sabato 30 novembre 2013

Via Lucis


SUI PASSI DEL RISORTO
La vita cristiana è profondamente segnata dal mistero pasquale: Cristo è morto per i nostri peccati e per la nostra salvezza è uscito vittorioso dal sepolcro. La sua risurrezione imprime alla vita di ogni cristiano un esaltante ritmo di gioia.
La «Via Lucis» ci fa toccare questa gioia attraverso gli incontri che il Risorto ha fatto con i discepoli e con altre persone. Una gioia che appariva dovunque e si diffondeva con straordinaria rapidità.
Lo Spirito Santo riempia anche il nostro cuore di grande letizia, mentre ci rallegriamo con i diversi personaggi che hanno avuto la gioia di vedere il Signore.


Sacerdote: Nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo.
Tutti: Amen.

Sacerdote: Signore della vita!
Tutti: Illumina il nostro cammino.

Sacerdote: Disponiamo il nostro cuore a sentire la gioia che cresce, a mano a mano che cresce in noi la certezza che Gesù è risorto e vivo nella sua Chiesa.

CANTO: Alleluia! Cristo è risorto: alleluia, alleluia!
Fratelli, camminiamo su una via di luce.
Il Vivente avanza!
Gli occhi son pieni di vita, è lui la festa!
Alleluia! Cristo è risorto: alleluia, alleluia!


I. GESÙ RISORGE DALLA MORTE

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Gesù risorge da morte.
Lettore: Dal Vangelo di Matteo.

CANTO: Ascoltiamo la Parola del Signore
nel mistero della sua presenza. Ascoltiamo!

Lettore: Il giorno dopo, all’inizio del primo giorno della settimana, Maria Maddalena e l’altra Maria andarono ancora a vedere la tomba di Gesù. Improvvisamente vi fu un terremoto; un angelo del Signore scese dal cielo, fece rotolare la grossa pietra e si sedette sopra. Aveva un aspetto splendente come un lampo e una veste candida come la neve. Le guardie ebbero tanta paura di lui che cominciarono a tremare e rimasero come morte. L’angelo parlò e disse alle donne: «Non abbiate paura, voi. So che cercate Gesù, quello che hanno crocifisso. Non è qui, perché è risuscitato, proprio come aveva detto. Venite a vedere dov’era il suo corpo. Ora andate, presto! Andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti e vi aspetta in Galilea. Là lo vedrete. Ecco, io vi ho avvisato»
(Mt 28,1-7).

Animatore: Le guardie avevano ragione di avere paura. Qualche volta anche i discepoli ebbero paura di vedere un fantasma. Noi non abbiamo nessuna ragione di avere paura. Noi sappiamo che Cristo è risorto e vivo in mezzo a noi. Noi sappiamo che la sua vita di risorto è la fonte della nostra speranza. Per questo viviamo nella gioia.

S Signore Gesù Cristo, vincitore del peccato e della morte, ascolta la nostra preghiera. Come hai reso forte la fede dei discepoli con la tua presenza di Risorto, concedi anche a noi la forza di vincere le seduzioni del peccato. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
T Amen.

Canto:


II. I DISCEPOLI TROVANO IL SEPOLCRO VUOTO

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S I discepoli trovano il sepolcro vuoto.
L Dal Vangelo di Giovanni.

CANTO: O Signore, dona forza di pensieri
nell’ascolto della tua parola. O Signore!

L Pietro e l’altro discepolo uscirono e andarono verso la tomba. Andavano tutti e due di corsa, ma l’altro discepolo corse più in fretta di Pietro e arrivò alla tomba per primo. Si chinò a guardare le bende che erano in terra, ma non entrò. Pietro lo seguiva. Arrivò anche lui ed entrò nella tomba: guardò le bende in terra e il lenzuolo che prima copriva la testa. Questo non era in terra con le bende, ma stava da una parte, piegato. Poi entrò anche l’altro discepolo che era arrivato per primo alla tomba, vide e credette  (Gv 20,1-10).

A Un sepolcro non poteva trattenere un corpo come quello di Gesù, destinato alla risurrezione. Il Figlio di Dio, dopo la tremenda prova, doveva esplodere in una gloria senza confini. Le bende non servono più: sono lì a testimoniare un’ora di tormenti, che cede il posto all’ora del più grande trionfo.

S Signore nostro Gesù Cristo, che hai affidato alla tua Chiesa il compito di annunciare al mondo la tua gloriosa risurrezione, noi ti preghiamo: concedi a noi tuoi fedeli di vivere una vita da risorti per raggiungerti un giorno nello splendore eterno del cielo. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
T Amen.

CANTO:


III. GESÙ SI MANIFESTA ALLA MADDALENA

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Gesù si manifesta alla Maddalena.
L Dal Vangelo di Giovanni.

CANTO: Ascoltiamo la Parola del Signore
nel mistero della sua presenza. Ascoltiamo!

L Mentre Maria parlava, si voltò e vide Gesù in piedi, ma non sapeva che era lui. Gesù le disse: «Perché piangi? Chi cerchi?». Maria pensò che era il giardiniere e gli disse: «Signore, se l’hai portato via, dimmi dove l’hai messo e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Lei subito si voltò e gli disse «Rabbunì!» (che in ebraico vuol dire: Maestro!). Gesù le disse: «Lasciami, perché io non sono ancora tornato al Padre. Va’ e di’ ai miei fratelli che io torno al Padre mio e vostro, al Dio mio e vostro». Allora Maria di Magdala andò dai discepoli e disse: «Ho visto il Signore!». Poi riferì tutto quello che Gesù le aveva detto (Gv 20,11-18).

A Durante i 40 giorni dalla sua risurrezione, Gesù ricorreva spesso all’accorgimento di nascondere la propria identità, per rivelarla poi al momento opportuno. Così capita anche nella vita: certi momenti è così difficile avvertire la presenza del Signore.

S Ti supplichiamo, Signore Gesù: concedi a noi tuoi fedeli di ricercarti con fede ogni giorno di vita e di rivedere sempre accanto a noi la dolcezza del tuo volto. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
T Amen

Canto:

IV. GESÙ IN CAMMINO CON I DISCEPOLI DI EMMAUS

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Gesù in cammino con i discepoli di Emmaus.
L Dal Vangelo di Luca.

CANTO: O Signore, dona forza di pensieri
nell’ascolto della tua parola. O Signore!


L Due discepoli stavano andando verso Emmaus, un villaggio lontano circa undici chilometri da Gerusalemme. Lungo la via parlavano tra loro di quello che era accaduto in Gerusalemme in quei giorni. Mentre parlavano e discutevano, Gesù si avvicinò e si mise a camminare con loro. Essi però non lo riconobbero, perché i loro occhi erano come accecati. Gesù domandò loro: «Di che cosa state discutendo tra voi mentre camminate?». Essi allora si fermarono, tristi. Uno di loro, un certo Cleopa, disse a Gesù: «Sei tu l’unico a Gerusalemme a non sapere quello che è successo in questi ultimi giorni?». Gesù domandò: «Che cosa è successo?». Quelli risposero: «Il caso di Gesù, il Nazareno!
Era un profeta potente davanti a Dio e agli uomini... Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele. Ma siamo già al terzo giorno da quando sono accaduti questi fatti. Una cosa però ci ha sconvolto: alcune donne del nostro gruppo sono andate di buon mattino al sepolcro di Gesù ma non hanno trovato il suo corpo. Allora sono tornate indietro e ci hanno detto di aver avuto una visione: alcuni angeli le hanno assicurate che Gesù è vivo. Poi sono andati al sepolcro altri del nostro gruppo e hanno trovato tutto come avevano detto le donne, ma lui, Gesù, non l’hanno visto».
Allora Gesù disse: «Voi capite poco davvero; come siete lenti a credere quello che i profeti hanno scritto! Il Messia non doveva forse soffrire queste cose prima di entrare nella sua gloria?». Quindi Gesù spiegò ai due discepoli i passi della Bibbia che lo riguardavano. Cominciò dai libri di Mosè fino agli scritti di tutti i profeti (Lc 24,13-29).

A  Ad ogni angolo di strada, noi possiamo incontrare il Signore e camminare con lui per i giusti sentieri. Possiamo invece ignorare la sua presenza e percorrere le strade delle nostre false sicurezze. È molto importante scegliere bene.

S  Signore nostro Gesù Cristo, che nella Chiesa sei faro di luce e di salvezza: guida i nostri passi sulla via della giustizia, perché possiamo giungere accanto a te nel tuo regno di luce infinita. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
T Amen.

Canto:


V. GESÙ SI MANIFESTA NELLO SPEZZARE IL PANE

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Gesù si manifesta nello spezzare il pane.
L Dal Vangelo di Luca.

CANTO: Ascoltiamo la Parola del Signore,
nel mistero della sua presenza. Ascoltiamo!

