giovedì 25 febbraio 2010

Malthus

Thomas Robert Malthus (Roocherry, 13 febbraio 1766 – Bath, 23 dicembre 1834) è stato un economista e demografo inglese.
Malthus nacque in una famiglia benestante. Suo padre Daniel era un amico personale del filosofo David Hume e aveva contatti con Jean-Jacques Rousseau.
Il giovane Malthus fu educato a casa fino alla sua ammissione al Jesus College (Cambridge) nel 1784. Lì studiò molte materie e vinse premi in declamazione inglese, latino e greco. La sua materia preferita era però la matematica. Si laureò nel 1791 e nel 1797 fu ordinato pastore anglicano.
Malthus si sposò nel 1804 ed ebbe dalla moglie 3 figli.
Fu seppellito nella abbazia di Bath in Inghilterra.
Nel 1798 pubblicò An essay of the principle of the population as it affects the future improvement of society (Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società), in cui sostenne che l'incremento demografico avrebbe spinto a coltivare terre sempre meno fertili con conseguente penuria di generi di sussistenza per giungere all'arresto dello sviluppo economico, poiché la popolazione tenderebbe a crescere in progressione geometrica, quindi più velocemente della disponibilità di alimenti, che crescono invece in progressione aritmetica (teoria questa che sarà poi ripresa da altri economisti per teorizzare l'esaurimento del carbone prima, e del petrolio dopo).
Le sue osservazioni partono dallo studio delle colonie inglesi del New England, dove la disponibilità "illimitata" di nuova terra fertile ha permesso uno sviluppo "naturale" della popolazione con una progressione quadratica mentre, dove ciò non è possibile, si verificano periodiche carestie con conseguenti epidemie.
Per Malthus c'è, naturale, questa forma di controllo successivo. Da rigido pastore protestante ipotizza anche un "controllo preventivo" da parte dell'uomo, ma basata solo sulla "castità".
La teoria demografica di Malthus ispirò la corrente del malthusianesimo che sostiene il ricorso al controllo delle nascite per impedire l'impoverimento dell'umanità. Malthus pubblicò inoltre Investigazione delle cause del presente alto prezzo delle derrate (1800) e Saggio sulla rendita (1815), in cui formulò la teoria della rendita differenziale.
Questa teoria demografica naturalmente è andata incontro a varie critiche, esemplificate da Ralph Waldo Emerson, quando disse: "Malthus, affermando che le bocche si moltiplicano geometricamente e il cibo solo aritmeticamente, dimenticò che la mente umana era anch'essa un fattore nell'economia politica, e che i crescenti bisogni della società, sarebbero stati soddisfatti da un crescente potere di invenzione."
Malthus introduce il concetto di salario di sussistenza, cioè il livello medio del salario necessario per soddisfare le esigenze ritenute fondamentali. Secondo Malthus, fino al salario di sussistenza non ci si sposa, né si fanno figli.
Se esiste un sussidio, come quello derivante dalle Poor Laws, aumenta il reddito disponibile delle famiglie, oltre un livello di mera sussistenza. Di conseguenza i poveri tenderanno a procreare, facendo sì che aumenti la forza lavoro e quindi l'offerta di lavoro, portando quindi a una ulteriore diminuzione dei salari. Al contrario, quando il livello di vita scenderà sotto lo standard di vita ritenuto accettabile, i poveri smetteranno di fare figli e il salario tenderà a salire da solo. Questa teoria della sostanziale stabilità dei salari è accettata dai classici, che attribuiscono ciò a meccanismi di mercato. Lo stesso David Ricardo si rifà a tale teoria secondo cui i salari sono sostanzialmente stabili ad un livello storicamente dato, così come lo standard di vita medio.

lunedì 22 febbraio 2010

Cantico 4

1 Quanto sei bella, amica mia, quanto sei bella!
Gli occhi tuoi sono colombe,
dietro il tuo velo.
Le tue chiome sono un gregge di capre,
che scendono dal monte Gàlaad.
2 I tuoi denti come un gregge di pecore tosate,
che risalgono dal bagno;
tutte hanno gemelli,
e nessuna è senza figli.
3 Come un nastro di porpora le tue labbra
e la tua bocca piena di fascino;
come spicchio di melagrana la tua tempia
dietro il tuo velo.
4 Il tuo collo è come la torre di Davide,
costruita a strati.
Mille scudi vi sono appesi,
tutte armature di eroi.
5 I tuoi seni sono come due cerbiatti,
gemelli di una gazzella,
che pascolano fra i gigli.
6 Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
me ne andrò sul monte della mirra
e sul colle dell'incenso.
7 Tutta bella tu sei, amica mia,
e in te non c'è difetto.
8 Vieni con me dal Libano, o sposa,
con me dal Libano, vieni!
Osserva dalla cima dell'Amana,
dalla cima del Senìr e dell'Ermon,
dalle tane dei leoni,
dai monti dei leopardi.
9 Tu mi hai rapito il cuore,
sorella mia, sposa,
tu mi hai rapito il cuore
con un solo tuo sguardo,
con una perla sola della tua collana!
10 Quanto sono soavi le tue carezze,
sorella mia, sposa,
quanto più deliziose del vino le tue carezze.
L'odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi.
11 Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa,
c'è miele e latte sotto la tua lingua
e il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano.
12 Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa,
giardino chiuso, fontana sigillata.
13 I tuoi germogli sono un giardino di melagrane,
con i frutti più squisiti,
alberi di cipro con nardo,
14 nardo e zafferano, cannella e cinnamòmo
con ogni specie d'alberi da incenso;
mirra e àloe
con tutti i migliori aromi.
15 Fontana che irrora i giardini,
pozzo d'acque vivee ruscelli sgorganti dal Libano.
16 Lèvati, aquilone, e tu, austro, vieni,
soffia nel mio giardino,
si effondano i suoi aromi.
Venga il mio diletto nel suo giardino
e ne mangi i frutti squisiti.
1 Sono venuto nel mio giardino, o mia sorella, o sposa mia;
ho còlto la mia mirra e i miei aromi;
ho mangiato il mio favo di miele;
ho bevuto il mio vino e il mio latte.
Amici, mangiate, bevete, inebriatevi d'amore!

domenica 21 febbraio 2010

il Matrimonio Cristiano

o Il Santuario di Dio Mt 21,13 Gv 2,17 1Cor 3,16 Gv 14,23
Il parallelo con il nostro cuore
Date a Cesare quello che è di Cesare, quindi: qual è l’immagine che è impressa in te?
o “Così che non sono più due, ma una carne sola” o no? Mt 19, 3-9 Mal 2,13-16 Ef 5,31 1Cor 6,15s
o il Cantico dei Cantici Os 2, 4-25 Ez 16
o Alle nozze di Cana gli manca il vino! Gv 2, 3ss
o Il Libro di Tobia: la conformità dell’atto sessuale
o L’atto sessuale è il fondamento del matrimonio cristiano
Tre altari ha la famiglia cristiana: Eu.Me.Ta (curioso nome di un bruco giapponese che diventa una meravigliosa farfalla). Eucaristia, Mensa, Talamo, ma tutto si basa sull’amore di Cristo per la sua Chiesa
La dignità nel celebrare i sacramenti sui tre distinti altari
o La civiltà è anticristiana e distrugge la famiglia:
ha cominciando il suo attacco dalla donna ed oggi è già arrivato all’uomo
Ricostruire la famiglia è ricostruire la società
Cristo + Chiesa = Uomo + Donna Ef 5, 22-33
L’atto sessuale e la compartecipazione alla Creazione divina
La pornografia e la falsa libertà sessuale: trasgressione ad ogni costo
Gli sposi cristiani ricevono da Dio lo Spirito Santo e una grazia sacramentale per vivere bene (godere) il loro matrimonio vivendo una sessualità santa
Se nel matrimonio cristiano non ci fosse l’atto sessuale… ma chi ci resterebbe oltre un paio di mesi?
La donazione di sé stessi: quanta? Tanto, poco o tutto?
Controllo delle nascite, contraccezione, aborto, metodi naturali… insomma: la volontà di Dio o la tua? CCC2368,-69,-70
Il midrash di Miriam, sorella di Mosè
La Sacra Famiglia di Nazareth = immagine rivelata del matrimonio


Concetti secondari

o La mitosi cellulare: per la costruzione del nuovo DNA si ha dapprima la separazione (meiosi=riduzione) della cellula (ma è più corretto parlare del cromosoma) in due unità (gameti) spermatozoo e uovo; quando i due gameti s’incontrano avviene l’incrocio dei due patrimoni genetici (crossin-over) generando l’embrione; poi si ha la moltiplicazione (mitosi=riproduzione) della cellula madre (prima cellula diploide) in due cellule figlie e così via fino alla completa maturazione;
o La vita umana: per la nascita di una nuova vita il padre e la madre lasciano la loro rispettiva famiglia, compiono un vero e proprio salto nel buio (anche se all’anagrafe è chiamato “matrimonio”) e in grazia dell’atto sessuale concepiscono, gestano, fanno nascere, crescono, educano ed infine liberano nuove vite.
o La mitosi dei talenti Mt 25,14-30: 5 diventano 10, 2 diventano 4 e 1…? Sfuggire al “consumo” di questo mondo, per moltiplicarsi per Dio

Canto: Ave Maria

Catechesi “Magistero”

Catechesi “Trasmissione della Fede”

Preghiere + PaterNoster

Canto: Portami in cielo: offrire tutto a sé stessi o essere liberi di amare, come Cristo?

