo, abbine cura, e se lo scegli per il tuo servizio, sarò lieta di dirti come Maria il mio ”.
Anche questo gesto così semplice e quasi ingenuo, faceva parte delle tradizioni cristiane e dell’educazione dei figli. Così come altri gesti: l’immagine sacra in casa dinanzi alla quale i bimbi portavano fiori, la “benedizione” ai figli prima di uscire di casa al mattino o prima di andare a dormire alla sera, gli altarini di maggio con i “fioretti”, i servizi in chiesa come chierichetti, il rosario in casa, il presepio a Natale e così via. La vita era impregnata di gesti semplici di fede, fino a ritrovarsi magari tutti insieme come famiglia attorno al nonno morente per ricevere la sua benedizione; e i piccoli imparavano a non provare eccessivo turbamento dall’incontro con la morte. Questi e tanti altri stimoli educativi e religiosi oggi non ci sono quasi più. Qualcuno è recuperabile, altri dovranno essere reinterpretati o inventati di nuovo. Così come va riscoperto dalle famiglie il grande onore d’avere un figlio prete!
La famiglia cristiana è chiamata ad incarnare la parola non come qualcosa di esterno ma come un dono della grazia del sacramento del matrimonio infusa negli sposi.
Non si possono educare i figli ai valori e alle virtù cristiane e trasmettere loro la fede se per primi i genitori non fanno esperienza diretta, vissuta e perseverante dell’incontro con l’amore di Dio manifestato in Cristo risorto nella Chiesa per opera dello Spirito Santo.
Si pone quindi a tutta la chiesa un profondo impegno per promuovere una “nuova evangelizzazione della famiglia; non una rievangelizzazione ma un’evangelizzazione nuova”, nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nella sua espressione” (Giovanni Paolo II, Discorso all’assemblea del CELAM, 1983), perché la famiglia possa riscoprire la sua identità (chiesa domestica, intima comunità di vita e di amore, in cui si educano i figli ai valori umani e alle virtù cristiane e in cui si trasmette la fede e la sua missione (custodire, rivelare e comunicare l’amore di Dio per l’umanità e l’amore di Gesù Cristo per la chiesa) . Le famiglie cristiane non possono chiudersi in se stesse, mentre edificano nella carità la chiesa, si pongono al servizio dell’uomo e della società, attuando una autentica ”promozione umana”. La responsabilità delle famiglie cristiane, in questo momento di profondo cambiamento culturale, pertanto, si caratterizza per la sua capacità di costruire coraggiosamente un nuovo modello di vita, nonostante le ostilità culturali e le pressioni psicologiche che incontra nella società civile. Si deve evitare la tentazione di un atteggiamento ”minimalista”, al contrario, visto il temibile vuoto di senso che fa soffrire terribilmente e morire interiormente tante persone, ”c’è bisogno di un soprassalto di coscienza, e di coraggio per riproporre i valori della famiglia cristiana senza alcun timore “opportune et importune” (2 Tm 4,2) [i], con la fede nella potenza di Dio che ispira progetti impossibili all’uomo (At. 4, 26-30). Per questo l’esortazione di Giovanni Paolo II ”Famiglia diventa ciò che sei” è l’impegno che le famiglie cristiane sono chiamate ad assumere in questo frangente storico perché il mondo attende la loro testimonianza, affinché il mistero della famiglia, fondata su un amore fedele radicato nella fede, possa essere contemplato con meraviglia e stupore e possa aprire alla speranza le nuove generazioni.

il Matrimonio Cristiano


Catechesi post-Shemà

Preghiera di Don G.
Invocazione allo Spirito

Vangelo Mt 19, 1-12

VI. L’AVVENTO PROSSIMO DEL REGNO DEI CIELI

1. SEZIONE NARRATIVA

Questione sul divorzio

       1 Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano. 2 E lo seguì molta folla e colà egli guarì i malati.
       3 Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: “È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo? ”. 4 Ed egli rispose: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: 5 Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola ? 6 Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. 7 Gli obiettarono: “Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via? ”. 8 Rispose loro Gesù: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. 9 Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio”.

La continenza volontaria

       10 Gli dissero i discepoli: “Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi”. 11 Egli rispose loro: “Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. 12 Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca”.


Catechesi “”Matrimonio”: A.


Mt 21, 13

Ingresso messianico a Gerusalemme

       1 Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli 2 dicendo loro: “Andate nel villaggio che vi sta di fronte: subito troverete un’asina legata e con essa un puledro.
[…]
9 La folla che andava innanzi e quella che veniva dietro, gridava:

       Osanna al figlio di Davide!
        Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
        Osanna nel più alto dei cieli!