L Arrivarono al villaggio dove erano diretti, e Gesù fece finta di voler continuare il viaggio. Ma quei due discepoli lo trattennero dicendo: «Resta con noi, perché il sole ormai tramonta». Perciò Gesù entrò nel villaggio per rimanere con loro. Poi si mise a tavola con loro, prese il pane, pronunziò la preghiera di benedizione, lo spezzò e cominciò a distribuirlo. In quel momento gli occhi dei due discepoli si aprirono e riconobbero Gesù, ma lui sparì dalla loro vista. Si dissero l’un l’altro: «Noi sentivamo come un fuoco nel cuore, quando egli lungo la via ci parlava e ci spiegava la Bibbia!». Quindi si alzarono e ritornarono subito a Gerusalemme. Là, trovarono gli undici discepoli riuniti con i loro compagni. Questi dicevano: «Il Signore è risuscitato veramente ed è apparso a Simone!». A loro volta i due discepoli raccontarono quello che era loro accaduto lungo il cammino, e dicevano che lo avevano riconosciuto mentre spezzava il pane (Lc 24,29-35).

A La domenica, i fratelli si danno appuntamento e si ritrovano insieme a «spezzare il pane». Pane di vita, che Gesù ha promesso di dare a tutti i credenti. Dovremmo attenderlo con ansia ogni settimana e considerarlo come un vero appuntamento di Gesù con i suoi amici.

S  Signore nostro Gesù Cristo, solamente in te è la sorgente della vita. Concedi a noi un grande amore per il tuo Pane eucaristico e rendici degni di nutrirci sempre del tuo grande Dono. Tu che vivi e regni nei secoli dei
secoli.
T Amen.

CANTO:

VI. GESÙ SI MOSTRA VIVO AI DISCEPOLI

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Gesù si mostra vivo ai discepoli.
L Dal Vangelo di Luca.

CANTO: O Signore, dona forza di pensieri
nell’ascolto della tua parola. O Signore!

L Gli undici apostoli e i loro compagni stavano parlando di queste cose. Gesù apparve in mezzo a loro e disse: «La pace sia con voi!». Sconvolti e pieni di paura, essi pensavano di vedere un fantasma. Ma Gesù disse loro: «Perché avete tanti dubbi dentro di voi? Guardate le mie mani e i miei piedi! Sono proprio io! Toccatemi e verificate: un fantasma non ha carne e ossa come me». Essi però, pieni di stupore e di gioia, non riuscivano a crederci: era troppo grande la loro gioia! Allora Gesù disse: «Avete qualcosa da mangiare?». Essi gli diedero un po’ di pesce arrostito.
Gesù lo prese e lo mangiò davanti a tutti. Poi disse loro: «Era questo il senso dei discorsi che vi facevo quando ero ancora con voi! Vi dissi chiaramente che doveva accadere tutto quello che di me era stato scritto nella legge di Mosè, negli scritti dei profeti e nei salmi!». Allora Gesù li aiutò a capire le profezie della Bibbia. Poi aggiunse: «Così sta scritto: il Messia doveva morire, ma il terzo giorno doveva risuscitare dai morti. Per suo incarico ora deve essere portato a tutti i popoli l’invito a cambiare vita e a ricevere il perdono dei peccati. Voi sarete testimoni di tutto ciò, cominciando da Gerusalemme. Perciò io manderò su di voi lo Spirito Santo, che Dio, mio Padre, ha promesso. Voi però restate nella città di Gerusalemme fino a quando Dio non vi riempirà con la sua forza»
(Lc 24,36-49).

A Signore! I tuoi sacerdoti, formati alla scuola della tua Chiesa, sanno parlare il tuo stesso linguaggio. A noi ricordano le parole dei profeti, la storia di una promessa fatta dal Padre di mandare il Salvatore. Ci parlano delle prove che tu, Gesù, hai dato della tua missione e del rifiuto degli uomini.

S  Signore Dio nostro Padre, che assicuri i sacerdoti alla tua Chiesa: riempili del tuo santo Spirito, perché sappiano parlare il linguaggio dell’amore, annunciare la tua salvezza ed essere veri ministri del perdono. Per Cristo, nostro Signore.
T Amen.

CANTO:


VII. GESÙ DÀ IL POTERE DI RIMETTERE I PECCATI

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Gesù dà il potere di rimettere i peccati.
L Dal Vangelo di Giovanni.

CANTO: Ascoltiamo la Parola del Signore
nel mistero della sua presenza. Ascoltiamo!

L La sera di quello stesso giorno, il primo della settimana, i discepoli se ne stavano con le porte chiuse per paura dei capi ebrei. Gesù venne, si fermò in piedi in mezzo a loro e li salutò dicendo: «La pace sia con voi». Poi mostrò ai discepoli le mani e il fianco, ed essi si rallegrarono al vedere il Signore. Gesù disse di nuovo: «La pace sia con voi. Come il Padre ha mandato me, così io mando voi». Poi soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi non li perdonerete non saranno perdonati» (Gv 20,19-23).

A Solo dopo la Risurrezione Gesù ha trasmesso agli apostoli il potere di perdonare i peccati. È chiaro il riferimento alla sua morte redentrice. La croce è il prezzo del peccato; la croce è la morte che ci ha portato la vita. Per poco che riflettiamo sopra l’amore di Dio e la realtà della nostra condizione di peccatori, il cuore ci si riempie di profonda riconoscenza.

S Signore Gesù, nostro Salvatore, ispiraci una fiducia illimitata nella tua misericordia, insieme a un profondo desiderio di combattere il peccato in tutte le sue forme. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
T Amen.

CANTO:


VIII. GESÙ CONFERMA LA FEDE DI TOMMASO

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Gesù conferma la fede di Tommaso.
L Dal Vangelo di Giovanni.

CANTO: O Signore, dona forza di pensieri
nell’ascolto della tua parola. O Signore!

L Uno dei dodici discepoli, Tommaso detto Gemello, non era con loro quando Gesù era venuto. Gli altri discepoli gli dissero: «Abbiamo visto il Signore!». Tommaso replicò: «Se non vedo il segno dei chiodi nelle sue mani, se non tocco col dito il segno dei chiodi e se non tocco con mano il suo fianco, io non crederò». Otto giorni dopo, i discepoli erano di nuovo lì, e c’era anche Tommaso con loro. Le porte erano chiuse. Gesù venne, si fermò in piedi in mezzo a loro e li salutò: «La pace sia con voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il dito e guarda le mani; accosta la mano e mettila nel mio costato. Non essere incredulo, ma credente!». Tommaso gli disse: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Tu hai creduto perché hai visto; beati quelli che hanno creduto senza aver visto» (Gv 20,24-29).


A La tua grande pazienza, Signore! La tua grande bontà! Anche gli altri discepoli ne hanno avuto bisogno. Tu eri pronto a dare spiegazioni, a fornire notizie circa il mistero della tua vita di inviato del Padre. Anche noi ne abbiamo bisogno.


S Signore Gesù nostro Salvatore, tu ami ciò che è giusto, che è bello, che è vero. Infondi in noi la luce del tuo messaggio: e cercheremo te in ogni cosa e ti vedremo in ogni nostro fratello. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
T Amen.

CANTO:


IX. GESÙ SI MOSTRA AI DISCEPOLI SUL LAGO

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Gesù si mostra ai discepoli sul lago.
L Dal Vangelo di Giovanni.

CANTO: Ascoltiamo la Parola del Signore
nel mistero della sua presenza. Ascoltiamo!


L Simon Pietro, Tommaso detto Gemello, Natanaele (un Galileo della città di Cana), i figli di Zebedeo e altri discepoli di Gesù erano insieme. Simon Pietro disse: «Io vado a pescare». Gli altri risposero: «Veniamo anche noi». Uscirono e salirono sulla barca. Ma quella notte non presero nulla. Era mattina, quando Gesù si presentò sulla spiaggia, ma i discepoli non sapevano che era lui. Allora Gesù disse: «Ragazzi, avete qualcosa da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora Gesù disse: «Gettate la rete dal lato destro della barca e troverete pesce». I discepoli calarono la rete. Quando cercarono di tirarla su, non ci riuscirono, per la grande quantità di pesci che conteneva. Allora il discepolo prediletto di Gesù disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro udì che era il Signore. Allora si legò la tunica attorno ai fianchi (perché non aveva altro addosso) e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece accostarono a riva con la barca, trascinando la rete con i pesci, perché erano lontani da terra un centinaio di metri. Quando scesero dalla barca, videro un focherello di carboni con sopra alcuni pesci. C’era anche pane. Gesù disse loro: «Venite a far colazione».
Ma nessuno dei discepoli aveva il coraggio di domandargli: «Chi sei?». Avevano capito che era il Signore (Gv 21,2-9.12).