Litanie della Beata Vergine Maria

Signore, pietà
Cristo, pietà
Signore, pietà
Cristo, ascoltaci
Cristo, esaudiscici
O Dio, Padre celeste, abbi pietà di noi
O Dio, Figlio Redentore del mondo, abbi pietà di noi
O Dio, Spirito Santo, abbi pietà di noi
Santa Trinità, unico Dio, abbi pietà di noi
Santa Maria, prega per noi
Santa Madre di Dio, prega per noi
Santa Vergine delle vergini, prega per noi
Madre di Cristo, prega per noi
Madre della Chiesa, prega per noi
Madre della divina Grazia, prega per noi
Madre purissima, prega per noi
Madre castissima, prega per noi
Madre sempre vergine, prega per noi
Madre senza macchia, prega per noi
Madre degna d’amore, prega per noi
Madre ammirabile, prega per noi
Madre del buon consiglio, prega per noi
Madre del Creatore, prega per noi
Madre del Salvatore, prega per noi
Madre di misericordia, prega per noi
Vergine sapiente, prega per noi
Vergine degna di onore, prega per noi
Vergine degna di lode, prega per noi
Vergine potente, prega per noi
Vergine clemente, prega per noi
Vergine fedele, prega per noi
Modello di Santità, prega per noi
Sede della Sapienza, prega per noi
Fonte della nostra gioia, prega per noi
Tempio dello Spirito Santo, prega per noi
Tempio di Gloria, prega per noi
Modello di vera pietà, prega per noi
Capolavoro di carità, prega per noi
Gloria del popolo eletto, prega per noi
Fortezza contro il male, prega per noi
Splendore di grazia, prega per noi
Arca dell’Alleanza, prega per noi
Porta del cielo, prega per noi
Stella del mattino, prega per noi
Salute dei malati, prega per noi
Rifugio dei peccatori, prega per noi
Consolatrice degli afflitti, prega per noi
Aiuto dei Cristiani, prega per noi
Regina degli Angeli, prega per noi
Regina dei Patriarchi, prega per noi
Regina dei Profeti, prega per noi
Regina degli Apostoli, prega per noi
Regina dei Martiri, prega per noi
Regina dei Vergini, prega per noi
Regina di tutti i Santi, prega per noi
Regina concepita senza peccato originale, prega per noi
Regina assunta in cielo, prega per noi
Regina del Santo Rosario, prega per noi
Regina delle famiglie, prega per noi
Regina dei giovani, prega per noi
Regina della Pace, prega per noi
Agnello di dio che togli i peccati del mondo, perdonaci, o Signore
Agnello di Dio che togli i peccati del mondo ascoltaci ,o Signore
Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi
Prega per noi, Santa Madre di Dio e saremo degni delle promesse di Cristo.

Preghiamo.Infondi nel nostro spirito la tua Grazia o Padre; Tu che nell’annuncio dell’Angelo ci hai rivelato l’Incarnazione del tuo Figlio, per la sua passione e la sua croce, con l’intercessione della Beata Vergine Maria, guidaci alla gloria della resurrezione. Per Cristo nostro Signore. Amen.

il Santo Rosario

Il secondo metodo (con formula breve) proposto da S. Luigi M. Grignion de Montfort, per celebrare la vita, la morte e la gloria di Cristo e di Maria nella recita del santo Rosario e per diminuire le distrazioni.

Misteri della gioia (Lunedì e Sabato)

01. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù Incarnato.
02. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù che santifica.
03. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù che nasce povero.
04. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù offerto per noi.
05. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù, il Santo dei Santi.
Le grazie dei misteri della gioia discendano nelle nostre anime e le rendano veramente sante.
Misteri della luce (Giovedì)

06. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù che viene battezzato nel Giordano.
07. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù che cambia acqua in vino.
08. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù che annuncia il regno di Dio.
09. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù trasfigurato.
10. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù che si offre in sacrificio.
Le grazie dei misteri della luce discendano nelle nostre anime e le rendano veramente aperte a ricevere la luce.
Misteri del dolore (Martedì e Venerdì)

11. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù agonizzante.
12. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù flagellato.
13. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù coronato di spine.
14. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù carico della croce.
15. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù crocifisso.
Le grazie dei misteri del dolore discendano nelle nostre anime e le rendano veramente costanti nelle prove.
Misteri della gloria (Mercoledì e Domenica)

16. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù risorto.
17. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù asceso al cielo.
18. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù che ti colma di Spirito Santo.
19. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù che ti libera dalla morte.
20. ... e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù che t’incorona di gloria.
Le grazie dei misteri della gloria discendano nelle nostre anime e le rendano beate per l’eternità.

Brevi introduzioni ai Canti

Abbà Padre: Nessuno conosce il Padre, se non il Figlio. Se in Gesù Cristo, fratelli, siamo rinati dall’alto; se lo Spirito di Gesù Cristo, Figlio del Padre, vive in noi, cantiamo a Dio nostro Padre.

Verso te, o Città Santa: La Chiesa, Popolo di Dio, canta, nel suo peregrinare verso il Padre, la sua fede e la sua speranza

Magnificat: L’attesa anelante di tutta l’umanità, è stata riassunta in questa donna meravigliosa. Ella fu ascoltata e conobbe l’altissimo; dunque esulta di gioia e canta una benedizione che oggi, adesso, facciamo nostra, compiendo la sua profezia di chiamarla beata.

Yahvè, tu sei il mio Dio: Benediciamo Jahvé con la chitarra a sei corde, perché viene a distruggere la morte, a consolare la nostra tristezza. Già viene il resto, già si sentono i poveri.Usciamo dal nostro egoismo per accoglierete Dio che viene.

Ecco qui, io vengo presto: E’ Cristo stesso colui che risponde nell’Apocalisse alle nostre suppliche per la sua definitiva venuta. Lui ha messo le sue parole nella nostra bocca: "Cantiamo pieni di gioia a colui viene..."

La marcia è dura…: Uniti nello spirito agli oppressi di questo mondo, in questa ora difficile,cantiamo la loro salvezza e quella di tutti noi che camminiamo per questo deserto verso la terra promessa.

Vieni in cerca del tuo servo: Giunga fino a te il mio gemito, le mie labbra intonano un canto: ascolta la mia voce, Anima mia Gesù!

Canterò a Yahvè: Nel combattimento giornaliero contro gli spiriti del male di questo mondo, chiamiamo in nostro soccorso Dio, che è amore e salvezza, affinché ci mostri il suo volto e ci salvi dalla morte.

Salmo 51 : Fratelli, diamo Gloria a Dio; anatematizzando il peccato nel nostro cuore, riconosciamoci peccatori e chiedendo a Dio: "Misericordia, abbi pietà di me, misericordia".

Amen amen amen: "Sono quelli che vengono dalla gran tribolazione".San Giovanni nella sua Apocalisse vede noi nell’atto di entrare nel Santuario del Padre vestendo tuniche bianche e agitando rami di palma con le mani. Entriamo oggi, adesso, nel Santuario celeste e cantiamo con gli angeli e i santi: Amén. Amén. Amén.

Lo Spirito del Signore è sopra di me: Cristo [, la testa,] applica su di sé la profezia di Isaia; oggi, noi, corpo suo unto dal suo proprio spirito, cantiamo la salvezza degli oppressi.

Inno alla Carità: Cantiamo i segni dell’AMORE del nostro Padre indirizzati a noi, pienezza di Cristo in noi.

Grazie a Yahvè: Eretz zavat chalav, chalav u-d'vash significa "la terra dalla quale sgorgano latte e miele"

Pater Noster

Pater noster qui est in caelis
sanctificetur nomen tuum
veniat regnum tuum
fiat voluntas tua
sicut in caelo et in terra
panem nostrum supersubstantialem da nobis hodie
dimitte nobis debita nostra
sicut et nos dimisimus debitoribus nostris
et ne inducas nos in temptationem
sed libera nos a malo


Padre nostro che sei in cielo,
fa' che tutti ti riconoscano come Dio,
che il tuo regno venga,
che la tua volontà si compia
in terra come in cielo.
Dacci oggi il nostro pane necessario.
Perdona le nostre offese
come noi perdoniamo a chi ci ha offeso.
Fa' che non cadiamo nella tentazione,
ma liberaci dal maligno


Nôtre Père qui es dans les cieux,
Que ton Nom soit sanctifié,
Que ton Règne vienne,
Que ta volonté soit faite
Sur la terre comme au ciel.
Donne nous aujourd’hui notre pain quotidien.
Remets-nous nos dettes
Comme nous-mêmes avons remis à nos débiteurs.
Et ne nous soumets pas à la tentation;
Mais délivre-nous du Mauvais

Maria “Trono della Misericordia”

“Oggi la Chiesa, lavata dalla colpa nel fiume Giordano (come Naaman il Siro, ndr.), si unisce a Cristo, suo Sposo (il mistero dell’Incarnazione, ndr.); accorrono i Magi con doni alle nozze regali, e l’acqua cambiata in vino rallegra la mensa (le nozze di Cana, ndr.), Alleluia.” (antifona al Benedictus del giorno dell’Epifania)
Non è stato facile approfondire questo titolo di Maria, perché la definizione “Trono della Misericordia” così com’è detta non si applica a Maria bensì a Gesù Cristo e, se proprio si vuol essere almeno un po’ precisi, a Gesù Cristo crocifisso.
L’arte pittorica è quella che maggiormente ha rappresentato la regalità, la gloria del Cristo che nel suo sacrificio compie la misericordia divina ed esistono diversi esempi, benché non di grande risonanza né di alto lignaggio, anche a breve distanza dalle nostre parti (nelle Marche, p.e.).
Generalmente, e anche un po’ semplicisticamente, potremmo descrivere una per tutte queste pitture nella quale trovare un grande crocifisso con Gesù agonizzante al centro di una scena che può includere anche Maria e Giovanni, ma sulla quale sovrasta l’immagine, raramente utilizzata, del Dio padre che sembra offrire, guardandoti negli occhi, il suo unico Figlio, morto per la mia e tua redenzione.
Altrettanto genericamente si può affermare che la collocazione tipica di questo dipinto è l’abside, che da dietro e dall’alto campeggia sull’assemblea e, ancorpiù misticamente, sull’altare della consacrazione, vero e proprio trono del Gesù Cristo Agnello di Dio, che si fa cibo per ogni uomo.
E allora: Maria?
Maria ci può stare di diritto in questa definizione, può giustamente essere chiamata Trono della Misericordia di Dio, perché quel Gesù Cristo che è la visibilizzazione e la forza redentrice della misericordia divina ha avuto necessità di un luogo speciale, umano ma reso divino, unico tra tutte le creature nel quale essere accolto, maturare, nascere e crescere fino all’età adulta.
Dice un giorno una donna a Gesù che passava tra le folle: “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte” (Lc 11, 27): ecco, ammiriamo questo ventre, questo quasi divino contenitore, che accoglie la misericordia di Dio fatta uomo.
Ammiriamolo, veneriamolo, perché Maria è il Trono della Misericordia sul quale prima il Creatore poi il Figlio unigenito si siedono per regnare sopra i giusti e giudicare i malvagi.
Un buono spunto per capire meglio questo titolo di Maria l’abbiamo trovato tra gli scritti di un teologo protestante (si, proprio così), Martin Cunz, il quale ha pubblicato un saggio su Maria e sull’ecumenismo per le edizioni Dehoniane, a cura del Segretariato per le Attività Ecumeniche.
Dopo una breve e non approfondita conoscenza delle “problematiche” protestanti, mi si è aperto dinanzi un mondo che proprio non conoscevo. E’ stata una grande novità scoprire che noi cristiani cattolici veniamo dai protestanti accusati di divinizzare Maria, e che questo è motivo di grandi contrasti quasi quanto il primato di Pietro. Ma è stato altrettanto sorprendente scoprire che Lutero e Zwingli non chiudevano i loro sermoni senza aver recitato l’Ave-Maria !
E che dire poi della cultura ebraica, cioè dell’ambiente naturale di Maria, nel quale è cresciuta e vissuta?
Sì, forse noi cattolici la divinizziamo un po’, ma è pur vero che non è la quarta persona, quella da aggiungere alla Trinità. Non c’entra niente, non si può paragonare né con Dio, né con lo Spirito e nemmeno con il Cristo, perché è solo una creatura, sicuramente speciale, ma fatta di carne.
Però è vero che è la “creatura che ha concepito il Signore”.
Ed è vero che è la più bella e desiderabile materializzazione dello Spirito Santo.
Ed è anche vero che è il tramite per giungere a Cristo, il canale privilegiato per le nostre suppliche di misericordia: Maria è la figura dell’azione dello Spirito. Maria è tutto ciò che lo Spirito fa: la realizzazione di Dio negli uomini.
Questo miracolo non è stato solo duemila anni fa, ma anche in ogni generazione e in ogni singola donna e in ogni singolo uomo.
In effetti Maria non soltanto crede nel suo figlio, non parla solo del Redentore e nemmeno lo celebra e basta. Lei lo concepisce, lo realizza; ne condivide il destino e tutta la sua vita.
Perché l’incarnazione non è terminata, non si è esaurita in Gesù: Cristo non può stare santamente chiuso nei tabernacoli ma vuol vivere in noi e in mezzo a noi. In diversi passi dei Vangeli afferma di volerci far partecipi della sua stessa vita, vuole farci consorti di quello che lui è.
Ecco chi è Maria: per il suo corpo e la sua anima passa e viene a noi, con noi, si sposa con noi, Gesù Cristo cioè la immensa Misericordia di Dio, quella con la maiuscola.

