Dietrich Bonhoeffer
Vita Comune
Gio, 01/11/2007 - 21:19 — Marina Monego.
Bonhoeffer scrisse questo breve
testo di getto nel settembre-ottobre 1938, durante quattro settimane di vacanza
trascorse a Gottinga, nella casa di sua sorella gemella Sabine, che aveva
dovuto lasciare la Germania poco prima. Qui, come evidenzia nella prefazione e
nella postfazione E. Bethge, suo amico e biografo che sposò, tra l’altro, la
nipote di Bonhoeffer, a momenti di svago s’alternavano forti preoccupazioni per
la situazione storico-politica del Paese.
“Vita Comune” costituisce il
resoconto delle esperienze di vita comunitaria di un gruppo di teologi
tra il 1935 e il 1937 a Finkenwalde. Bonhoeffer era stato infatti tra i
promotori della Chiesa Confessante che nel 1934, dopo le prime leggi razziali e
l’asservimento al nazismo delle Chiese Evangeliche tedesche, aveva dichiarato
la propria fedeltà a Gesù Cristo.
A Finkenwalde Bonhoeffer era il
responsabile di un seminario di preparazione al pastorato. Qui nasce una
singolare esperienza di vita comune, che riscopre una dimensione profonda di
preghiera, riflessione, condivisione.
Nel 1937 la comunità viene sciolta
dalla Gestapo e l’esperimento ha fine, anche se il lavoro di formazione viene
ripreso in vicariati collettivi.
L’estate precedente la stesura del
testo aveva visto una grave fase di debolezza della Chiesa Confessante, poiché
la maggioranza dei pastori aveva giurato fedeltà a Hitler (fu il dono di
compleanno per il fuhrer dopo l’annessione dell’Austria).
Bonhoeffer si era strenuamente e
vanamente opposto a tutto ciò insieme agli studenti del seminario.
Anche la situazione familiare di
Bonhoeffer era critica. La sorella gemella – sposata Leibholz – era espatriata
in fretta verso la Svizzera con la famiglia, c’erano i primi preparativi per il
colpo di stato in cui un altro cognato, Hans von Dohnanyi, era coinvolto.
In questa situazione di tensione
Bonhoeffer scrive “Vita comune”.
Tre anni prima si era
categoricamente rifiutato di scrivere qualcosa sulla vita a Finkenwalde
ritenendo che un’esperienza così pionieristica non fosse abbastanza
matura per essere presentata al pubblico e soprattutto non si era pensato un
programma da utilizzare in seguito.
“Vita comune” non è perciò – come
sottolinea ancora Bethge – un manifesto programmatico, ma un resoconto a
posteriori di un’esperienza vissuta e conclusasi in fretta. La comunità cui
si fa riferimento è costituita da teologi e pastori e non da una famiglia ad
esempio, che deve avere altri criteri e ritmi. Lo stesso Bonhoeffer, nella
breve premessa al libro dichiara: “La seguente esposizione non vuol
essere altro che un singolo contributo all’insieme della questione, e per
quanto possibile anche un aiuto concreto alla chiarificazione e alla prassi”.
Il testo si articola in una serie
di brevi capitoli: il primo, “Comunione”, ha carattere generale,
i successivi percorrono e analizzano i vari momenti della giornata nella vita
comunitaria, scandita da preghiera, meditazione, ma anche lavoro e condivisione
della mensa. Ogni momento viene rivestito della sua dignità e del suo
fondamento teologico e non mancano indicazioni pratiche specificamente rivolte
ai pastori.
Nella prima parte Bonhoeffer
evidenzia come non sia affatto scontato che il cristiano debba vivere
necessariamente in mezzo ad altri cristiani, anzi Gesù stesso è vissuto tra
gente ostile. È quindi grande gioia e grazia il costituirsi di una comunità
intorno alla parola di Dio e al sacramento.
Con un’esposizione molto lucida e
attenta e giustificando sempre le sue affermazioni con le sacre Scritture,
Bonhoeffer individua le caratteristiche della comunità cristiana e ciò
che la differenzia rispetto all’usuale incontrarsi degli uomini.