A Proprio così: Colui che chiede da mangiare è il Signore di tutto. Colui che stende la mano per avere un pane, è il Potente che manda la pioggia a suo tempo e a suo tempo fa salire il sole, perché le messi maturino e le spighe cadano allegramente sotto la falce dei mietitori.
Giovanni l’evangelista dice: «È il Signore!».

S Signore Gesù, che per salvarci hai scelto di venire a vivere come vive ogni uomo: noi ti preghiamo di farci sentire accanto alla nostra vita di ogni giorno la tua dolcissima presenza. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
T Amen.

Canto:

X. GESÙ CONFERISCE IL PRIMATO A PIETRO

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Gesù conferisce il primato a Pietro.
L Dal Vangelo di Giovanni.

CANTO: O Signore, dona forza di pensieri
nell’ascolto della tua parola. O Signore!

L «Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più di questi altri?». Simone disse: «Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene». Gesù replicò: «Abbi cura dei miei agnelli». Poi gli disse una seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami davvero?». Simone gli disse: «Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene». Gesù replicò: «Abbi cura delle mie pecore». Una terza volta Gesù disse: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami davvero?». Pietro fu addolorato che Gesù gli dicesse per la terza volta «mi ami tu?». Rispose: «Signore, tu sai tutto, tu sai che io ti amo». Gesù gli disse: «Abbi cura delle mie pecore. Quando eri giovane, ti mettevi da solo la cintura e andavi dove volevi: ma io ti assicuro che quando sarai vecchio, tu stenderai le braccia e un altro ti legherà la cintura e ti porterà dove tu non vuoi». Gesù parlò così per far capire come Pietro sarebbe morto dando gloria a Dio. Poi disse: «Seguimi!» (Gv 21,15-19).

A Gesù ha posto l’amore al centro del suo messaggio. Amore nelle due direzioni: verso Dio e verso il prossimo. Chi vuol seguire Gesù, riempie il suo cuore di amore.

S  Signore Gesù, che hai portato in terra il fuoco dell’amore del Padre: fa’ che di questo santissimo fuoco bruci incessantemente la tua Chiesa e si propaghi in tutti gli angoli del mondo. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
T Amen.
Canto:

XI. GESÙ AFFIDA AI DISCEPOLI LA MISSIONE UNIVERSALE

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Gesù affida ai discepoli la missione universale.
L Dal Vangelo di Matteo.

CANTO: Ascoltiamo la Parola del Signore
nel mistero della sua presenza. Ascoltiamo!

L Gli undici discepoli andarono in Galilea, su quella collina che Gesù aveva indicato. Quando lo videro, lo adorarono. Alcuni, però, avevano dei dubbi. Gesù si avvicinò e disse: «A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Perciò andate, fate diventare miei discepoli tutti gli uomini del mondo: battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; insegnate loro a ubbidire a tutto ciò che io vi ho comandato. E sappiate che io sarò sempre con voi, tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Mt 28,16-20).

A Gesù ci chiama a far parte del suo progetto di vita: portare il suo messaggio a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i continenti. Alcuni sono chiamati a tradurre alla lettera il comando di Gesù: «Andate!». E vanno in tutte le parti del mondo a predicare, a insegnare, a battezzare. Altri – i più – hanno il compito di annunciare il Vangelo nel posto in cui si trovano. Come noi.


S Dio onnipotente, la nostra fede battesimale ci renda attenti alla diffusione del Vangelo con la parola e con l’azione, e solerti e laboriosi collaboratori dell’opera dei missionari. Per Cristo nostro Signore.
T Amen.

Canto:

XII. GESÙ SALE AL CIELO

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Gesù sale al cielo.
L Dagli Atti degli Apostoli.

CANTO: O Signore, dona forza di pensieri
nell’ascolto della tua parola. O Signore!

L Quelli che si trovavano con Gesù gli domandarono: «Signore, è questo il momento nel quale tu devi ristabilire il regno d’Israele?». Gesù rispose: «Non spetta a voi sapere quando esattamente questo accadrà: solo il Padre può deciderlo. Ma riceverete su di voi la forza dello Spirito Santo, che sta per scendere. Allora sarete miei testimoni in Gerusalemme, in tutta la regione della Giudea e della Samaria e in tutto il mondo». Detto questo, Gesù incominciò a salire in alto, mentre i discepoli stavano a guardare. Poi venne una nube, ed essi non lo videro più. Mentre avevano ancora gli occhi fissi verso il cielo, dove Gesù era salito, due uomini vestiti di bianco si avvicinarono loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché ve ne state lì a guardare il cielo? Questo Gesù che vi ha lasciati per salire in cielo, un giorno ritornerà come lo avete visto partire»
(At 1,6-11).

A La fede cristiana poggia su fondamenta chiare e solide. Convinzione assolutamente irrinunciabile è la risurrezione di ogni uomo, cui fa seguito la vita eterna.
Se venisse meno questa certezza, il messaggio di Gesù e il suo stesso sacrificio sulla croce non avrebbero valore di salvezza.

S Signore nostro Gesù Cristo, che salendo alla gloria del Padre hai promesso di restare in mezzo a noi: concedici di ricordare ogni giorno la dolce realtà della tua presenza e di lavorare in attesa del tuo ritorno. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
T Amen.

Canto:


XIII. CON MARIA, IN ATTESA DELLO SPIRITO SANTO

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Con Maria, in attesa dello Spirito Santo.
L Dagli Atti degli Apostoli.

CANTO: Ascoltiamo la Parola del Signore
nel mistero della sua presenza. Ascoltiamo!

L Caro Teofilo, nel mio primo libro ho raccontato quello che Gesù ha fatto e insegnato, cominciando dagli inizi della sua attività, fino a quando fu portato in cielo. Prima di salire in cielo egli, per mezzo dello Spirito Santo, aveva dato istruzione a quelli che aveva scelto come apostoli.
Dopo la sua morte, Gesù si presentò loro e in diverse maniere si mostrò vivo. Per quaranta giorni apparve ad essi più volte, parlando del regno di Dio. Un giorno, mentre erano a tavola, fece questa raccomandazione: «Non allontanatevi da Gerusalemme, ma aspettate il dono che il Padre ha promesso e del quale io vi ho parlato. Giovanni infatti ha battezzato con acqua: voi invece, tra pochi giorni, sarete battezzati nello Spirito Santo». Erano tutti concordi, e si riunivano regolarmente per la preghiera con le donne, con Maria la madre di Gesù e con i suoi fratelli (At 1,1-5.14).

A Noi con tutta la Chiesa, qui rappresentata dalla nostra comunità, attorno a Maria. Ai giorni nostri, Maria sarebbe intervistata: circa il senso di questa attesa, circa il misterioso personaggio che si attende, lo Spirito Santo, circa la natura dei rapporti di lei con il suo prodigiosissimo Figlio. La parola di Dio e la riflessione della Chiesa ci aiutano a trovare la risposta.

S  O Spirito Santo, dono di Cristo: la Chiesa t’invoca con incessante preghiera: vieni a rinfrancare i cuori affaticati, a rimarginare le ferite dolenti; vieni a rimettere sulla via della luce gli scoraggiati dall’ombra del peccato. Noi ti preghiamo per intercessione di Maria, nel nome di Cristo nostro Signore.
T Amen.

Canto:

XIV. GESÙ MANDA AI SUOI DISCEPOLI LO SPIRITO SANTO

S Signore della vita!
T Illumina il nostro cammino.

S Gesù manda ai suoi discepoli lo Spirito Santo.
L Dagli Atti degli Apostoli.

CANTO: O Signore, dona forza di pensieri
nell’ascolto della tua parola. O Signore!

L I credenti erano riuniti tutti insieme nello stesso luogo. All’improvviso si sentì un rumore in cielo, come quando tira un forte vento. Allora videro qualcosa di simile a lingue di fuoco che si separavano e si posavano sopra ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e si misero a parlare in altre lingue, come lo Spirito Santo concedeva loro di esprimersi. A Gerusalemme c’erano Ebrei, uomini molto religiosi venuti da tutte le parti del mondo. Appena si sentì quel rumore, si radunò una gran folla, e non sapevano che cosa pensare. Ciascuno infatti li sentiva parlare nella propria lingua, per cui, pieni di meraviglia e di stupore dicevano: «Questi uomini che parlano non sono tutti Galilei?
Come mai allora li sentiamo parlare nella nostra lingua nativa? Noi apparteniamo a popoli diversi: Parti, Medi ed Elamiti. Alcuni di noi vengono dalla Mesopotamia, dalla Giudea e dalla Cappadocia, dal Ponto e dall’Asia, dalla Frigia e dalla Panfilia, dall’Egitto e dalla Cirenaica, da Creta e dall’Arabia. C’è gente che viene perfino da Roma. Alcuni sono Ebrei, altri invece si sono convertiti alla religione ebraica. Eppure tutti li sentiamo annunziare, ciascuno nella propria lingua, le grandi cose che Dio ha fatto» (At 2,1-13).