Quando il Dio d’Israele fa irruzione nella vita di Maria lo fa in un modo concretissimo. Lo Spirito Santo viene ad abitare nel suo corpo. Ecco come la Misericordia di Dio trova il suo Trono. Lo Spirito agisce fisicamente, trasforma i corpi, li cerca ancora prima delle anime. In effetti l’anima vive solo se il corpo è trasfigurato in tempio del Dio vivente: la redenzione, la conversione o è fisica o si tratta di chiacchiere!
La conversione richiede indispensabilmente, obbligatoriamente, di offrire noi stessi, cioè i nostri corpi in a Dio in sacrificio vivente.
Il Vangelo di Giovanni 1,14 dice: “il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria”.
E il canto dei bambini che facciamo dice: “C’erano due angeli, uno all’altro domanda: dov’è il luogo della gloria di Dio?” Questo mondo, questa generazione (come siamo abituati a sentire) ha bisogno di vedere la gloria di Dio nella carne umana!
Maria Trono della Misericordia.
Maria è stata capace di lasciar agire lo Spirito.
Ha permesso che la Parola di Dio divenisse parte di lei, così come un bimbo diventa parte di sua madre.
E Maria è Madre della Misericordia.
Perché è madre in virtù della misericordia di Dio… e chi potrebbe essere eletto “madre del Redentore”, chi avrebbe mai le carte in regola? Chi avrebbe mai una simile presunzione: considerarsi puro, santo…
E poi Maria è madre di misericordia, così come ogni madre che riceve in sé un bambino: lo accetta senza condizioni. Misericordia e non pietà.

Prima di lasciare campo alla Parola di Dio, vogliamo consegnarvi due o tre brevissimi spunti di riflessione che arrivano direttamente dalla tradizione ebraica.
Un midrash (un racconto) dice: Quando Dio si mise a creare l’uomo, gli angeli (per la verità un po’ invidiosi a causa del nostro libero arbitrio) protestarono e dissero: “non creare l’uomo. Egli trasgredirà le tue leggi e, per conseguenza, dovrai distruggerlo!”. Allora Dio, prima di creare l’uomo, creò la teshuvà (il ritorno) e, alzandosi dal trono della rigidità e della coerenza (cioè dal luogo dal quale aveva dato ordine e forma al caos primordiale), si sedette sul trono della misericordia e creò l’uomo.
Noi uomini siamo veramente benedetti: l’uomo può peccare, ma può anche ritornare, cercare la vita anziché la morte: ecco la misericordia che rende l’uomo somigliante a Dio!
Solo piante, animali e angeli sono “coerenti”, non trasgrediscono mai i loro confini e le loro leggi.
Ma è stupefacente quest’espressione, quest’azione, così netta e precisa che sembra di vederla: Dio si siede sul trono della misericordia.
Perché Dio la creazione l’ha già fatta e l’uomo esiste; e quindi già esiste la misericordia.
Ma Dio continua e sceglie una sua creatura, la rende pura fin dalla nascita, e da lei, con lei, dentro di lei genera la misericordia fatta carne ed ossa.
Maria concepisce e dà alla luce Gesù Cristo. E questo è già la grandissima misericordia di Dio.
La Chiesa, nostra madre come lo è stata Maria, dà alla luce i cristiani. E questo è l’immensa misericordia di Dio: noi esseri umani viviamo grazie all’incoerenza di Dio; ma che motivo aveva Lui, il Creatore, di pregare una semplice donna di riceverlo?
E Maria? Che motivo aveva di rinunciare alla sua propria coerenza, a tutti i suoi progetti e a tutti i princìpi, per donare a Dio la misericordia che solo lei poteva donargli, perché “Piena, colma, di Grazia”?

i Discepoli di Emmaus

(Luca 24,13-35) 13 Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14 e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15 Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: “Che cosa sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?”. Si fermarono, col volto triste; 18 uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?”. 19 Domandò loro: “Che cosa?”. Gli risposero: “Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23 e non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto”. 25 Disse loro: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26 Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. 27 E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
28 Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno ormai è al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32 Ed essi dissero l’un l’altro: “Non ci ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”. 33 Partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”. 35 Essi poi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

--------------------------------------------------------
Scena 1

· I discepoli camminano lungo una strada in discesa
· Il narratore legge:
Ed ecco in quello stesso giorno,
il primo dopo il Sabato,
due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus,
distante circa undici chilometri da Gerusalemme,
e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto.

I discepoli continuano a camminare e si vede Gesù che camminando si aggiunge a loro.

· Contemporaneamente il narratore legge:
Mentre conversavano e discutevano insieme,
Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro.

· I discepoli continuano a parlottare, mentre Gesù ascolta e cammina
· Il narratore legge:
Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro:

· Comincia un dialogo a tre, il discepolo Cleopa, Gesù e il narratore
Gesù: Che cosa sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?

Narratore: Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose:

Cleopa: “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme!
Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?”.
Narratore: Gesù domandò loro:
Gesù: “Che cosa?”.
Narratore: Gli risposero:
Cleopa: Ciò che riguarda Gesù,
il Nazareno,
che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo;
come capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso.
Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele;
con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.
Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti;
si sono recate al mattino alla tomba
e non avendo trovato il suo corpo,
sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli,
i quali affermano che egli è vivo.

L’altro discepolo: Alcuni dei nostri sono andati alla tomba
e hanno trovato come avevano detto le donne,
ma lui non l’hanno visto”.

Gesù: Stolti
e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!
Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?

Narratore: E Gesù, cominciando da Mosè e da tutti i profeti,
spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti,
egli fece come se dovesse andare più lontano.
Ma essi insistettero.

Cleopa: Resta con noi perché si fa sera e il giorno ormai è al tramonto

i Frutti dello Spirito Santo

  • Quando lo SS inabita l’anima produce oltre alla grazia abituale, due facoltà soprannaturali che sono le virtù e i doni.
    Queste due facoltà permettono all’anima di produrre frutti e beatitudini.
Spirito Santo

Virtù: capacità personale che Dio esalta con il suo Spirito
  • Dono: intervento gratuito di Dio in un’anima docile

  • Dalle virtù scaturiscono i frutti; dai doni scaturiscono le beatitudini.
    I frutti sono atti virtuosi giunti ad una certa perfezione e che riempiono l’anima di santo gaudio
    Le beatitudini saranno invece l’ultima corona dell’opera divina in noi; sono in effetti anch’esse frutti dello SS ma di una tale perfezione che già da sole danno l’immagine di come sarà la Beatitudine Celeste
    • Virtù: le umane capacità, le quali possono essere tutte esaltate da Dio
    • Doni: i 7 doni dello SS: Sapienza, Intelligenza, Consiglio, Fortezza, Conoscenza, Pietà, Timore del Signore; così come li individua anche il profeta Isaia (Is. 11, 2)
    I doni perfezionano le virtù:
    • il consiglio perfeziona la prudenza
    • la pietà perfeziona la religione e la giustizia
    • il timore perfeziona la temperanza
    • la sapienza e l’intelligenza perfezionano la fede
    • il timore perfeziona la speranza
    • la conoscenza perfeziona la carità
    I frutti sono quindi atti virtuosi giunti a parziale maturazione: c’è il potenziale, c’è l’energia, ma dev’essere sprigionata.

    San Paolo (Ef 4,2 ; Col 3,12 ecc.), senza peraltro fissare alcuna regola, elenca 9 frutti:
    carità pazienza fedeltà
    gaudio mansuetudine dolcezza
    pace bontà temperanza

    San Pietro, d’altro canto (2 Pt 1, 1-11), afferma che la gloria e la potenza di Dio (a noi manifestata in Cristo) ci hanno fatto donato beni grandissimi: “…mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità. Se queste cose si trovano in abbondanza in voi, non vi lasceranno oziosi né senza frutto per la conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo”.

    I frutti si ottengono coltivando virtù e doni, e con i frutti arriveranno anche le beatitudini, preludio della Beatitudine eterna. Gesù Cristo nel Sermone della montagna (Lc 6, 20-35; Mt 5, 1-12) riduce le beatitudini a queste 8 fondamentali:
    povertà di spirito dolcezza lacrime fame e sete di giustizia misericordia
    purezza di cuore pazienza nelle persecuzioni
    …ma non ce n’è una quantità limite.

    Colui che desidera e riesce a coltivare i doni dello SS dentro di sé approda a quella che si chiama Via Unitiva Semplice. Con l’aiuto e la presenza dello SS si possono infatti praticare le virtù morali e teologali le quali hanno il potere di trasformare la nostra natura da carnale a divina. Ma soprattutto l’anima giunge ad una tale condizione di arrendevolezza e docilità che lo SS se ne impossessa e vi opera liberamente.