Quello che il teologo sottolinea
inizialmente con forza è che la comunione cristiana si fonda su Gesù Cristo e
questo implica. “In primo luogo, significa che un cristiano ha bisogno
dell’altro a causa di Gesù Cristo. In secondo luogo, che un cristiano si
avvicina all’altro solo per mezzo di Gesù Cristo. In terzo luogo,
significa che fin dall’eternità siamo stati eletti in Gesù Cristo, da lui
accolti nel tempo e resi una cosa sola per l’eternità” (p. 18).
E sulla Parola:
“Ma Dio ha messo questa Parola in
bocca ad uomini, per consentire che essa venga trasmessa fra gli uomini. Se un
uomo ne viene colpito, la ridice all’altro. Dio ha voluto che cerchiamo e
troviamo la Sua Parola viva nella testimonianza del fratello, in bocca ad altri
uomini. Per questo il cristiano ha bisogno degli altri cristiani che dicano a
lui la parola di Dio, ne ha bisogno ogni volta che si trova incerto e
scoraggiato; da solo infatti non può cavarsela, senza ingannare se stesso sulla
verità. Ha bisogno del fratello che gli porti e gli annunci la Parola divina di
salvezza. Ha bisogno del fratello solo a causa di Gesù Cristo”. (p. 19).
Qualsiasi incontro con l’altro
implica la presenza di Cristo, che è motivazione e scopo della vita comune. “Solo per mezzo di Gesù Cristo si è fratelli” (p. 21).
Dalla presenza di Gesù, fondamento
della fraternità, discende che quest’ultima non è un ideale, ma una realtà
divina, una realtà pneumatica, non della psiche.
“Questo è l’elemento
che la distingue nettamente da tutte le altre forme di comunione. La sacra
Scrittura definisce pneumatico, cioè «spirituale», ciò che è creato solo dallo
Spirito santo, il quale fa entrare nel nostro cuore Gesù Cristo Signore e
Salvatore. Nella Scrittura si chiama invece psichico, cioè «proprio dell’anima
umana», tutto ciò che viene dai naturali impulsi, dalle risorse e disposizioni
dell’anima umana.
Il fondamento di ogni realtà
pneumatica è la parola di Dio, chiara e manifesta in Gesù Cristo” (p. 25).
Bonhoeffer si addentra poi in
riflessioni sulla differenza tra realtà pneumatica, basata sulla Parola, esente
da qualsiasi brama di possesso e dominio sull’altro in quanto tra sé stessi e
il prossimo vi è sempre Cristo, e realtà «psichica», che si basa su aspirazioni
ideali fortemente umane e finisce per avere al centro se stessi e non Cristo,
per volere legare a sé l’altro, conquistarlo, dominarlo e non affidarlo invece
a Cristo. Una delle differenze fondamentali tra i due diversi rapporti sta
nella capacità unica dell’amore spirituale, fondato sul servizio, di amare anche
il nemico.
“Tra me e l’altro c’è Cristo,
perciò non posso aspirare ad una comunione immediata con l’altro. Solo Cristo
ha potuto parlarmi in modo da venirmi in aiuto; per la stessa ragione anche
l’altro può ricevere soccorso solo da Cristo. Il che significa risparmiare
all’altro tutti i miei tentativi di condizionarlo, di costringerlo, do
dominarlo con il mio amore. Senza dipendere da me, l’altro vuol essere amato
per come è, vale a dire come uno a vantaggio del quale Cristo si è fatto uomo,
è morto ed è risorto, ha conseguito la remissione dei peccati e ha preparato
una vita eterna. Cristo è intervenuto in modo decisivo nei confronti del mio
fratello, ben prima che io potessi iniziare ad agire, per cui non posso che
ritirarmi, lasciando il fratello a disposizione di Cristo, e incontrandolo solo
per quello che è già in Cristo” (pp. 28-29).