A Oggi, normalmente, la comunicazione dello Spirito non è accompagnata da fenomeni straordinari; e nemmeno la predicazione. Ma nel credente che asseconda le sue ispirazioni, lo Spirito Santo opera cose anche più grandi: come la trasformazione del cuore, il proposito fermo di abbandonare una situazione di peccato, il richiamo per una vocazione particolare, la decisione di intraprendere un’azione particolarmente impegnativa...

S Ti supplichiamo, Dio onnipotente, fa’ che non venga a mancare alla tua Chiesa e al mondo la forza ristoratrice del tuo Spirito: e rinvigoriti nella fede e nella speranza, cammineremo sicuri sulla via della luce. Per Cristo nostro Signore.
T Amen.

CANTO:


CONCLUSIONE

S Lo Spirito del Signore sia su di noi.
T Ora e sempre.

S La sua gioia ci accompagni ogni giorno.
T La sua luce illumini i nostri passi.

S Signore Gesù Cristo, risorto e vivo nella tua Chiesa, noi umilmente ti preghiamo: poiché abbiamo meditato gli incontri della tua vita di Risorto, concedi a noi di essere illuminati con la luce della tua Pasqua. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
T Amen.

S Il Signore sia con voi.
T E con il tuo spirito.

S La pace di Dio custodisca il vostro cuore e riempia il vostro spirito nella conoscenza e nell’amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
T Amen.

S Andate nella pace di Cristo.
T Rendiamo grazie a Dio.

Debora e Lappidot


Famiglie del libro dei Giudici segnate da grande violenza e da grande coraggio profetico: Debora e Lappidot, Giaele ed Eber ( Gdc 4-5)


Dice Origene: la sacra Scrittura è un mistero e richiede l'ispirazione della grazia divina. C'è una sentenza dell'apostolo Paolo che dice che ogni Scrittura ispirata da Dio è utile per insegnare, per correggere, per formare alla giustizia. Senza dubbio voi che ora avete ascoltato cercherete di capire cosa contenga questo passo della scrittura che professiamo ispirato da Dio? Altrimenti che ci serve leggere quel che è stato proclamato! Comprendiamo che tutte queste figure (Debora, Barak, Giaele che da sola ha fatto cadere il nemico del popolo di Dio, Sisara gettato a terra per la potenza del legno.. ) sono misteri che si compiono negli ultimi tempi mediante la Chiesa quando l'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte. Sarà allora che esulterà Debora, cioè risplenderà la gloria della profezia, allora Giaele-la Chiesa riporterà la vittoria sul nemico comune di tutti. Allora, se ne saremo degni, canteremo anche noi questo cantico denso di mistici e profetici sacramenti. (Origene, Omelie sui Giudici, passim) Con l'aiuto dello Spirito impariamo anche noi a leggere da cristiani il primo testamento!

Facciamo un tuffo indietro di tremila anni: una famiglia allargata
La storia che fa da contesto al nostro racconto, sono gli anni che seguono alla conquista della terra promessa da parte di Giosuè (1200-1040 a.C.). Le dodici tribù hanno occupato la terra ma, come ai nostri giorni, popoli diversi convivono vicinissimi agli ebrei: Amaleciti, Moabiti, Madianiti, Edomiti e soprattutto i Filistei! L'organizzazione delle famiglie è di tipo tribale. Prima della famiglia c'è il clan, un gruppo di famiglie al comando di uno sceicco: è la cellula della tribù e la tribù è membro della nazione. Clan e tribù sono nei rispettivi territori, più pastori che agricoltori,rari gli artigiani di professione. La voglia di federalismo tribale è forte, meno lo spirito unitario di nazione che si rafforza per istinto di sopravvivenza di fronte a minacce mortali, in genere guerre di nemici potenti ; per breve tempo i clan familiari rinunciano alla loro autonomia e a capo mettono un ‘giudice'. All'inizio erano gruppi di famiglie molto povere,avevano solo greggi, abitavano in tende, armi e strumenti rudimentali. Le città nemiche, conquistate o non, erano ricche, circondate di mura, dedite ai commerci . Le tribù si accamparono in poveri villaggi di terra e fango (ma per una famiglia ebrea tornare a casa si dirà sempre tornare alla propria tenda ed anche il Verbo di Dio nel prologo di Giovanni porrà la sua tenda tra di noi !) e di lì avanzavano verso le pianure più ricche. La famiglia imparò a lavorare i campi e avere grano, orzo, vite, ulivo. Fichi e palme offrivano dolci, ombra e ristoro. Siamo alle prese dunque con tutti i problemi concreti di una famiglia: economia, sviluppo, incertezza del futuro, un contesto sociale difficile e incerto.

Gruppi di famiglie che vivono in un mondo di ordinaria violenza
Famiglie allargate dunque, segnate da grandi violenze: guerre (di occupazione o di liberazione?), assassini crudeli, una vita molto dura. I popoli vicini specie i Filistei devastano i campi delle famiglie degli agricoltori ebrei e cercano di assoggettarli al proprio dominio. Tra i clan di famiglie, separatismi, gelosie, spirito di contesa. La religione in un Dio unico e l'arca dell'alleanza che stava ancora nella Tenda della Convocazione, sembra non bastino a costruire legami di solidarietà e di pace. Guerre interne ed esterne. Quando quel pomeriggio del '99 con tutta la parrocchia abbiamo attraversato la fertile pianura di Izreel e siamo saliti al monte Tabor per contemplare la trasfigurazione di Gesù, pochi di noi guardando dall'alto il panorama splendido della valle e del lago, abbiamo pensato a lei, a Deborah che accanto a Barak salvava Israele e le tribù di Zabulon e di Neftali sconfiggendo Sisara i suoi uomini in uno scenario di guerra di sterminio,con una crudeltà e violenza senza pari: diecimila (?) soldati morti e un generale tradito da una famiglia amica che si trasforma in assassina crudele.
 Se pensiamo però a tante realtà di famiglie del terzo e del quarto mondo, quelle del tempo dei Giudici le troveremo attuali dopo oltre tremila anni. Anche oggi milioni e milioni di famiglie sono segnate da tanta violenza in vari continenti specie in Africa con terribili guerre bibliche anche ai nostri giorni! Pensiamo solo alla guerra dell'Aids di cui ieri ha parlato il Santo Padre e a tutte le offese alla vita che ricorderemo domani, festa della Vita!

Storie di famiglie oppresse dentro, dal peccato
Come un ritornello si ripete che il popolo di Israele andò di nuovo contro la volontà del Signore… dimenticò il suo Dio e cominciò ad adorare gli idoli. (Gdc 2,1-4; 2,10-15; 2,20-22; 3,7-9; 4,1-2) Dio si adira, il popolo grida aiuto, Dio manda un liberatore. Anche questo è per noi oggi di estrema attualità. Alle difficoltà esterne di quei clan familiari si sommavano dei gravi peccati di omologazione culturale. Sembra già di udire Paolo: non omologatevi alla mentalità di questo tempo ma trasformatevi rinnovando la vostra testa.(Rom 12, 1 ss). Il fascino della cultura pagana abbagliò da subito i nuovi arrivati nella terra di Canaan. Per i “profeti anteriori” questo è un laccio mortale. Anche oggi per le nostre famiglie cristiane l'omologazione ad uno stile di vita pagano si sta rivelando mortale: resta la tradizione religiosa della famiglia ma i pensieri, i progetti, gli stili di vita, i convincimenti morali, prescindono dalla fede in Gesù! Accanto a questo i nostri peccati personali, in primo piano la mancanza di unità, che impediscono a Dio di operare prodigi nella sua Chiesa! Forse ne siamo meno consapevoli oggi che al tempo dei Giudici!!...

Storie di ‘Famiglie' raccontate e scritte poi al tempo dell'esilio (500 a.C.) come insegnamento perenne per noi
Spezzoni di una storia antichissima di oltre 3000 anni, rivisitati 500 anni dopo al tempo dell'esilio per darci una teologia della storia in una visione realistica della vita umana sulla terra: il peccato ci espone alla morte come famiglie e come Chiesa ma, se ci pentiamo, il Signore continua ad usarci misericordia come al tempo dell'esodo, come al tempo dei giudici, come al tempo di Gesù. Non manca la speranza, ma l'aria è cupa e seria: il peccato è preso sul serio a differenza di tante comunità dei nostri giorni! Dio manda giudici e salvatori ma anche il prescelto da Dio cade nel peccato. Anche il carismatico pecca e solo per un momento riesce ad andar in alto in forza del carisma che gli è gratuitamente dato da Iavè.. per cui questi primi salvatori del popolo rimandano al Salvatore Gesù che, non solo occasionalmente, potrà riscattare il suo popolo. Quanta pazienza di Dio! Ogni generazione sperimenta la sua ira e la sua misericordia! Ma il grande insegnamento è che Dio è il Kyrios, il Signore della storia, ieri, oggi, sempre . E' lui che guida la storia della salvezza prima durante e dopo Cristo fino al compimento! Non è la notizia più bella ? E nell'eucaristia, pasto Signoriale, pasto del Kyrios, lo possiamo sperimentare ogni giorno!