    Le tre virtù teologali

    1. Fede
    2. Speranza
    3. Carità.


    Le quattro virtù cardinali

    1. Prudenza
    2. Giustizia
    3. Fortezza
    4. Temperanza.

    I sette doni dello Spirito Santo

    1. Sapienza
    2. Intelletto
    3. Consiglio
    4. Fortezza
    5. Scienza
    6. Pietà
    7. Timor di Dio.

    I dodici frutti dello Spirito Santo

    1. Amore
    2. Gioia
    3. Pace
    4. Pazienza
    5. Longanimità
    6. Bontà
    7. Benevolenza
    8. Mitezza
    9. Fedeltà
    10. Modestia
    11. Continenza
    12. Castità.

    La Perfetta Letizia

    CAPITOLO OTTAVO DEI FIORETTI
    COME ANDANDO PER CAMMINO SANTO FRANCESCO E FRATE LIONE,
    GLI ESPOSE QUELLE COSE CHE SONO PERFETTA LETIZIA

    Venendo una volta santo Francesco da Perugia a Santa Maria degli Angeli con frate Leone a tempo di verno, e il freddo grandissimo fortemente il cruciava, chiamò frate Leone il quale andava un poco innanzi, e disse così: "Frate Leone, avvegnadio ch’e frati minori in ogni terra dieno grande esempio di santità e buona edificazione, nondimeno scrivi, e nota diligentemente, che non è ivi perfetta letizia".
    E andando più oltre, santo Francesco il chiamò la seconda volta: "O frate Leone, benché ‘l frate minore illumini i ciechi, distenda gli attratti, cacci i demoni, renda l’udire a’ sordi, l’andare a’ zoppi, il parlare a’ mutoli e (maggior cosa è) risusciti il morto di quattro dì, scrivi che non è in ciò perfetta letizia".
    E andando un poco, santo Francesco grida forte: "O frate Leone, se ‘l frate minore sapesse tutte le lingue e tutte le scienzie e tutte le scritture, sì ch’e sapesse profetare e rivelare non solamente le cose future, ma eziandio i segreti delle coscienzie e degli animi, scrivi che non è in ciò perfetta letizia".
    Andando un poco più oltre, santo Francesco ancora chiamò forte: "O frate Leone, pecorella di Dio, benché ‘l frate minore parli con lingua d’angeli e sappi i corsi delle stelle e le virtù dell’erbe e fossongli rivelati tutti i tesori della terra e cognoscesse le nature degli uccelli e de’ pesci e di tutti gli animali e degli uomini e degli arbori e delle pietre e delle radici e dell’acque, scrivi che non ci è perfetta letizia".
    E andando anche un pezzo, santo Francesco chiama forte: "O frate Leone, benché ‘l frate minore sapesse sì bene predicare, che convertisse tutti gl’infedeli alla fede di Cristo, scrivi che non è ivi perfetta letizia".
    E durando questo modo di parlare bene due miglia, frate Leone con grande ammirazione il domandò, e disse: "Padre, io ti prego dalla parte di Dio, che tu mi dica ove è perfetta letizia". E santo Francesco gli rispuose. "Quando noi giugneremo a Santa Maria degli Angeli, così bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo e infangati di loto e afflitti di fame, e picchieremo la porta del luogo, e '1 portinaio verrà adirato e dirà: "Chi siete voi?" e noi diremo: "Noi siamo due de' vostri frati" e colui dirà: "Voi non dite vero: anzi siete due ribaldi, che andate ingannando il mondo e rubando le limosine de' poveri; andate via", e non ci aprirà, e faracci stare di fuori alla neve e all'acqua, col freddo e colla fame, infino alla notte; allora, se noi tante ingiurie e tanta crudeltà e tanti commiati sosterremo pazientemente sanza turbazione e sanza mormorazione, e penseremo umilemente e caritativamente che quel portinaio veracemente ci cognosca e che Iddio il faccia parlare contra noi, o frate Leone, scrivi che ivi è perfetta letizia.
    E se noi perseverremo picchiando, ed egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gotate, dicendo: "Partitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, ché qui non mangerete voi, ne albergherete"; se noi questo sosterremo pazientemente e con allegrezza e con buono amore o frate Leone, scrivi che qui è perfetta letizia
    E se noi, pur costretti dalla fame e dal freddo e dalla notte, più picchieremo e chiameremo e pregheremo per l'amor di Dio con gran pianto che ci apra e mettaci pur dentro: e quelli più scandalezzato dirà "Costoro sono gaglioffi importuni; io gli pagherò bene come sono degni" e uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e piglieracci per lo cappuccio e gitteracci in terra e involgeracci nella neve e batteracci a nodo a nodo con quello bastone se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali noi dobbiamo sostenere per lo suo amore: o frate Leone, scrivi che in questo è perfetta letizia.
    E però odi la conclusione, frate Leone. Sopra tutte le cose e grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per l'amor di Cristo sostenere pene, ingiurie, obbrobri, disagi. Però che in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare, però che non sono nostri ma di Dio; onde dice l'apostolo: "Che hai tu, che tu non l'abbi da Dio? e se tu l'hai avuto da lui, perché te ne glorii, come se tu l'avessi da te?"
    Ma nella croce della tribolazione e della afflizione ci possiamo gloriare, però che questo è nostro E però dice l'apostolo "Io non mi voglio gloriare se non nella croce del nostro signore Gesù Cristo"'.
    Al quale sempre sia onore e gloria in saecula saeculorum. Amen.

    Digiuno

    Digiuno e astinenza: da sempre fondamento della vita cristiana, insieme alla preghiera e all’elemosina e con tutte le altre opere di carità.

    Il cristiano ha un bisogno permanente di conversione, di richiesta di perdono, di supplica per l’aiuto divino e anche di rendimento di grazie e lode al Padre, ma questa pratica è radicata nel popolo eletto: il rabbino Toaff scampato dal campo di prigionia torna a casa, saluta e abbraccia tutti, poi fanno festa cominciando con un giorno di digiuno!

    Festa dello Yom-Kippur: cosa significa, come comincia e come si conclude, ovvero: non c’è sincera gioia senza vera conversione
    Il 1° giorno di Tishrì, il nostro settembre-ottobre, si apre l’anno ebraico con la festa di Rosh-ha-Shana, giorno extra lungo di festa che si celebra in tutto il globo terrestre cosicché dura effettivamente 48 ore. Poi s’iniziano i giorni della penitenza, confessione ed astinenza, che raggiungono il culmine il 10 di Tishrì con lo Yom-Kippur, il giorno della purificazione: 25 ore di digiuno completo. Un agnello verrà quindi caricato di tutti i peccati del popolo eletto e sarà scacciato fuori dalla città per andare a morire nel deserto.

    Al giorno d’oggi, parlare di preghiera, elemosina e digiuno sembra a dir poco anacronistico. La nostra società vive il consumismo. Siamo passati nel breve periodo dalla necessità di soddisfare i primordiali bisogni (mangiare, bere, avere buona salute, tenore di vita adeguato e sufficiente…) all’appropriarsi di tutto ciò che ti capita a portata di mano, perché è tuo e nessuno si azzardi a togliertelo!
    L’uomo di oggi ha un’unica ragione di essere: “pancia mia fatti capanna”.
    Ma nella penitenza c’è il pieno coinvolgimento dell’uomo nella sua totalità di corpo e spirito, perché l’uomo ha necessità del cibo, ma può anche solo pregare. L’uomo si appropria delle cose, ma sa anche farne dono; l’uomo vuol godere, possedere, è egoista, ma sente forte in sé l’esigenza di solidarietà che lo lega a tutto il resto del genere umano.
    Ecco che digiuno ed astinenza non sembrano più forme di disprezzo del proprio corpo, ma diventano strumenti per rinvigorire ed elevare lo spirito; ed uno spirito così nutrito sa esaltare e dare forza a tutta la persona.

    Certo il digiuno e l’astinenza mostrano il carattere forte della Chiesa contro consumismo ed edonismo e sconcertano il mondo e forse anche molti degli stessi battezzati, ma …

    Se guardiamo a Gesù, se facciamo riferimento a lui, troviamo che il suo ministero pubblico si apre con l’investitura dello Spirito Santo e con le tentazioni del deserto. Però non possiamo credere che quella sia stata la prima volta che un così pio ebreo, conoscitore ed osservante della Legge abbia sperimentato questa pratica devozionale.
    Tutti i gran dottori, dai farisei in giù in giù, praticavano, anzi ostentavano due giorni a settimana di digiuno da cibi e bevande; e non dimentichiamoci quelle offerte e quelle elemosine sonanti perché fatte a braccia tese, davanti a tutti…
    Ecco, allora, che se Gesù sembra poco incline al digiuno e non vi obbliga neanche i suoi discepoli, è solo perché quello che vede pomposamente esibito dai dottori e dai sapienti è solo esteriorità e niente cuore.

    La pratica del digiuno, così come quella dell’elemosina e della preghiera, non è una novità portata da Gesù:
    egli rimanda all’esperienza religiosa del popolo d’Israele, dove il digiuno è praticato come momento di professione di fede nell’unico vero Dio, fonte di ogni bene, e come elemento necessario per superare le prove alle quali sono sottoposte la fede e la fiducia nel Signore.
    Mosè ed Elia si astengono dal cibo per prepararsi all’incontro con Dio (Cfr. Es 34,28; 1 Re 19,8). La coscienza del peccato, il dolore e il pentimento, la conversione e l’espiazione, pur manifestandosi in molteplici modi, trovano nel digiuno la loro espressione più naturale e immediata (Cfr. 1Sam 7.6). Le celebrazioni penitenziali, in tempo di gravi calamità e nei momenti decisivi dell’Alleanza fra Dio e il suo popolo, comportano anche l’indizione di un solenne digiuno per l’intera comunità (Cfr.GI 2,12-18; Ne 8,13-9,2). A rendere più intensa l’implorazione della preghiera, Israele ricorre alla prostrazione fisica che segue alla rinuncia del cibo (Cfr. Ne 1,4; 2Cr 20,3; 2Mc 13,12; Dn 9,3). Privandosi del cibo, alcuni protagonisti della storia del popolo d’Israele riconoscono i limiti della loro forza umana e si appellano alla forza di Dio, che solo li può salvare (Cfr. Gdt 8,6; Est 4,3.16).
    E tuttavia anche nelle pratiche di digiuno, come in ogni espressione della religiosità, si possono annidare molte insidie: l’autocompiacimento, la pretesa di rivendicare diritti di fronte a Dio, l’illusione di esimersi con un dovere cultuale dai più stringenti doveri verso il prossimo. Per questo il profeta denuncia la falsità del formalismo e predica il vero digiuno che il Signore vuole:
    «Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo... Dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri, senza tetto, vestire uno che vedi nudo» (Is 58,6-7).
    C’è dunque un intimo legame fra il digiuno e la conversione della vita, il pentimento dei peccati, la preghiera umile e fiduciosa, l’esercizio della carità fraterna e la lotta contro l’ingiustizia: «Buona cosa è la preghiera con il digiuno e l’elemosina con la giustizia» (Tob 12,8).