L’amore spirituale sarà pronto a
congedarsi dall’altro per lasciarlo a Cristo.
Osserva Bonhoeffer: “sarà preferibile parlare con Cristo del fratello che non
parlare col fratello di Cristo” (p. 29).
La via più breve verso l’altro
passa dunque attraverso la preghiera.
Date queste premesse generali, i
capitoli successivi analizzano la giornata della vita comunitaria e
s’intitolano: “La giornata vissuta in comune”, “La giornata vissuta in
solitudine”, “Il servizio”, “Confessione e Santa Cena”.
Molte osservazioni traggono spunto
dall’esperienza vissuta e dai problemi che possono essere sorti direttamente in
comunità e quindi sono assai specifiche per pastori o teologi, però vi sono
moltissimi pensieri, indicazioni di saggezza pratica, riflessioni sulle
relazioni umane e sul rapporto col divino che denotano una grande profondità di
pensiero e una conoscenza dell’uomo davvero mirabile.
Vi sono considerazioni valide per
ogni comunità cristiana.
In “La giornata vissuta in comune”
Bonhoeffer prende avvio dall’apertura della giornata con la preghiera del
mattino: “L’inizio della giornata per il cristiano non
dev’esser già gravato e incalzato dalle molteplici attività del giorno di lavoro.
Il nuovo giorno è dominato dal Signore che lo ha creato. […] Per questo si
vuole che di primo mattino taccia la molteplicità confusa dei pensieri e delle
parole inutili, in modo tale che il primo pensiero e la prima parola
appartengano a colui cui appartiene tutta la nostra vita.” (p. 34).
Ogni affermazione viene sostenuta
da riferimenti biblici all’Antico e al Nuoto testamento.
Analizzando la preghiera comune
Bonhoeffer si sofferma in particolare sui Salmi, preghiera molto adatta alla
comunità, e sulla necessità di riscoprirli leggendoli alla luce della figura di
Gesù.
Anche la Scrittura va riscoperta “Dobbiamo ricominciare a conoscere la sacra Scrittura come
l’hanno conosciuta i Riformatori e i nostri padri” (p. 43).
“Inoltre ci si dovrebbe chiedere come
si pensi di poter aiutare nel modo giusto un fratello in difficoltà e in
tentazione, senza ricorrere alla Parola stessa di Dio” (p. 43).
“La giornata vissuta in
solitudine” riguarda invece i momenti di silenzio, solitudine e meditazione che
vi sono nell’arco della giornata comunitaria.
Il silenzio del cristiano è
comunque un silenzio umile e disponibile a lasciarsi interrompere in ogni
momento.
Anche il servizio è oggetto di
riflessioni accurate, ad esempio sull’accoglienza dell’altro.
“Dio non ha fatto l’altro come
avrei voluto configurarlo io. Non me lo ha dato per fratello, allo scopo di
farmelo dominare, ma perché al di sopra di lui io ritrovi il creatore” (p. 72).
O ancora: “Nella libertà dell’altro rientra tutto ciò
che s’intende per essenza, peculiarità, disposizioni, anche le debolezze e le
stravaganze, che mettono alla prova così duramente la nostra pazienza, vi
rientra tutto ciò che dà luogo agli attriti, ai contrasti, agli scontri fra me
e l’altro. Portare il peso dell’altro qui significa sopportare le realtà
creaturale dell’altro, consentire ad essa e arrivare attraverso la
sopportazione a trarne motivo di gioia” (p. 78).
Ogni gesto comunitario riceve
giustificazione e s’inserisce in un contrasto più vasto, che è quello della
chiesa nel suo insieme. I gesti più semplici, come mangiare assieme, ricevono
pari dignità di altri, a dimostrazione che il cristianesimo viene presentato
come un messaggio concreto, legato alle vicende dell’uomo – di tutto l’uomo – e
alla sua storia. Nulla di ciò che è umano viene escluso e così Bonhoeffer parla
del lavoro, del servizio, del peccato e della confessione.