Sei comparsa tu o Debora per far da madre a Israele
Famiglie che vedono in primo piano volti di donne e di madri.
Come famiglia di Debora possiamo dire poco: conosciamo solo il nome del marito, Lappidot. Poi di lui il silenzio un po' come per Giuseppe nei vangeli. L'abbiamo ugualmente scelta come famiglia sebbene incompleta ed un po' moderna dove i ruoli sono molto diversificati e spesso la moglie esercita una professione pubblica e maggiormente visibile rispetto al marito.
Il suo ‘compagno' diventa Barak, il generale in capo dell'esercito delle tribù d'Israele. In primissimo piano lei, la moglie, giudice e profetessa d'Israele. Non possiamo parlare della coppia Debora- Lappidot ma nella donna possiamo vedere la sposa e la madre. Profetessa, moglie, giudice, con carismi di intuizione e premonizione, capace di intuire quel che sta per succedere, decisionista, presente sul campo, totalmente convinta di agire in nome di Dio, capace di elevare un potente inno di ringraziamento e di lode, poetessa che ci ha lasciato forse il testo scritto più antico di tutta la Bibbia.
Il ricordo di questa grande donna e sposa è tramandato da un racconto (cap 4) e da una poesia (cap 5).
Debora la troviamo sul campo di battaglia ma non con le armi in pugno ma nel ruolo di interprete, colei che fa discernimento. Il suo carisma è il discernimento non la guerra. Esamina le vertenze giudiziarie della sua gente e indica il momento propizio per attaccare in guerra. Il genio femminile, direbbe il Papa. Accanto a lei si stagliano altre due figure di donne e di madri : Giaele e la madre di Sisara. Misteriosa nel movente la prima e crudele nella violenza. Preoccupata e abituata alla violenza l'altra madre che trepida per il figlio che non vede tornare e che poi si lascia illudere dalle serve che la tranquillizzano con un bottino di guerra dove gli uomini si spartiscono le ragazze, e gli abiti e i gioielli arriveranno anche sul suo collo. Rimane bellissimo quel titolo che Debora stessa sembra attribuirsi di ‘madre di Israele'(Gdc5,7). In questo quadro ripensiamo all'impegno che ci siamo presi come famiglie di portare il nostro essere padri e madri nella comunità. Una maternità spirituale che fa della chiesa famiglia di famiglie! Quante Deborah potrebbero esserci tra noi! Quante famiglie capaci di profezia e di intuire in anticipo le grandi sfide della vita! Ne siamo certi?

Debora, donna di famiglia, capace di profezia
Deborah: da Origene impariamo il significato nascosto del suo nome: ape o linguaggio, una donna figura della profezia, che unisce i dolci favi della dottrina celeste e i dolci mieli della Parola divina. La Parola di Dio infatti è dolce come il miele per questo sta scritto "Come sono dolci le tue parole al mio palato, più del miele e del favo per la mia bocca; i giudizi di Dio sono preziosi più dell'oro, e di pietra preziosissima, è più dolci del miele e del favo" (Sal 118,103; Sal 18,10-11).
Deborah accoglieva la gente in una località tra Rama e Betel, nel territorio collinare di Efraim seduta sotto una palma che poi fu chiamata la palma di Deborah.(Gdc4,5). La profezia è come la sapienza. La sua dimora è in alto perché è nella sfera di Dio. (Pr 1,20-21; 8,1-3; 9,3)
Oggi più che mai alle famiglie è chiesto il dono della profezia e del discernimento, di trasformare le difficoltà in germogli, in opportunità per far camminare la storia della salvezza. Famiglie profetiche che abbozzano con le loro scelte di vita le grandi sfide della fede ed il futuro della Chiesa! Davvero anche violenza e peccato non impediscono a Dio di salvarci. C'è chi si lamenta e c'è chi, con coraggio, sta sul campo, a combattere! Anche per alcune nostre famiglia ci saranno palme col loro nome perché hanno aiutato altre famiglie a guardare avanti con fiducia!

Debora icona delle famiglie cristiane che socialmente sono una minoranza
Ella ha una fede incrollabile nell'aiuto di Dio, un entusiasmo che trascina tutti. Poche donne come lei nella storia d'Israele hanno saputo dare coraggio e impedire la rovina di un popolo. Sono le donne coraggio, le madri della patria, donne capaci di generare alla vita un popolo minacciato di estinzione, affinché la storia della salvezza non si arresti. Debora ci insegna come i cristiani sanno essere minoranza: i novecento (sic!) carri di ferro di Sisara non impauriscono Debora perché sa che possono essere sconfitti (gli ebrei non avevano ferro!), sa che l'essere minoranza spinge a fidarsi totalmente di Colui che chiamiamo Padre e Signore!

La storia e l'allegoria: il senso cristiano della storia e della famiglia
Tu che leggi non fermarti alla storia, scopri il messaggio per il credente: anche oggi la storia della salvezza non si arresta; scopri anche oggi grazie a Debora l'azione di Dio capace di liberare, scopri i suoi interventi nella vita e nella storia della Chiesa anche se a volte occorre che il regno subisca violenza e i violenti se ne impadroniscono.
Scopri che quando il nuovo Israele, la Chiesa, vive tra fedeltà e infedeltà a Dio e rischia la rovina, una donna di famiglia può salvare la chiesa con l'aiuto di tutti anche degli stranieri che vivono accanto a lei! Scopri che per sopravvivere occorre una dura lotta ad opera delle madri che come Debora sono capaci di profezia e di discernimento! Scopri soprattutto che Dio non si stanca di liberare il suo popolo, che c'è un esodo permanente per il suo popolo oppresso. Egli usa i mezzi più disparati, una donna sapiente, una straniera crudele, una pioggia abbondante che fa straripare i torrenti. Allora puoi guardare con fiducia al futuro.
Lasciati guidare da Origene: Sisara che assaliva il popolo di Dio è vinto per mano di una donna con la potenza del legno! Cristo ci ha vinti dalla morte con la potenza del legno e l'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte. Oggi la famiglia di Giaele e di Debora insieme compongono la Chiesa di Cristo, quelli che da sempre hanno creduto alla promessa e quelli che da pagani sono entrati nel nuovo Israele.

Una famiglia che sa benedire il Signore
Tutto si conclude in benedizione. Così Cristo, così Paolo, così noi!
Signore umilia per me i più forti di me! La nostra battaglia è contro un nemico più forte di noi ma Dio viene in aiuto alla nostra debolezza: tutto posso in colui che mi da la forza. Cristo è più forte di tutti. Impariamo da Debora ad essere una famiglia capace di riconoscere che Dio guida la nostra storia d cui noi siamo semplici e umili strumenti; capaci di credere che il Dio del Sinai continua oggi tra noi nella nostra città nella nostra parrocchia i suoi prodigi; anche le stelle del cielo con le loro orbite combattono con noi (Gdc 5,20) e a Dio basta un torrente impetuoso per rendere inoffensivi novecento carri di ferro! ( 5,21)

Una perla conclusiva (v31)
Così periscano tutti i tuoi amici Signore ma coloro che ti amano siano come il sole quando sorge con tutto lo splendore.
Una profonda umanità di stampo familiare. A questi uomini che sembrano conoscere solo guerra e violenza dice che, se scoprono l'amore di Dio e dei fratelli, essi saranno come il sole che splende in tutta la sua forza ! Magnifico! A quanti ti sono amanti o Dio, che ti amano costantemente, a quanti si scaldano al fuoco del tuo amore,tu doni di essere lampade luminosissime da non metter sotto il moggio ma sopra il lucerniere perché illuminino tuta la casa di Dio!
Anche per ogni famiglia illuminata dalla profezia vale questa parola. Splenderà come il sole a mezzogiorno.

Con Debora e Lappidot riportiamo stasera in famiglia:
1. la certezza che il grande male della famiglia e della chiesa è volgersi agli idoli, omologarsi a culture e stili di vita che di fatto tradiscono il vangelo!


2. che l'essere minoranza non ci spaventa anzi ci fa ritrovare coraggio e iniziativa contro ‘ poteri forti ‘ che da destra e da sinistra cercano di addormentare non Sisara ma i cristiani!

3. che il segreto per vincere è avere donne e famiglie credenti capaci di profezia e di discernimento!