    Sicuramente Gesù Cristo sapeva come digiunare e nessun uomo al di fuori di lui avrebbe potuto assumere quei quaranta giorni di tentazione nel deserto. Tuttavia quando si tratta di prendere pubblica posizione sul digiuno, sull’astinenza e sulla giusta devozione, Gesù non manca di far sentire la sua voce.
    Dal Vangelo di Marco 11, 18-22:
    “Discussione sul digiuno
    18 Ora i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». 19 Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. 20 Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno. 21 Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. 22 E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi».”

    Del resto Gesù si esprime sempre in modo categorico, come in Matteo 12, 1-8:
    “Le spighe strappate
    1 In quel tempo Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano. 2 Ciò vedendo, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato». 3 Ed egli rispose: «Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni? 4 Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti? 5 O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa? 6 Ora io vi dico che qui c'è qualcosa più grande del tempio. 7 Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato individui senza colpa. 8 Perché il Figlio dell'uomo è signore [anche] del sabato».”

    L’adesione a Cristo morto e risorto e la fedeltà al dono della vita nuova e della vera libertà esigono la lotta contro il peccato che inquina il cuore dell’uomo, e contro tutto ciò che al peccato conduce: di qui la necessità della rinuncia. «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi» (Gal 5,1).

    Guarda come Gesù Cristo insiste sul paragone dell’abito: vangelo della 28° Dom. T.O.A
    Scrutare “Misericordia io voglio e non sacrificio…”

    Kerygma di kiko a Perugia: portami in cielo, perché il morire è certamente migliore


    La dottrina e la pratica del digiuno e dell’astinenza sono quindi state sempre presenti nella vita della Chiesa da quando il suo Sposo, tornando al Padre, l’ha lasciata nelle mani dello Spirito consolatore. I più antichi monaci già stigmatizzavano e fissavano la privazione del cibo, la semplicità dei pasti e della vita, la ricerca di una sazietà “differente” come regole per molti tempi dell’anno liturgico.
    Certo si doveva consumare un solo pasto nella giornata, meglio se dopo il tramonto, ma bisognava nutrirsi alternativamente, compensare una carenza con un altra sostanza: la parola di Dio e l’elemosina, come insegnano – tra i tanti - Sant’Ambrogio e Sant’Agostino.
    Dunque l’astensione dal cibo è sempre unita all’ascolto e alla meditazione della parola di Dio, alla preghiera e all’amore generoso verso coloro che hanno bisogno. In questo senso San Pietro Crisologo afferma: «Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia» (11).
    Nel IV secolo prende corpo anche l’organizzazione del tempo della Quaresima per i catecumeni e per i penitenti. Questo viene proposto e vissuto come cammino di preparazione alla rinascita pasquale nel Battesimo e nella Penitenza (12) e quindi è orientato verso il Triduo pasquale, centro e cardine dell’anno liturgico che celebra l’intera opera della redenzione e che costituisce l’itinerario privilegiato di fede della comunità cristiana (13). Per questo San Leone Magno può dire che il vero digiuno quaresimale consiste «nell’astenersi non solo dai cibi, ma anche e soprattutto dai peccati». (14)

    Servo di Jahvè, 1° parte - altra

    Catechesi sul Servo di Jahvè
    1° parte, da pag. 350 a 361 (fino a “Vorrei dirvi una cosa”)


    Questa sera a ciascuno di voi verrà chiesto se vuol seguire oppure no questo cammino, e qual è la vostra esperienza di queste catechesi. Coloro che vorranno continuare inizieranno un cammino serio verso una fede adulta.
    In effetti quest’oggi diremo qual è la missione di questo cammino e qual è la missione della Chiesa.
    Facciamo un quadro delle catechesi che abbiamo ascoltato in questo tempo.
    1. non è esaurito il tema, adesso, quando siamo al termine delle catechesi: in effetti il risultato, lo scopo di questa evangelizzazione, cioè aiutare la gente a far ritorno al Padre, lo possiamo intravedere, ma quel che avverrà con voi, quello che lo Spirito Santo ha instillato in ciascuno di voi non è così scontato che oggi sia chiaro.
    2. D’altronde la nostra funzione come catechisti è solo quella di farvi aprire gli occhi, noi siamo quello straccio che pulisce il vetro appannato. Ma per voi c’è davanti un meraviglioso panorama: da quella finestra si vede il lago, la montagna, si vede tutto un mondo intero
    3. Per chi deciderà di cominciarlo, il cammino comincerà adesso
    4. Non è importante, non succede niente se qualcuno non vuol lasciarsi nelle mani di Dio perché…: come, dicevamo alla catechesi sulla missione della Chiesa, non è importante che tutta la pentola sia sale, ma che ci sia il sale nella pentola
    Vi abbiamo presentato molti argomenti, nelle catechesi che abbiamo fatto, ma li possiamo riassumere tutti in questo semplice schema:
    • La Parola annunciata è il Kerygma, la Buona Notizia, e abbiamo ascoltato come da Abramo, all’Esodo e su su fino a Gesù Cristo questa Parola sia la storia della nostra salvezza
    • Liturgia è stata la nostra risposta a questa Parola: prima di tutto la celebrazione penitenziale, non un rito né una faccendona da sbrigare tipo ”Don Gianluca, ce l’ha 5 minuti? mi volevo confessare”; poi la celebrazione della Parola e la consegna della Bibbia; e ieri sera l’Eucaristia, ricca di segni e viva come non mai.
    • Tutto questo periodo, infine, denso di riunioni, di dialogo (questionari, domande ecc.) e di agapi ci ha introdotti in una “Convivenza” che è l’embrione della Comunità che si può raggiungere.
    Tutte e tre queste cose, ma soprattutto la Parola, ve l’abbiamo potuta dare come aperitivo, come assaggio (indica la Bibbia: è tanto grande): perciò, se vi è piaciuta, allora inizieremo presto il pranzo vero e proprio che sarà il Catecumenato.
    I tempi? I tempi non ci appartengono. Sappiamo tutti che non è sicuro se domani vivremo o no, perciò non trasformiamo questo in un problema: guardiamo alla garanzia, cioè alla Vita Eterna che possiamo avere senza sforzo. (chiarire un po’ …).

    Concretamente forse oggi non lo capisci e ti arrabbi quando senti dire “amore al nemico” o “metti la tua vita nelle mani di Dio”. Ma noi ti diciamo che questo è possibile perché lo farà Dio per te, lo farà con ciascuno di noi che lo desideri, perché lo farà lo Spirito di Dio… e dove lo puoi trovare lo Spirito Santo se non dentro la Chiesa?
    Veramente: qui non si chiede a nessuno di voi, come anche successe a noi, “dammi la tua parola d’onore che da oggi t’impegnerai a fare questo e quest’altro”. NO, niente affatto!
    Noi, al massimo, siamo consapevoli di aver insistito – a fin di bene – affinché voi partecipando a tutte le catechesi, ne abbiate avuto il quadro completo; niente di più.
    E in queste catechesi vi abbiamo chiarito la situazione attuale della Chiesa, che è passata per una profonda crisi dovuta a tre situazioni ben precise.
    La prima è la perdita di Dio, l’allontanamento di Dio dalla Chiesa: quando la Chiesa, nel mondo che cambia, si è mossa verso l’umanità utilizzando le stesse sue armi è rimasta catechizzata dal mondo, sia dall’uomo nichilista che da quello marxista.
    La seconda è la che Dio non è più il fondamento della vita umana. Eppure l’uomo, per quanto più studia e progredisce, cioè mentre pone alla base della sua vita la scienza, lo studio e la sperimentazione, tanto più si rifugia nella più banale religiosità naturale, inventando ogni giorno nuove forme di scemenza collettiva: ecco che proliferano i maghi, i tele-maghi, le hot-lines, le religioni di satana, ecc. per non parlare dei nuovi-preti, dei predicatori televisivi, degli psichiatri collettivi, dei tuttologi ecc. ecc.
    La terza è la crisi di fede, cioè che oggi non si vede più un Segno della fede, una di quelle cose che ti fa dire “ma se lui ha questa forza per camminare sulla morte, anch’io la voglio”. Manca, oggi, quel segno che catechizza l’uomo senza tanti discorsi e senza tante prediche.
    Oggi più che mai c’è bisogno di ricreare i segni, i segni della fede, cioè di rendere visibile l’amore nella dimensione della croce.
    Mentre la “pastorale di conservazione, la pastorale sacramentale” non ha più senso, ecco che l’amore nella dimensione della croce, che è l’unico tipo di Amore, torna l’unico modo per fare presente e vivo Gesù Cristo per questa generazione; e quindi è l’unico modo per ricondurre l’umanità al Creatore, perché dice Gesù “chi vede me conosce il Padre”.

    Scusate se parliamo tanto, anzi sempre, di Gesù Cristo: ma noi non conosciamo nessun altro che sia morto e risorto, che abbia vinto la morte trascinandosi via tutti i miei peccati.
    Prendi un eroe, un patriota, per esempio e confrontalo con Gesù.
    Il rivoluzionario ha dato la sua vita per i massimi ideali dell’uomo, desiderando la liberazione del suo popolo, rivendicando i più basilari e sacrosanti diritti umani, affinché l’uomo di oggi non viva più come una bestia… possiamo stare qui chissà quanto a parlare di Ernesto o di M.L. King o di Walesa o che ne so io…
    Ma Cristo ha dato la sua vita per me quando l’ho tradito, quando l’ho ucciso… discorsi troppo alti? Sto menando il can per l’aia? Allora te la dico così: Gesù Cristo è l’unico che si è piegato alla mia vita e mi ha tratto insieme a mia moglie dalla fogna dove eravamo sprofondati, pronti a – te l’assicuro – a cavarsi gli occhi l’uno con l’altro, tanto eravamo già ciechi da non vedere più oltre il nostro egoismo.
    Cristo è morto e risorto per me che neanche ero nato, che neanche mi conosceva, e già sapeva che gli sarei stato nemico: ma chi è quel pazzo che dà la vita per salvare i suoi nemici ?