       10 Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: “Chi è costui? ”. 11 E la folla rispondeva: “Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea”.

I venditori cacciati dal tempio

       12 Gesù entrò poi nel tempio e scacciò tutti quelli che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe 13 e disse loro: “La Scrittura dice:

       La mia casa sarà chiamata casa di preghiera
       ma voi ne fate una spelonca di ladri”.


Gv 2, 17

B. La prima Pasqua
La purificazione del tempio

       13 Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. 15 Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, 16 e ai venditori di colombe disse: “Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato”. 17 I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora. 18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose? ”. 19 Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. 20 Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere? ”. 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.


1Cor 3, 16

16 Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? 17 Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.


Mal 2, 13-16

Matrimoni misti e divorzi

       10 Non abbiamo forse tutti noi un solo Padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l’uno contro l’altro profanando l’alleanza dei nostri padri? 11 Giuda è stato sleale e l’abominio è stato commesso in Israele e in Gerusalemme. Giuda infatti ha osato profanare il santuario caro al Signore e ha sposato le figlie d’un dio straniero! 12 Elimini il Signore chi ha agito così dalle tende di Giacobbe, il testimone e il mallevadore, e colui che offre l’offerta al Signore degli eserciti.
       13 Un’altra cosa fate ancora; voi coprite di lacrime, di pianti e di sospiri l’altare del Signore, perché egli non guarda all’offerta, né la gradisce con benevolenza dalle vostre mani. 14 E chiedete: Perché? Perché il Signore è testimone fra te e la donna della tua giovinezza, che ora perfidamente tradisci, mentr’essa è la tua consorte, la donna legata a te da un patto.
       15 Non fece egli un essere solo dotato di carne e soffio vitale? Che cosa cerca quest’unico essere, se non prole da parte di Dio? Custodite dunque il vostro soffio vitale e nessuno tradisca la donna della sua giovinezza. 16 Perché io detesto il ripudio, dice il Signore Dio d’Israele, e chi copre d’iniquità la propria veste, dice il Signore degli eserciti. Custodite la vostra vita dunque e non vogliate agire con perfidia.

Ez 16

Storia simbolica di Israele

       1 Mi fu rivolta questa parola del Signore: … 6 Passai vicino a te e ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue 7 e cresci come l’erba del campo. … Crescesti …           8 Passai vicino a te e ti vidi; ecco, la tua età era l’età dell’amore; io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità; giurai alleanza con te, dice il Signore Dio, e divenisti mia. 9 Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio; 10 ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di seta; 11 ti adornai di gioielli: ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo: 12 misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. 13 Così fosti adorna d’oro e d’argento; le tue vesti eran di bisso, di seta e ricami; fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo; diventasti sempre più bella e giungesti fino ad esser regina. 14 La tua fama si diffuse fra le genti per la tua bellezza, che era perfetta, per la gloria che io avevo posta in te, parola del Signore Dio.
       15 Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita concedendo i tuoi favori ad ogni passante. 16 Prendesti i tuoi abiti per adornare a vari colori le alture su cui ti prostituivi. 17 Con i tuoi splendidi gioielli d’oro e d’argento, che io ti avevo dati, facesti immagini umane e te ne servisti per peccare; 18 poi tu le adornasti con le tue vesti ricamate e davanti a quelle immagini presentasti il mio olio e i miei profumi. 19 Il pane che io ti avevo dato, il fior di farina, l’olio e il miele di cui ti nutrivo ponesti davanti ad esse come offerta di soave odore. Oracolo del Signore Dio.


Cantico dei Cantici

L’amore di Dio per Israele = l’amore dell’uomo per la donna


Ef 5, 31

Morale domestica

       21 Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo.
       22 Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; 23 il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. 24 E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
       25 E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, 26 per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, 27 al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. 28 Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. 29 Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, 30 poiché siamo membra del suo corpo. 31 Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. 32 Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! 33 Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.

1Cor 6, 15-16

4. LA FORNICAZIONE

       12 “Tutto mi è lecito! ”. Ma non tutto giova. “Tutto mi è lecito! ”. Ma io non mi lascerò dominare da nulla. 13 “I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi! ”. Ma Dio distruggerà questo e quelli; il corpo poi non è per l’impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. 14 Dio poi, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.
       15 Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! 16 O non sapete voi che chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo? I due saranno, è detto, un corpo solo. 17 Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. 18 Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dá alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo. 19 O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? 20 Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!