4. che occorre svegliare i ‘comandanti di Israele' e i ‘volontari del popolo', chiedere loro di combattere assieme, pastori e fedeli della Chiesa, ‘chierici' e ‘laici',operai della prima e dell'ultima ora: devono tutti svegliarsi e combattere insieme la buona battaglia della fede.(Gdc5,2.9)

5. che saranno quelli che ritenevamo fuori della Chiesa come Giaele a darci la certezza della vittoria

6. che solo se i ‘clan' di famiglie, (il gruppo delle famiglie che più si conoscono o hanno una spiritualità comune ) si coalizzano insieme sotto lo sguardo della ‘Benedetta fra le Donne' possono vincere. La vera ‘maledizione' per la Chiesa è se gruppi di cristiani di differente provenienza, con differenti carismi e sensibilità, se ne stanno incerti o assenti come la tribù di Ruben e la città di Meroz( 5,13-23) che non hannopreso parte alla guerra sulla pianura ai piedi del Tabor!

7. che anche noi dobbiamo cantare l'inno di Deborah per ringraziare il Signore della sua protezione e della sua immensa misericordia che in questi anni ci ha riservato anche se è giunto il tempo di ‘armare' tutto il popolo di Dio, di svegliare quel gigante addormentato che sono le nostre famiglie stimolando in ogni modo una loro presenza profetica e,dopo essersi fermati a pregare e contemplare sul Tabor, scendere in campo aperto per affrontare,a muso duro, le grandi sfide che la storia e la cultura ci presentano, confidando unicamente nell'aiuto di Dio !


Chiude ancora Origene: Non è il momento di trattare tutti i punti singolarmente: - gli ascoltatori della Chiesa amano la brevità - ( sic!) ci siamo sforzati riguardo ai misteri di cogliere fiorellini qua e là, di recare una qualche consolazione agli ascoltatori e insieme di esercitare noi stessi ed adoperarci per divenire atti a cantare il cantico di Deborah.

Amen!

http://www.santafamiglia.info/archivio/documenti.htm

Debora la giudice, Giaele l'eroina


di Fr. Roberto Tadiello
Il libro dei giudici si occupa del periodo che va dalla morte di Giosuè alla istituzione della monarchia in Israele (1200-1025 a.C.) e presenta fatti staccati e particolarmente importanti relativi a dodici "giudici" di cui sei appena ricordati. I "giudici" erano capi militari e politici che Dio suscitò in quel periodo per risolvere le crisi che il popolo di Israele viveva venendo a contatto con le popolazioni indigene e idolatre al momento del suo insediamento in Palestina.
Le storie sono narrate secondo un preciso modello letterario e teologico:
  • "Israele pecca contro Dio".
  • "Dio lo consegna nelle mani dei suoi nemici".
  • "Gli israeliti piangono".
  • "Dio manda un "giudice" a salvarli e liberarli".
  • "La terra ha pace per un periodo più o meno lungo (di solito 40 anni)".
Lo scopo è quello di insegnare che le crisi e le difficoltà di Israele trovano il loro fondamento nella sua infedeltà a Dio, quando cede alle suggestioni dell'idolatria. Da queste crisi solo Dio, che ha pietà delle sofferenze del popolo, potrà liberarlo (Gdc 2,11-19). Debora è l'unica donna detta "giudice" ed agisce nel senso moderno del termine risolvendo le dispute che sorgevano tra il popolo. La Bibbia ricorda anche il luogo dove emetteva le sue sentenze: sotto la "palma di Debora tra Rama e Betel, sulle montagne di Efraim" (4,5). A Debora si affianca Giaele, un'altra eroina del libro, che ucciderà Sisara, capo dell'esercito nemico.
La storia è ripetuta nei capitoli 4 e 5, nel primo in forma narrativa, nel secondo in forma poetica, dove la poesia raggiunge il suo apice nel "canto di Debora" che probabilmente, secondo l'opinione comune degli studiosi, è la più antica composizione della Bibbia.

Il racconto (Gdc 4)

Nei versetti 4,4-5 Debora, che significa ape, è brevemente presentata: "Debora, donna profetessa, moglie a (di) Lappidot giudicava Israele in quel tempo". Nell'AT il titolo di profetessa è attribuito assai di rado alle donne (Es 15,20; 2 Re 22,14; 2 Cr 34,2; Ne 6,14; Is 8,3; Lc 2,36). In questo caso il suo significato è probabilmente vicino a quello di veggente. Il narratore la ritrae seduta sotto la palma dove esercita il giudizio tra le parti in causa: "Gli israeliti venivano a lei per le vertenze giudiziarie" (4,5). Un ruolo di grande importanza per una donna a quel tempo, ma non estraneo alle culture semitiche che hanno avuto delle donne veggenti o che amministravano la giustizia.
Quando il ciclo negativo di peccato e di sofferenza ri-inizia: "Eud era morto e gli Israeliti tornarono a fare ciò che è male agli occhi del Signore. Il Signore li mise nelle mani di Iabin re di Canaan, regnava in Azor" Debora chiama Barak (4,6) al quale trasmette gli ordini e la strategia del Signore, che è il protagonista della battaglia e della vittoria. Egli deve radunare diecimila uomini delle tribù di Neftali e di Zabulon e marciare verso il Tabor, dove metterà nelle sue mani, al torrente di Kison, Sisara, generale di Iabin, con i suoi carri e le sue truppe (4,7). Barak accetta a condizione che Debora lo accompagni. La profetessa acconsente mentre gli preannuncia che la gloria della cattura di Sisara non sarà sua, ma di una donna (Giaele). In tutta la vicenda Debora si rivela una donna forte, risoluta, coraggiosa e piena di spirito di iniziativa. Va con Barak fino a Kades, ove avviene la convocazione dei diecimila soldati delle tribù di Zabulon e Neftali (4,10). Sale al Tabor dove incoraggia Barak prima dell'inizio della battaglia con queste parole: "Alzati, perché questo è il giorno in cui il Signore ha messo Sisara nelle tue mani. Il Signore non esce forse in campo davanti a te?" (4,14). Debora, profetessa-veggente, anima la battaglia e assicura la vittoria che sarà opera di Dio. Nelle parole di Debora riecheggia un'antica immagine di Dio come guerriero ed eroe in battaglia, Signore degli eserciti (Yhwh seba'ôt). La battaglia è descritta brevemente con pochi tratti che offrono al lettore la chiave per interpretare la vittoria: essa è opera del Signore (4,15.16) che "umiliò quel giorno Iabin, re di Canaan, davanti agli Israeliti" (4,23).
Nel frattempo un'altra donna, Giaele, era impegnata a distruggere Sisara, il generale dell'esercito nemico (4,17-22). Giaele è moglie di Eber il kenita. Sisara in fuga si rifugia nella sua tenda "perché vi era pace tra Iabin, re di Azor e la casa di Eber il kenita" (4,17). La donna gli esce incontro, gli parla in modo accattivante e lo invita a non temere (4,18). Sisara non replica, non chiede spiegazioni, ma subito entra (4,18c) e Giaele lo nasconde sotto la coperta. Alla richiesta di un po' d'acqua, Giaele si mostra più che ospitale e gli offre il latte, facendolo bere dall'otre. La donna manifesta ancora una volta tutta la sua premura ricoprendo Sisara (4,19). Non appena Sisara cade nel sonno profondo Giaele lo uccide (4,20-21). La descrizione è sobria ma allo stesso tempo sottolinea come l'azione non fu frutto di un piano premeditato, ma effetto di un impulso repentino. Ciò è confermato dal fatto che ella non usa un'arma convenzionale (spada, lancia ecc.) ma un piolo della tenda che si trovava a portata di mano e un martello, probabilmente di legno, adoperato dai beduini per fissare la tenda a terra.
La trasformazione di Giaele da donna pacifica ed ospitale a donna risoluta, forte e coraggiosa è sottolineato dalle parole con cui si rivolge a Barak: senza preamboli e dolci allettamenti gli dice in modo franco e schietto: "Vieni e ti mostrerò l'uomo che cerchi".