    Grazie al cielo, che ispira cose buone anche alle persone più insospettabili, possiamo conoscere l’entità della sofferenza patita da Gesù nelle ultime ore della sua vita terrena, avremo di sicuro visto almeno 30 secondi di quel benedetto film, e oggi nessuno può dire che quella sofferenza non era vera.
    Ma possiamo anche leggere il Salmo 21, quello che Gesù ha appena accennato, alla maniera ebraica di citare la Scrittura, quando era morente sulla croce. E’ un salmo che non puoi leggere oltre le prime dieci righe perché sai che è così che è andata… Lui dice che i cani lo assalgono, gli strappano la carne e … quel cane sono io, siamo noi.
    Per contro molti uomini innocenti hanno sofferto pene simili e forse quegli africani che per la guerra tra Utu e Tutsi venivano giornalmente mutilati fino a che non morivano dopo lunga agonia, loro ne hanno avuto una dose ancorpiù tremenda.
    Ma quel Salmo termina con la speranza eterna: “loda il Signore anima mia…”
    Che vuol dire questo? Vuol dire che quel Gesù Cristo che è andato a morire come il peggiore dei malfattori al posto mio e al posto tuo è lo stesso che immediatamente Dio ha risuscitato: ecco perché Cristo nella morte loda Dio: sa qual è la sua missione, sa che amando noi fino alla morte ci ha salvati tutti.
    O non lo credi, questo?
    O per te non c’è speranza?
    O per “aqua-bomber” Dio farà un eccezione, a furor di popolo?

    Gesù Cristo non si ribella: va incontro alla sua condanna come un agnello condotto al macello, e loda anche Dio! E in più dice a me e a te: “puoi uccidermi, io ti perdono e ti amo”
    Ma chi te l’ha detto a te “ti amo” quando gli hai fatto del male? Nessuno, né uomo né donna può fare questo, nessuno può rinunciare fino in fondo al suo amorproprio per convenienza, neanche per una montagna di soldi.
    Gesù Cristo ti dice “ti amo” quando lo uccidi nella persona di chi ti sta più vicino, quando giudichi tutto e tutti – perché tu lo sai come ci si dovrebbe comportare in questo mondo civile per vivere almeno benino, vero? – e lui, invece, non ti giudica né ti condanna.

    Eh, fratelli, sta proprio qui il segreto: chi ha sperimentato un cosiffatto amore incondizionato, smodato, ultraterreno, non può far altro che fare il botto: esulta come un citto piccino davanti al più bel regalo della sua vita.
    Chi è amato così, chi riceve questo tipo di amore (mostrare la croce) esulta, prorompe in una berakà, fa l’Eucaristia della vita, fa che la sua vita sia Eucaristia.
    Ecco perché, accennavamo ieri, ogni cristiano diventa teologo, acquista la capacità di cantare lodi esultanti a Dio misericordioso e salvatore: perché hai ricevuto Amore e ne sei pieno, perché hai ricevuto lo Spirito Santo e si vede da quello che fai.

    Mi vorrai dire che oggi, di questi cristiani, non se ne vedono tanti in giro?
    Mi vorrai dire che non si vede questa tanta esaltazione, che non si trova l’Amore, nella Messa della Domenica, alla quale ci si va più meno tutti per abitudine o sperando che siccome male non fa, possa fare anche bene, non si sa mai?
    Ma io vorrei dire di più: vorrei parlare dell’unità.
    Perché Gesù Cristo che ci ha lasciato pochi comandi, pochissime “nuove leggi”, ci ha detto: “amatevi come io vi ho amato… perché il mondo creda che io sono l’inviato del Padre”.
    La questione è una sola: non si può amare Dio da soli, lo si ama amando gli altri, indistintamente buoni o cattivi che siano, lo si ama nella sua Chiesa.
    E se alla Messa della Domenica ti è impazzita la maionese, allora sperimenterai l’amore nell’unità in una piccola comunità che sia segno evidente per tutta la Parrocchia.
    Il mondo sta aspettando con ansia di sapere che si può amare, vuol sapere come si fa; e lo capirà quando comprenderà che quel gruppo di persone che si amano non si amerebbero senza Gesù Cristo in mezzo a loro.
    Questo è il segno che evangelizza, o meglio ancora, rievangelizza un mondo che è completamente separato da Dio, un mondo che ha perso ogni riferimento alla sua origine, alla sua storia, alla sua destinazione perché non ha più l’orientamento.
    Ci vuole un segno forte: la comunità di fratelli che si amano e che sono nell’unità.

    Questo di arriva direttamente dal Concilio Ecumenico Vaticano II, da un Sinodo dei Vescovi che – senza neanche un dogma piccolo piccolo – ha rinnovato tutta intera la Chiesa.
    Ieri dicevamo come sia stata rinnovata, e forse finalmente svelata, la liturgia; già sappiamo molto sul nuovo spirito missionario, che è poi l’essenza stessa della Chiesa.
    E quanto sia stato grande il rinnovamento posto in atto dal Concilio lo sapete meglio di me: l’uso della lingua nazionale, l’altare girato verso l’assemblea, l’eliminazione dei troppi fronzoli attorno alle liturgie, niente più balaustre, la Bibbia diventa un best-sellers…
    Ma inevitabilmente, ancora oggi, dopo oltre 40’anni c’è ancora qualcuno che protesta facendosi garante di una pretesa fedeltà agli insegnamenti di Cristo, che poi, vai a guardare, lui mai ha dato.
    Perché noi abbiamo, tutti, una fede infantile: basterebbe riguardare alla Chiesa primitiva, dove tutta questa problematica non c’era: Dio stava nella comunità, nella Chiesa, che è il corpo visibile di Gesù Cristo. Il Padre è accessibile tramite il Figlio e il Figlio attraverso la Chiesa; e tutto ciò non era teoria, non era azione liturgica: era realtà viva!
    Tutta la teologia della Chiesa primitiva era basata su questo semplice assioma: Chiesa uguale Corpo mistico di Gesù Cristo, i cristiani in comunione, in koinonia, sono il Corpo vivente di Cristo; chi tocca un cristiano tocca Cristo, chi accoglie un cristiano accoglie Cristo.
    Perché l’Eucaristia è un sacramento talmente efficace che ne basterebbe anche una sola? Perché gustiamo, concedetemi il gioco di parole, proprio ciò che si predica, e cioè che quando bevi il sangue redentore di Cristo, tu sei trasformato in ciò che bevi; e quel pane che mastichi con la tua bocca e digerisci con il tuo stomaco non si limita a veicolare Cristo in te, ma trasforma te in un altro Cristo.
    Il rinnovamento propinato dal Concilio, grazie a Dio non si limiterà alla sua stessa completa attuazione, ma andrà avanti: niente nella Chiesa è immobile, niente è fisso.
    L’umanità cambia, non ha più la fede adulta e forse ha perduto anche la fede bambina: nessuno più viene educato alla fede, nessuno più viene iniziato alla preghiera, nessuno più sa a cosa serve il suo battesimo… Si è annacquato Gesù Cristo in un mare di ideologie, di sincretismi, di panteismi di non so che cosa e nessuno ci ha insegnato a rispondere al male facendo il bene.
    Ma guarda: il Concilio Vaticano II parla proprio della necessità di riscoprire il proprio battesimo, di portare le genti alla fede adulta mediante catechesi post-battesimali, perché è vero che la gente si è fatta delle idee sbagliate sul Cristianesimo: adesso bisogna dargli una parola viva, un cristianesimo vivo, uno completamente diverso da quella routine che spinge un uomo ad andare alla Messa ben sapendo che tanto quando torna a casa ritrova la solita grugna della moglie, la solita causa col vicino o, peggio ancora, “arrivederci arrivederci” ma ognuno se ne va a casa sua e io sto qui da solo come un cane.
    Certo il Concilio ha visto il cambiamento della società e ha segnato i passi per adeguare la Chiesa al tempo che viviamo; e lo Spirito ha benedetto quel tempo suscitando carismi, santi e doni inaspettati.

    Allora il problema qual è?
    E’ portare il Concilio alle Parrocchie, alla gente; perché applicare il rinnovamento è inderogabile, è necessario, è fonte di salvezza per la nostra generazione.

    Noi parliamo di catecumenato post-battesimale vissuto in comunità, e di comunità cristiana adulta inserita all’interno della Parrocchia, presieduta dal parroco e che chiami, suscitando l’interrogativo fondamentale: “ma come fanno questi, che sono più disgraziati di me, a passare indenni sopra quella morte?”, l’interrogativo che chiama alla fede anche i più lontani. Pensa a tuo marito, a tua moglie, a quel collega di lavoro…
    Questo Cammino Neocatecumenale risponde certamente alla crisi di fede, perché la comunità è eterogenea: ci sono giovani, adulti ed anziani, i ricchi e i poveri, sposati e celibi ecc. tra i quali si dà l’Amore e l’unità, sacramento che chiama tutti gli uomini alla fede.
    Risponde alla scristianizzazione del nostro mondo perché le persone che entrano in comunità saranno reiniziate alla fede, al cristianesimo, rivivranno il proprio battesimo per tappe come avveniva nella Chiesa primitiva: allora Cristo ritornerà al centro della vita dell’uomo.
    E risponde anche alla perdita del senso del sacro nella nostra vita, perché la Parola che ogni catecumeno ascolta sarà carne viva su quello scheletro, perché ogni liturgia non sarà più una scorza vuota.

    E questa nuova comunità, quale missione avrà?
    - sarà una struttura viva all’interno della Parrocchia;
    - sarà un segno forte che chiamerà i lontani e li ricondurrà al Padre;
    - sarà quello che serve per potenziare o restaurare i carismi all’interno della Parrocchia
    Sarà il fondamento della Comunità-di-Comunità.

    Questa comunità vive un tipo di spiritualità senza divorzio tra fede e vita, senza falsi misticismi, una spiritualità che si manifesta nella vita concreta, fondata sulla storia della salvezza, sulla propria storia.
    Ciascuno di noi scoprirà che Dio parla attraverso gli eventi concreti di ogni giorno. Lì dove sei tu, quello è il luogo, il tempo e il modo in cui Dio è presente alla tua vita.

    Padre Nostro, 3° petizione, 1° sera

    Schema per la catechesi

    “il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1, 15)
    Tutta la Sacra Scrittura testimonia che il Popolo eletto ha avuto coscienza che il suo Dio intendeva realizzare quel piano di salvezza da sempre progettato.
    Nel corso dei secoli, però, Israele ha affinato questo concetto un po’ astratto: dal teorizzare un nuovo mondo bello, perfetto, utopico (tipo quello in cui il lupo dimorerà con l’agnello…), un vero e proprio paradiso terrestre, passa al desiderare la felicità del Regno di Dio, che consiste nel vedere ossia nell’entrare in comunione con il Volto di Dio, cioè nel sapere che il Signore non permetterà che i suoi servi sperimentino la morte. Successivamente, da questo pensiero, si maturerà una primordiale idea di vita eterna, di vita oltre questa vita, fino a credere nella risurrezione dai morti (rif. la sorella di Lazzaro).
    Si passa dunque, attraverso molti secoli, attraverso molte sperimentazioni dell’amore gratuito di Dio, dal cercare il Regno di Dio su questa terra alla “beata speranza”, cioè alla fede sulla promessa di Dio.
    Certamente solo dal “tronco di Jesse”, come profetizza Isaia, potrà scaturire quel “germoglio” che darà ad Israele la nuova vita e l’accesso al Regno; ma tutto ciò non sarà un proclama politico come lo credevano gli Zeloti, i Farisei o i Sadducei. E nemmeno come se lo poteva immaginare Giuda Iscariota.