Libro della storia di Tobia

La preghiera di Tobia

       1 Quando ebbero finito di mangiare e di bere, decisero di andare a dormire. Accompagnarono il giovane e lo introdussero nella camera da letto. 2 Tobia allora si ricordò delle parole di Raffaele: prese dal suo sacco il fegato e il cuore del pesce e li pose sulla brace dell’incenso. 3 L’odore del pesce respinse il demonio, che fuggì nelle regioni dell’alto Egitto. Raffaele vi si recò all’istante e in quel luogo lo incatenò e lo mise in ceppi. 4 Gli altri intanto erano usciti e avevano chiuso la porta della camera. Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: “Sorella, alzati! Preghiamo e domandiamo al Signore che ci dia grazia e salvezza”. 5 Essa si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: “Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli! 6 Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa buona che l’uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui. 7 Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine d’intenzione. Dègnati di aver misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia”. 8 E dissero insieme: “Amen, amen! ”. 9 Poi dormirono per tutta la notte.

Concetti fondamentali e traccia per la catechesi

o       Il Santuario di Dio   Mt 21,13           Gv 2,17                        1Cor 3,16         Gv 14,23
    • Il parallelo con il nostro cuore
    • Date a Cesare quello che è di Cesare, quindi: qual è l’immagine che è impressa in te?
o       “Così che non sono più due, ma una carne sola” o no?       Mt 19, 3-9         Mal 2,13-16       Ef 5,31          1Cor 6,15s
o       il Cantico dei Cantici           Os 2, 4-25        Ez 16
o       Alle nozze di Cana gli manca il vino!           Gv 2, 3ss
o       Il Libro di Tobia: la conformità dell’atto sessuale
o       L’atto sessuale è il fondamento del matrimonio cristiano
    • Tre altari ha la famiglia cristiana: Eu.Me.Ta (curioso nome di un bruco giapponese che diventa una meravigliosa farfalla). Eucaristia, Mensa, Talamo, ma tutto si basa sull’amore di Cristo per la sua Chiesa
    • La dignità nel celebrare i sacramenti sui tre distinti altari
o       La civiltà è anticristiana e distrugge la famiglia:
    • ha cominciando il suo attacco dalla donna ed oggi è già arrivato all’uomo
    • Ricostruire la famiglia è ricostruire la società
    • Cristo + Chiesa = Uomo + Donna         Ef 5, 22-33
    • L’atto sessuale e la compartecipazione alla Creazione divina
    • La pornografia e la falsa libertà sessuale: trasgressione ad ogni costo
    • Gli sposi cristiani ricevono da Dio lo Spirito Santo e una grazia sacramentale per vivere bene (godere) il loro matrimonio vivendo una sessualità santa
    • Se nel matrimonio cristiano non ci fosse l’atto sessuale… ma chi ci resterebbe oltre un paio di mesi?
  • La donazione di sé stessi: quanta? Tanto, poco o tutto?
  • Controllo delle nascite, contraccezione, aborto, metodi naturali… insomma: la volontà di Dio o la tua?  CCC2368,-69,-70
  • Il midrash di Miriam, sorella di Mosè
  • La Sacra Famiglia di Nazareth = immagine rivelata del matrimonio


Concetti secondari

o       La mitosi cellulare: per la costruzione del nuovo DNA si ha dapprima la separazione (meiosi=riduzione) della cellula (ma è più corretto parlare del cromosoma) in due unità (gameti) spermatozoo e uovo; quando i due gameti s’incontrano avviene l’incrocio dei due patrimoni genetici (crossin-over) generando l’embrione; poi si ha la moltiplicazione (mitosi=riproduzione) della cellula madre (prima cellula diploide) in due cellule figlie e così via fino alla completa maturazione;
o       La vita umana: per la nascita di una nuova vita il padre e la madre lasciano la loro rispettiva famiglia, compiono un vero e proprio salto nel buio (anche se all’anagrafe è chiamato “matrimonio”) e in grazia dell’atto sessuale concepiscono, gestano, fanno nascere, crescono, educano ed infine liberano nuove vite.
o       La mitosi dei talenti Mt 25,14-30: 5 diventano 10, 2 diventano 4 e 1…?        Sfuggire al “consumo” di questo mondo, per moltiplicarsi per Dio

Canto: Ave Maria (P063b)

Catechesi “Magistero”: K.

Catechesi “Trasmissione della Fede”: D.

Preghiere + PaterNoster

Canto: Portami in cielo (P280): offrire tutto a sé stessi o essere liberi di amare, come Cristo?