Non un misticismo idealistico sta
alla base delle sue affermazioni, ma un messaggio forte coinvolto nella storia
degli uomini.
EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE
Dietrich Bonhoeffer (Breslavia 1906 – Campo di
concentramento di Flosseburg, 9 aprile 1945), teologo luterano tedesco.
Fortemente impegnato nel movimento ecumenico dal 1931 al 1933 insegna a
Berlino.
Nella sua attività mostra una
carica innovativa, coinvolgendo gli studenti in iniziative legate non solo
all’ambito accademico, ma anche alla situazione politica esistente. Ha inizio
così la sua crescente opposizione al nazismo. Nel 1933 in una trasmissione
radiofonica definisce Hitler non un fuhrer ma un verfuher
(seduttore). La trasmissione viene subito interrotta.
Quando Hitler va al potere,
Bonhoeffer lascia Berlino per Londra, perché si rende conto che non può fare
teologia come desiderava fosse fatta a causa del controllo del regime. Dal ‘35
al ‘39 è di nuovo in Germania.
Poco prima dello scoppio della
guerra emigra in America (c’era già stato nel 1930). Aveva già accumulato, in
patria, vari provvedimenti di polizia: non poteva spostarsi liberamente, non
poteva parlare in pubblico, gli era stato ritirato il permesso di abilitazione
alla docenza e non poteva scrivere. In America ha una crisi di coscienza e
ritorna in Germania dopo poche settimane. Prende contatto con la resistenza e
opera in uno dei gruppi anti-hitleriani. In seguito, viene arrestato e
internato nel carcere militare di Tegel.
In seguito, aggravandosi la sua
situazione (Bonhoeffer risulta tra gli organizzatori di un fallito complotto
contro Hitler), viene internato nel carcere della Gestapo in Prinz-Achracht
Strasse a Berlino. Il 9 aprile 1945 viene impiccato nel campo di concentramento
di Flosseburg.
Opere: Sanctorum
Communio (1930), Atto ed essere(1931), Sequela (1937),
Vita comune (1938), Etica,
Resistenza e resa (1947).
DIETRICH BONHOEFFER, “Vita comune”, Queriniana,
Brescia 2003. Edizione critica in lingua tedesca as cura di G.L. Muller e A.
Schonherr. Postfazione di E. Bethge. Edizione italiana a cura di A. Gallas.
Traduzione dal tedesco di M.C. Laurenzi e G. Francesconi.
Ad un detenuto italiano che gli
chiedeva come lui, cristiano e pastore, potesse prender parte ad un complotto
che cercava la morte di Hitler,
Bonhoeffer rispose: “Quando un pazzo lancia la sua auto sul marciapiede, io
non posso, come pastore, contentarmi di sotterrare i morti e consolare le
famiglie. Io devo, se mi trovo in quel posto, saltare e afferrare il conducente
al suo volante”.
“In una cultura sempre più dominata dal nazionalismo, promosse l’internazionalismo delle chiese e dei popoli; in una società sempre più militarizzata nell’animo e negli arsenali, si dichiarò apertamente pacifista esortando i cristiani a “osare la pace per fede”; in una chiesa ancora fortemente caratterizzata in senso confessionale partecipò liberamente e attivamente alle iniziative degli organismi giovanili del movimento ecumenico; in mezzo a un popolo stregato da Hitler tanto da accettare supinamente il programma di annientamento del popolo ebraico concretamente avviato con il “paragrafo ariano” che escludeva dai pubblici uffici gli ebrei e tutti i cittadini di ascendenza ebraica anche remota, Bonhoeffer fu, tra i pochi oppositori a questa legge iniqua, uno dei più energici e intransigenti. Disse tra l’altro che una chiesa che avesse accettato e applicato al suo interno il “paragrafo ariano” avrebbe rinnegato il suo stesso principio costitutivo, quindi non sarebbe più stata una chiesa ma una sua diabolica contraffazione” (Paolo Ricca, pastore valdese).” ().
http://www.lankelot.eu/letteratura/bonhoeffer-dietrich-vita-comune.html
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