Il canto di Debora

La storia è ripresa nel canto poetico di Debora, che sicuramente ha preceduto il racconto in prosa e lo ha ispirato. La sua composizione risale probabilmente al tempo stesso degli avvenimenti, fu tramandato oralmente e in seguito posto per iscritto. Nel versetto 5,1 Debora è presentata come l'autrice del canto, insieme a Barak, che con grande probabilità è stato aggiunto successivamente.
Nel versetto 7, all'interno della descrizione dello "stato di miseria durante l'oppressione" (5,6-8), Debora è presentata come "madre d'Israele" (lett. madre in Israele), titolo di rispetto e di merito per una donna che si è impegnata per la giustizia e per la difesa del suo popolo.
Debora "sorge" quando tutto era stravolto e le condizioni del popolo erano disastrose: non c'era sicurezza per i viandanti (5,6); regnava l'anarchia (5,7) e l'idolatria era diffusa (5,8).  Segue l'incitamento ai comandanti d'Israele ed l'invito ai volontari tra il popolo a proclamare la vittoria del Signore (9-11). Debora stessa è invitata a cantare in 5,12 mentre Barak è incitato a catturare i prigionieri. Seguono i preparativi per la battaglia (13-18), mentre vengono elogiate le tribù partecipanti è schernite quelle che esitano alla battaglia: una battaglia cui ha partecipato perfino il cosmo con le stelle e il torrente Kison (19-22).
A questo punto il canto si apre in una benedizione di Giaele (24-26) quasi a smussare la maledizione sugli abitanti di Meroz che non sono intervenuti "in aiuto del Signore" (4,23). Giaele, moglie di Eber il Kenita (5,24a), è una "donna della tenda", cioè una beduina (5,24b), e come tale è ospitale (5,25). È benedetta fra le donne, anzi la più benedetta delle donne (5,24 due volte). La sua offerta di latte acido (yogurt forse?) è segno di massima considerazione per l'ospite; ciò è sottolineato poi perché lo offre non in una coppa normale ma in una coppa da principi.
Il testo biblico ha un cambiamento brusco tra i versetti 25-26 quasi a denotare un cambio nella personalità di Giaele che stende la mano al picchetto e la destra ad un martello, non armi convenzionali ma utensili quotidiani per un beduino. Con essi trafigge Sisara che "si contorse, cadde e giacque" ai suoi piedi (5,27).
L'uccisione di un uomo già fisicamente provato, per giunta ospite, può essere moralmente riprovevole, ma non è questo il centro del racconto e del brano poetico. Giaele realizza la profezia di Debora: "Il Signore metterà Sisara nelle mani di una donna" (4,9). È quindi Dio che vince, per mano dell'eroina Giaele una donna pacifica, il nemico di Israele e non Barak con tutto il suo esercito. È Dio che libera il popolo e lo fa non con l'apporto dell'esercito e del suo generale, ma con le mani di una donna trasformata.
Nel libro dei Giudici Debora, profetessa e giudice, e Giaele, l'eroina, sono due donne forti, energiche, coraggiose, intraprendenti, ma anche modelli di fede e di disponibilità totale nelle mani di Dio, strumenti della sua volontà di salvezza e del dono della terra al suo popolo. Infatti dopo questi racconti il narratore annota: "Poi il paese ebbe pace per quarant'anni" (Gdc 5,31c).


Fra Roberto Tadiello OFMCap

Frate cappuccino della provincia veneta. Ha conseguito la licenza e il dottorato in Teologia Biblica presso lo Studium Biblicum Franciscanum (Facoltà di Scienze bibliche e archeologia) di Gerusalemme con  una tesi sul libro di Giona.
e-mail jonah_ti@yahoo.it

Bonhoeffer



Dietrich Bonhoeffer

Vita Comune


Bonhoeffer scrisse questo breve testo di getto nel settembre-ottobre 1938, durante quattro settimane di vacanza trascorse a Gottinga, nella casa di sua sorella gemella Sabine, che aveva dovuto lasciare la Germania poco prima. Qui, come evidenzia nella prefazione e nella postfazione E. Bethge, suo amico e biografo che sposò, tra l’altro, la nipote di Bonhoeffer, a momenti di svago s’alternavano forti preoccupazioni per la situazione storico-politica del Paese.

“Vita Comune” costituisce il resoconto delle esperienze di vita comunitaria di un gruppo di teologi tra il 1935 e il 1937 a Finkenwalde. Bonhoeffer era stato infatti tra i promotori della Chiesa Confessante che nel 1934, dopo le prime leggi razziali e l’asservimento al nazismo delle Chiese Evangeliche tedesche, aveva dichiarato la propria fedeltà a Gesù Cristo.
A Finkenwalde Bonhoeffer era il responsabile di un seminario di preparazione al pastorato. Qui nasce una singolare esperienza di vita comune, che riscopre una dimensione profonda di preghiera, riflessione, condivisione.
Nel 1937 la comunità viene sciolta dalla Gestapo e l’esperimento ha fine, anche se il lavoro di formazione viene ripreso in vicariati collettivi.
L’estate precedente la stesura del testo aveva visto una grave fase di debolezza della Chiesa Confessante, poiché la maggioranza dei pastori aveva giurato fedeltà a Hitler (fu il dono di compleanno per il fuhrer dopo l’annessione dell’Austria).
Bonhoeffer si era strenuamente e vanamente opposto a tutto ciò insieme agli studenti del seminario.
Anche la situazione familiare di Bonhoeffer era critica. La sorella gemella – sposata Leibholz – era espatriata in fretta verso la Svizzera con la famiglia, c’erano i primi preparativi per il colpo di stato in cui un altro cognato, Hans von Dohnanyi, era coinvolto.
In questa situazione di tensione Bonhoeffer scrive “Vita comune”.
Tre anni prima si era categoricamente rifiutato di scrivere qualcosa sulla vita a Finkenwalde ritenendo che un’esperienza così pionieristica non fosse abbastanza matura per essere presentata al pubblico e soprattutto non si era pensato un programma da utilizzare in seguito.
“Vita comune” non è perciò – come sottolinea ancora Bethge – un manifesto programmatico, ma un resoconto a posteriori di un’esperienza vissuta e conclusasi in fretta. La comunità cui si fa riferimento è costituita da teologi e pastori e non da una famiglia ad esempio, che deve avere altri criteri e ritmi. Lo stesso Bonhoeffer, nella breve premessa al libro dichiara: “La seguente esposizione non vuol essere altro che un singolo contributo all’insieme della questione, e per quanto possibile anche un aiuto concreto alla chiarificazione e alla prassi”.

Il testo si articola in una serie di brevi capitoli: il primo, “Comunione”, ha carattere generale, i successivi percorrono e analizzano i vari momenti della giornata nella vita comunitaria, scandita da preghiera, meditazione, ma anche lavoro e condivisione della mensa. Ogni momento viene rivestito della sua dignità e del suo fondamento teologico e non mancano indicazioni pratiche specificamente rivolte ai pastori.