    Affinché il Regno venga Giovanni Battista indica l’importanza del momento presente come tempo di conversione: “Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino! Fate dunque frutti degni di conversione” e riconoscendo in molti di quelli che lo seguivano solo falsità e ipocrisia li apostrofava e li accusava direttamente, perché davanti all’imminenza del Regno di Dio è inutile qualunque giustificazione: solo la conversione – il riconoscimento del proprio peccato e l’accettazione del perdono di Dio – apre le porte del Regno.

    Il Regno di Dio si fa presente in Gesù. Giovanni Battista, citando Isaia, dice di preparare la via del Signore, ci invita alla conversione e al battesimo di purificazione, affinché possiamo evitare “l’ira imminente”, il giudizio che – sicuramente – arriva perché il Regno è imminente.

    Anche Gesù Cristo, come sappiamo, si è fatto battezzare da Giovanni.
    Cristo si è fatto peccato per noi, e quando entra nell’acqua del Giordano riapre per noi i cieli che erano rimasti chiusi dal nostro peccato.
    Quando Cristo, il Figlio, esce dall’acqua è il Padre che si mostra sulla terra e lo Spirito che lo consacra: il Regno di Dio è veramente giunto sulla Terra.
    A questo punto rimane solo da sconfiggere il cosiddetto principe del mondo, il mentitore, l’assassino fin dal principio; e Gesù andrà nel deserto a dargli battaglia.
    Uscito vittorioso, comincerà a predicare ovunque: con prodigi, miracoli, segni e profezie Cristo ha voluto compiere la volontà del Padre ed ha inaugurato in terra il Regno dei cieli (dalla LG 3).
    Episodio cardine di questa sua speciale missione sarà la proclamazione solenne nella Sinagoga di Nazareth, come la riferisce Lc 4, 16-21:
    14 Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15 Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi.
    16 Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. 17 Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:
    18 Lo Spirito del Signore è sopra di me;
    per questo mi ha consacrato con l'unzione,
    e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
    messaggio,
    per proclamare ai prigionieri la liberazione
    e ai ciechi la vista;
    per rimettere in libertà gli oppressi,
    19 e predicare un anno di grazia del Signore.
    20 Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. 21 Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi».

    Nella sua persona, nelle sue opere e nelle sue parole il Regno di Dio è già giunto a noi.
    Il mio regno, dice Gesù, non è di questo mondo; è il “Regno dei Cieli”, ma è al contempo “dentro di voi ed in mezzo a voi”.
    Il Regno di Dio non è uno spazio o un dominio temporale: è un evento, è Gesù Cristo !
    E’ un tempo presente che richiede conversione e non un semplice futuro da attendere con speranza !
    Gesù presenza di Dio e del suo Regno esige immediata accettazione (“Tu vieni e seguimi” dirà in più occasioni a molti uomini), e anche la vigilanza nella fede fintanto che si attende la piena e definitiva manifestazione del Regno.
    La speranza cristiana si fonda su questo: Dio ci ha chiamato ad avere parte al suo regno, alla sua gloria, ed ha già reso presente quanto è potente questo regno risuscitando Cristo dai morti.
    Il cristiano si trova proprio qui: tra il già ed il non ancora.
    Tra il già del Regno, che è venuto a noi in Gesù Cristo, e il non ancora del Regno che dovrà giungere a pienezza: il cristiano grida “Maranà tha” (vieni Signore) cioè “Venga il tuo Regno”

    E in quale modo abbiamo visto manifestarsi la gloria di Dio Padre ?
    Nella croce.
    E’ dall’umiliazione estrema che ha subìto Cristo che si è aperto l’accesso al Regno di Dio per ogni uomo che smette di credere che debba compiere lui chissà quale sforzo sovrumano per conquistare quell’immensa grazia promessa dai profeti, e che invece accoglie come dono l’adozione a figlio per mezzo della morte e risurrezione di Cristo.
    Ma per chi sono le “beatitudini” del Vangelo di Matteo? Per i super-uomini? Per i semi-dèi?
    Non mi sembra proprio!
    Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
    Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
    Beati i miti, perché erediteranno la terra.
    Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
    Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
    Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
    Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
    Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
    Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
    Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

    Fratello, Sorella: svegliati ! C’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte che per 99 giusti !
    Gesù, dicevamo prima, ha chiamato l’umanità ad entrare nel suo regno attraverso insegnamenti, miracoli, prodigi e segni; e ancora oggi concede a te e a me una vita rinnovata, disseminata di tanti altari della presenza di Dio.
    Gesù Cristo, commosso dalle tante sofferenze che incontra non lesina mai un intervento e addirittura si lascia anche solo sfiorare il lembo della veste, sanando uomini e donne da ogni infermità.
    Ogni sua guarigione “carnale” ne annunciava un’altra più radicale: un’ennesima vittoria sul peccato e sulla morte.
    Sulla croce Cristo ha preso su di sé tutto il peso del male e ha tolto il peccato dal mondo, di cui la malattia non è che una conseguenza..
    E’ forse proprio così che Cristo scandalizzava in quel tempo i Giudei ed oggi noi bigotti: non solo annunciava il perdono dei peccati, ma addirittura lo concedeva anche al peggior peccatore.
    Sei tu, oggi, disposto a perdonare?
    Sei oggi tu disposto a prendere il peccato dell’altro su di te?
    O sei peggio del Giudice Supremo?
    Peccato! Non ci sarà nessun “Cristo” per questa generazione.

    E l’umanità che attende non avrà nessuno che gli annuncia la Buona Novella.

    Cantico dei Cantici, Cap. 4, 3° sera

    Ammonizione: Ale
    Canto:
    Ammonizione alla 1° lettura: Ka
    Lettura Lv 26, 3-10
    Canto:
    Ammonizione alla 2° lettura: Ka
    Lettura Sir 24, 18-21
    Canto:
    Ammonizione alla 3° lettura: Gio
    Lettura 1Pt 1, 22- 2, 3
    Canto:
    Ammonizione al Vangelo: Gia
    Lettura Gv 6, 30-40
    Omelia : Don
    Canto finale:

    Cantico dei Cantici, Cap. 4, 2° sera

    Is 55, 1-2 +

    Cantico dei Cantici, Cap. 4, 1° sera

    Mercoledì 10 marzo 2010

    Ammonizione: Gio
    Canto: la voce del mio amato – 276
    Ammonizione alla 1° parte: Gia
    Lettura Ct 4, 1-7: Fab
    Canto: Tu sei bella amica mia – 292
    Ammonizione alla 2° parte: Kat
    Lettura Ct 4, 8 - 5,1: Giu
    Canto: Vieni dal Libano – 269
    Vangelo: Gv 12, 1-8 “La Maddalena”
    Catechesi: Ale
    Omelia : Don
    Canto finale: Mi rubasti il cuore – s.n.

    Paternità e Maternità responsabili

    Paternità-maternità umane: come si attuano, in modo responsabile, nel matrimonio-famiglia?
    Quali sono le caratteristiche della paternità-maternità umane?
    La procreazione umana:
    • è un fine essenziale del matrimonio tra un uomo e una donna. Infatti l’amore coniugale tende per sua natura ad essere fecondo, avendo l’atto coniugale due significati: il significato unitivo (donazione totale e definitiva dei coniugi tra loro) e il significato procreativo (dono della vita a un nuovo essere umano)
    • rivela in modo eminente la dignità dell’essere umano, chiamato a farsi interprete della bontà e fecondità che discendono da Dio, il quale attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la famiglia umana
    • pur essendo biologicamente simile alla generazione degli altri esseri in natura, ha in sé, in modo essenziale ed esclusivo, una ‘somiglianza’ con Dio: è una forma peculiare della speciale partecipazione dei coniugi all’opera creatrice di Dio. «Nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla, i coniugi sanno di essere cooperatori dell’amore di Dio Creatore e come suoi interpreti» (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n.50)
    • esprime la soggettività sociale della famiglia ed avvia un dinamismo di amore e di solidarietà tra le generazioni che sta alla base della società, contribuendo alla comunione delle generazioni
    • rappresenta un compito di natura non semplicemente fisica, ma spirituale: attraverso di essa infatti passa la genealogia della persona, che ha il suo eterno inizio in Dio e che a Lui deve condurre
    • è frutto dell’amore coniugale (la donazione reciproca, totale, definitiva ed esclusiva tra uomo e donna), che rispecchia il dono d’amore tra le tre Persone Divine che diventa fecondo nella creazione, e il dono di Cristo alla sua Chiesa che diventa fecondo nella rinascita dell’uomo, in Cristo, mediante il Battesimo.
    Come si esprime la fecondità coniugale?
    Si esprime e si attua, in modo complementare, a livello:
    • di coppia (fecondità interpersonale): gli sposi, giorno dopo giorno, approfondiscono la propria e mutua conoscenza, il vicendevole rispetto e amore, la propria crescita umana e cristiana
    • di generazione fisico-biologica: il figlio, preziosissimo dono del matrimonio
    • di servizio educativo (fecondità educativa): attraverso l’educazione dei figli, i genitori, primi e principali - anche se non unici - responsabili di tale educazione, trasmettono i frutti della loro vita morale, spirituale e soprannaturale
    • di comunità umana (fecondità sociale): aiuto alla società nelle varie forme di volontariato
    • di comunità ecclesiale (fecondità apostolica): impegno di testimonianza e di servizio nella e alla comunità cristiana.
    Come si attua la responsabilità nella paternità-maternità?
    Si attua:
    • sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa
    • sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente o anche per un tempo indeterminato, una nuova nascita.
    Nell’uno e nell’altro caso, gli sposi cristiani si pongono la domanda fondamentale: corrisponde alla volontà di Dio la nostra decisione di dare o non dare la vita a una nuova creatura? Che cosa Dio desidera da noi a questo riguardo, in questo momento?