Nella prima parte Bonhoeffer evidenzia come non sia affatto scontato che il cristiano debba vivere necessariamente in mezzo ad altri cristiani, anzi Gesù stesso è vissuto tra gente ostile. È quindi grande gioia e grazia il costituirsi di una comunità intorno alla parola di Dio e al sacramento.
Con un’esposizione molto lucida e attenta e giustificando sempre le sue affermazioni con le sacre Scritture, Bonhoeffer individua le caratteristiche della comunità cristiana e ciò che la differenzia rispetto all’usuale incontrarsi degli uomini.
Quello che il teologo sottolinea inizialmente con forza è che la comunione cristiana si fonda su Gesù Cristo e questo implica. “In primo luogo, significa che un cristiano ha bisogno dell’altro a causa di Gesù Cristo. In secondo luogo, che un cristiano si avvicina all’altro solo per mezzo di Gesù Cristo. In terzo luogo, significa che fin dall’eternità siamo stati eletti in Gesù Cristo, da lui accolti nel tempo e resi una cosa sola per l’eternità” (p. 18).
E sulla Parola:
“Ma Dio ha messo questa Parola in bocca ad uomini, per consentire che essa venga trasmessa fra gli uomini. Se un uomo ne viene colpito, la ridice all’altro. Dio ha voluto che cerchiamo e troviamo la Sua Parola viva nella testimonianza del fratello, in bocca ad altri uomini. Per questo il cristiano ha bisogno degli altri cristiani che dicano a lui la parola di Dio, ne ha bisogno ogni volta che si trova incerto e scoraggiato; da solo infatti non può cavarsela, senza ingannare se stesso sulla verità. Ha bisogno del fratello che gli porti e gli annunci la Parola divina di salvezza. Ha bisogno del fratello solo a causa di Gesù Cristo”. (p. 19).
Qualsiasi incontro con l’altro implica la presenza di Cristo, che è motivazione e scopo della vita comune. “Solo per mezzo di Gesù Cristo si è fratelli” (p. 21).
Dalla presenza di Gesù, fondamento della fraternità, discende che quest’ultima non è un ideale, ma una realtà divina, una realtà pneumatica, non della psiche.
“Questo è l’elemento che la distingue nettamente da tutte le altre forme di comunione. La sacra Scrittura definisce pneumatico, cioè «spirituale», ciò che è creato solo dallo Spirito santo, il quale fa entrare nel nostro cuore Gesù Cristo Signore e Salvatore. Nella Scrittura si chiama invece psichico, cioè «proprio dell’anima umana», tutto ciò che viene dai naturali impulsi, dalle risorse e disposizioni dell’anima umana.
Il fondamento di ogni realtà pneumatica è la parola di Dio, chiara e manifesta in Gesù Cristo” (p. 25).
Bonhoeffer si addentra poi in riflessioni sulla differenza tra realtà pneumatica, basata sulla Parola, esente da qualsiasi brama di possesso e dominio sull’altro in quanto tra sé stessi e il prossimo vi è sempre Cristo, e realtà «psichica», che si basa su aspirazioni ideali fortemente umane e finisce per avere al centro se stessi e non Cristo, per volere legare a sé l’altro, conquistarlo, dominarlo e non affidarlo invece a Cristo. Una delle differenze fondamentali tra i due diversi rapporti sta nella capacità unica dell’amore spirituale, fondato sul servizio, di amare anche il nemico.
“Tra me e l’altro c’è Cristo, perciò non posso aspirare ad una comunione immediata con l’altro. Solo Cristo ha potuto parlarmi in modo da venirmi in aiuto; per la stessa ragione anche l’altro può ricevere soccorso solo da Cristo. Il che significa risparmiare all’altro tutti i miei tentativi di condizionarlo, di costringerlo, do dominarlo con il mio amore. Senza dipendere da me, l’altro vuol essere amato per come è, vale a dire come uno a vantaggio del quale Cristo si è fatto uomo, è morto ed è risorto, ha conseguito la remissione dei peccati e ha preparato una vita eterna. Cristo è intervenuto in modo decisivo nei confronti del mio fratello, ben prima che io potessi iniziare ad agire, per cui non posso che ritirarmi, lasciando il fratello a disposizione di Cristo, e incontrandolo solo per quello che è già in Cristo” (pp. 28-29).
L’amore spirituale sarà pronto a congedarsi dall’altro per lasciarlo a Cristo.
Osserva Bonhoeffer: “sarà preferibile parlare con Cristo del fratello che non parlare col fratello di Cristo” (p. 29).
La via più breve verso l’altro passa dunque attraverso la preghiera.
Date queste premesse generali, i capitoli successivi analizzano la giornata della vita comunitaria e s’intitolano: “La giornata vissuta in comune”, “La giornata vissuta in solitudine”, “Il servizio”, “Confessione e Santa Cena”.
Molte osservazioni traggono spunto dall’esperienza vissuta e dai problemi che possono essere sorti direttamente in comunità e quindi sono assai specifiche per pastori o teologi, però vi sono moltissimi pensieri, indicazioni di saggezza pratica, riflessioni sulle relazioni umane e sul rapporto col divino che denotano una grande profondità di pensiero e una conoscenza dell’uomo davvero mirabile.
Vi sono considerazioni valide per ogni comunità cristiana.
In “La giornata vissuta in comune” Bonhoeffer prende avvio dall’apertura della giornata con la preghiera del mattino: “L’inizio della giornata per il cristiano non dev’esser già gravato e incalzato dalle molteplici attività del giorno di lavoro. Il nuovo giorno è dominato dal Signore che lo ha creato. […] Per questo si vuole che di primo mattino taccia la molteplicità confusa dei pensieri e delle parole inutili, in modo tale che il primo pensiero e la prima parola appartengano a colui cui appartiene tutta la nostra vita.” (p. 34).
Ogni affermazione viene sostenuta da riferimenti biblici all’Antico e al Nuoto testamento.
Analizzando la preghiera comune Bonhoeffer si sofferma in particolare sui Salmi, preghiera molto adatta alla comunità, e sulla necessità di riscoprirli leggendoli alla luce della figura di Gesù.
Anche la Scrittura va riscoperta “Dobbiamo ricominciare a conoscere la sacra Scrittura come l’hanno conosciuta i Riformatori e i nostri padri” (p. 43).
“Inoltre ci si dovrebbe chiedere come si pensi di poter aiutare nel modo giusto un fratello in difficoltà e in tentazione, senza ricorrere alla Parola stessa di Dio” (p. 43).
“La giornata vissuta in solitudine” riguarda invece i momenti di silenzio, solitudine e meditazione che vi sono nell’arco della giornata comunitaria.
Il silenzio del cristiano è comunque un silenzio umile e disponibile a lasciarsi interrompere in ogni momento.
Anche il servizio è oggetto di riflessioni accurate, ad esempio sull’accoglienza dell’altro.
“Dio non ha fatto l’altro come avrei voluto configurarlo io. Non me lo ha dato per fratello, allo scopo di farmelo dominare, ma perché al di sopra di lui io ritrovi il creatore” (p. 72). O ancora: “Nella libertà dell’altro rientra tutto ciò che s’intende per essenza, peculiarità, disposizioni, anche le debolezze e le stravaganze, che mettono alla prova così duramente la nostra pazienza, vi rientra tutto ciò che dà luogo agli attriti, ai contrasti, agli scontri fra me e l’altro. Portare il peso dell’altro qui significa sopportare le realtà creaturale dell’altro, consentire ad essa e arrivare attraverso la sopportazione a trarne motivo di gioia” (p. 78).
Ogni gesto comunitario riceve giustificazione e s’inserisce in un contrasto più vasto, che è quello della chiesa nel suo insieme. I gesti più semplici, come mangiare assieme, ricevono pari dignità di altri, a dimostrazione che il cristianesimo viene presentato come un messaggio concreto, legato alle vicende dell’uomo – di tutto l’uomo – e alla sua storia. Nulla di ciò che è umano viene escluso e così Bonhoeffer parla del lavoro, del servizio, del peccato e della confessione.
Non un misticismo idealistico sta alla base delle sue affermazioni, ma un messaggio forte coinvolto nella storia degli uomini.

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE

Dietrich Bonhoeffer (Breslavia 1906 – Campo di concentramento di Flosseburg, 9 aprile 1945), teologo luterano tedesco. Fortemente impegnato nel movimento ecumenico dal 1931 al 1933 insegna a Berlino.
Nella sua attività mostra una carica innovativa, coinvolgendo gli studenti in iniziative legate non solo all’ambito accademico, ma anche alla situazione politica esistente. Ha inizio così la sua crescente opposizione al nazismo. Nel 1933 in una trasmissione radiofonica definisce Hitler non un fuhrer ma un verfuher (seduttore). La trasmissione viene subito interrotta.
Quando Hitler va al potere, Bonhoeffer lascia Berlino per Londra, perché si rende conto che non può fare teologia come desiderava fosse fatta a causa del controllo del regime. Dal ‘35 al ‘39 è di nuovo in Germania.
Poco prima dello scoppio della guerra emigra in America (c’era già stato nel 1930). Aveva già accumulato, in patria, vari provvedimenti di polizia: non poteva spostarsi liberamente, non poteva parlare in pubblico, gli era stato ritirato il permesso di abilitazione alla docenza e non poteva scrivere. In America ha una crisi di coscienza e ritorna in Germania dopo poche settimane. Prende contatto con la resistenza e opera in uno dei gruppi anti-hitleriani. In seguito, viene arrestato e internato nel carcere militare di Tegel.
In seguito, aggravandosi la sua situazione (Bonhoeffer risulta tra gli organizzatori di un fallito complotto contro Hitler), viene internato nel carcere della Gestapo in Prinz-Achracht Strasse a Berlino. Il 9 aprile 1945 viene impiccato nel campo di concentramento di Flosseburg.
Opere: Sanctorum Communio (1930), Atto ed essere(1931), Sequela (1937), Vita comune (1938), Etica, Resistenza e resa (1947).

DIETRICH BONHOEFFER, “Vita comune”, Queriniana, Brescia 2003. Edizione critica in lingua tedesca as cura di G.L. Muller e A. Schonherr. Postfazione di E. Bethge. Edizione italiana a cura di A. Gallas. Traduzione dal tedesco di M.C. Laurenzi e G. Francesconi.

Ad un detenuto italiano che gli chiedeva come lui, cristiano e pastore, potesse prender parte ad un complotto che cercava la morte di Hitler, Bonhoeffer rispose: “Quando un pazzo lancia la sua auto sul marciapiede, io non posso, come pastore, contentarmi di sotterrare i morti e consolare le famiglie. Io devo, se mi trovo in quel posto, saltare e afferrare il conducente al suo volante”.

In una cultura sempre più dominata dal nazionalismo, promosse l’internazionalismo delle chiese e dei popoli; in una società sempre più militarizzata nell’animo e negli arsenali, si dichiarò apertamente pacifista esortando i cristiani a “osare la pace per fede”; in una chiesa ancora fortemente caratterizzata in senso confessionale partecipò liberamente e attivamente alle iniziative degli organismi giovanili del movimento ecumenico; in mezzo a un popolo stregato da Hitler tanto da accettare supinamente il programma di annientamento del popolo ebraico concretamente avviato con il “paragrafo ariano” che escludeva dai pubblici uffici gli ebrei e tutti i cittadini di ascendenza ebraica anche remota, Bonhoeffer fu, tra i pochi oppositori a questa legge iniqua, uno dei più energici e intransigenti. Disse tra l’altro che una chiesa che avesse accettato e applicato al suo interno il “paragrafo ariano” avrebbe rinnegato il suo stesso principio costitutivo, quindi non sarebbe più stata una chiesa ma una sua diabolica contraffazione” (Paolo Ricca, pastore valdese).” ().


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