    Come va considerato il figlio?
    Il figlio è:
    • essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio
    • dono, il dono più grande del matrimonio:
      - dono di se stessi, da parte dei genitori, a un nuovo essere umano, frutto della loro donazione totale e definitiva
      - dono di sé, da parte del figlio, ai fratelli, alle sorelle, ai genitori, all’intera famiglia. La sua vita diventa dono per gli stessi donatori della vita.
    • riflesso vivente e segno permanente dell’amore, dell’unità coniugale.
    Esiste un diritto al figlio?
    Non esiste alcun diritto al figlio: in tal caso il figlio verrebbe considerato come oggetto di proprietà.
    Esiste invece il diritto del figlio ad essere il frutto dell’atto specifico dell’amore coniugale dei suoi genitori, e anche il suo diritto ad essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento.

    Quando è morale la regolazione delle nascite?
    Quando è attuata dagli sposi per validi motivi e con metodi conformi alla morale. Nella loro linea di condotta, i coniugi cristiani siano consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza che si deve conformare alla legge divina stessa, docili al Magistero della Chiesa, che interpreta in modo autentico quella legge alla luce del Vangelo.
    Di che cosa gli sposi devono tener conto nell’attuare responsabilmente la paternità - maternità?
    • Gli sposi devono tener conto:
      - delle proprie condizioni umane (fisiche, affettive, spirituali, economiche)
      - dei figli, già nati o che nasceranno
      - della propria famiglia
      - della società
      - di una visione positiva della vita e di un atteggiamento di apertura e di servizio ad essa, anche quando, per seri motivi e nel rispetto della legge morale, i coniugi scelgono di evitare temporaneamente o a tempo indeterminato una nuova nascita
      - della Provvidenza divina
      - delle condizioni di vita del proprio tempo, tanto nel loro aspetto materiale, che spirituale
      - della scala dei valori e del bene della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa.
    • La loro decisione non dev’essere dunque frutto di egoismo, né dev’essere condizionata da persone esterne, né tanto meno da pubbliche autorità.
    A chi spetta il giudizio circa l’intervallo tra le nascite, e circa il numero dei figli da procreare?
    Spetta soltanto agli sposi: è questo un loro diritto inalienabile da esercitare davanti a Dio, considerando, in modo sereno e ponderato, i doveri verso se stessi, verso i figli già nati, la famiglia e la società.

    Quali sono i mezzi per attuare la procreazione responsabile?
    • Vanno anzitutto rifiutati come moralmente illeciti:
      - L’aborto, che è un abominevole delitto
      - La sterilizzazione diretta
      - I mezzi contraccettivi nelle loro diverse forme: è da escludere come intrinsecamente cattiva «ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale o nel suo compimento o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione» (Paolo VI, Humanae vitae, n. 14).
    • Sono moralmente accettabili:
      - La continenza periodica
      - Il ricorso ai periodi infecondi della moglie, per compiere l’atto coniugale.
    Qual è la differenza fra i mezzi leciti e quelli illeciti moralmente?
    «Tra i due casi esiste una differenza essenziale: nel primo caso i coniugi usufruiscono legittimamente di una disposizione naturale; nell’altro caso essi impediscono lo svolgimento dei processi naturali. È vero che nell’uno e nell’altro caso, i coniugi concordano nella volontà positiva di evitare la prole per ragioni plausibili, cercando la sicurezza che essa non verrà; ma è altresì vero che soltanto nel primo caso essi sanno rinunciare all’uso del matrimonio nei periodi fecondi quando, per giusti motivi, la procreazione non è desiderabile, usandone, poi, nei periodi agenesiaci a manifestazione di affetto ed a salvaguardia della mutua fedeltà. Così facendo essi danno prova di amore veramente ed integralmente onesto» (Paolo VI, Humanae Vitae, n. 16).

    Perché la contraccezione è illecita?
    • Perché i coniugi, mediante il ricorso alla contraccezione, scindono i due significati che Dio Creatore ha inscritti nell’essere dell’uomo e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale: il significato unitivo e quello procreativo. In tal modo «essi si comportano come arbitri del disegno divino e manipolano e avviliscono la sessualità umana, e con essa la persona propria e quella del coniuge, alterandone il valore di donazione totale. Così, al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all’altro in totalità: ne deriva, non soltanto il positivo rifiuto all’apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell’interiore verità dell’amore coniugale chiamato a donarsi in totalità personale» (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, n. 32).
    • La contraccezione, come ancor più l’aborto, affonda le sue radici in una mentalità edonistica e de-responsabilizzante nei confronti della sessualità e suppone un concetto egoistico di libertà che vede nella procreazione un ostacolo al dispiegarsi della propria personalità.
    Quali gravi conseguenze causano i metodi di regolazione artificiale della natalità?
    Ecco alcune di queste gravi conseguenze, che Paolo VI indica nell’Humanae vitae (n. 17):
    • «Si apre una via larga e facile alla infedeltà coniugale ed all’abbassamento generale della moralità. Non ci vuole molta esperienza per conoscere la debolezza umana e per comprendere che gli uomini - i giovani specialmente, così vulnerabili su questo punto - hanno bisogno d’incoraggiamento a essere fedeli alla legge morale e non si deve loro offrire qualche facile mezzo per eluderne l’osservanza.
    • Si può anche temere che l’uomo, abituandosi all’uso delle pratiche anticoncezionali, finisca per perdere il rispetto della donna e, senza più curarsi del suo equilibrio fisico e psicologico, arrivi a considerarla come semplice strumento di godimento egoistico e non più come la sua compagna, rispettata e amata.
    • Si rifletta anche all’arma pericolosa che si verrebbe a mettere così tra le mani di autorità pubbliche, incuranti delle esigenze morali. Chi potrà rimproverare a un governo di applicare alla soluzione dei problemi della collettività ciò che fosse riconosciuto lecito ai coniugi per la soluzione di un problema familiare? Chi impedirà ai governanti di favorire e persino di imporre ai loro popoli, ogni qualvolta lo ritenessero necessario, il metodo di contraccezione da essi giudicato più efficace?».
    Che cos’è la continenza periodica?
    • È l’astenersi dai rapporti coniugali durante i periodi di fertilità femminile. Tale astenersi, in queste situazioni e per un certo tempo, oltre che evitare la procreazione, può anche:
      - essere autentico segno di amore, attenzione, rispetto dell’altro
      - svolgere una funzione propedeutica: essere buon allenamento per acquisire la castità matrimoniale e rispettare la fedeltà coniugale, anche durante periodi di assenza temporanea e/o prolungata del coniuge, o durante momenti di indisposizione o malattia dell’uno o dell’altro
      - offrire anche un servizio terapeutico, e cioè può offrire un valido aiuto a vivere con maggiore dedizione e intensità d’amore l’atto coniugale. L’attesa può accrescere, purificare e perfezionare il desiderio della mutua donazione e sviluppare una onesta e casta gestualità affettiva coniugale
      - favorire nei coniugi, la conoscenza e la padronanza di sé: «Questa disciplina (la padronanza di sé), propria della purezza degli sposi, ben lungi dal nuocere all’amore coniugale, gli conferisce invece un più alto valore umano. Esige un continuo sforzo, ma, grazie al suo benefico influsso, i coniugi sviluppano integralmente la loro personalità arricchendola di valori spirituali: essa apporta alla vita familiare frutti di serenità e di pace e agevola la soluzione di altri problemi; favorisce l’attenzione verso l’altro coniuge, aiuta gli sposi a bandire l’egoismo nemico del vero amore, ed approfondisce il loro senso di responsabilità» (Paolo VI, Humanae Vitae, n. 21).
    • «Una preziosa testimonianza può e deve essere data da quegli sposi che, mediante l’impegno comune della continenza periodica, sono giunti ad una più matura responsabilità personale di fronte all’amore ed alla vita. Come scriveva Paolo VI, ad essi il Signore affida il compito di rendere visibile agli uomini la santità e la soavità della legge che unisce l’amore vicendevole degli sposi con la loro cooperazione all’amore di Dio autore della vita umana» (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, n. 35).
    Come è possibile conoscere i periodi della fertilità/infertilità femminile?
    • È possibile grazie all’uso dei metodi naturali, basati sull’auto-osservazione del corpo della donna e del suo ritmo biologico, e individuati con la semplice osservazione dei ritmi corporei, delle temperature, delle secrezioni…
    • Tali metodi naturali si fondano su due verità scientifiche:
      - biologica (la fertilità della donna è limitata nel tempo)
      - sessuologica (l’atto sessuale non è di per sé sempre procreativo).
    Che cosa dice la Chiesa circa i metodi naturali di discernimento della fertilità femminile?
    • La Chiesa, pur non facendo suo alcun metodo, ritiene morale il ricorso, per validi motivi, ai metodi naturali, mediante i quali si tiene conto, per l’uso del matrimonio, dei ritmi naturali della donna, immanenti alle funzioni generative, e così si regola la natalità senza offendere i principi morali.
    • «Quando i coniugi, mediante il ricorso a periodi di infecondità, rispettano la connessione inscindibile dei significati unitivo e procreativo della sessualità umana, si comportano come ministri del disegno di Dio ed usufruiscono della sessualità secondo l’originario dinamismo della donazione totale, senza manipolazioni ed alterazioni» (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, n. 32).
    • Tali metodi naturali sono particolarmente utili, perchè consentono sia di favorire una gravidanza sia di evitarla, aiutando ad accertare il periodo fertile o sterile della donna.
    • Quando si parla di regolazione «naturale», non ci si riferisce al solo rispetto del ritmo biologico. Si tratta, ben più compiutamente, di rispondere alla verità della persona nella sua intima unità di spirito, psiche e corpo, unità mai riducibile soltanto ad un insieme di meccanismi biologici.
    Come far conoscere i metodi naturali?
    • I centri di studio e di insegnamento di tali metodiche naturali di regolazione della fertilità, come pure i medici ed i ricercatori, ma anche gli operatori pastorali e le autorità politiche nei rispettivi ambiti di competenza, saranno di valido sostegno alla maternità e alla paternità responsabili:
      - aiutando gli sposi a conoscere e ad apprezzare tali metodi nei loro fondamenti e nelle loro motivazioni, oltre che nei loro risvolti pratici, e a ben applicarli nelle loro condizioni concrete - offrendo basi scientifiche sempre più solide ad una regolazione delle nascite rispettosa della persona e del disegno di Dio sulla coppia umana e sulla procreazione
      - approfondendo tale argomento nei suoi diversi aspetti biologici, scientifici, culturali, psico-sociali, morali, spirituali e formativi
      - promuovendo al tempo stesso una capillare educazione ai valori morali, che il ricorso a tali metodi suppone, nei confronti dei coniugi, dei fidanzati, dei giovani in generale, come pure degli operatori sociali e pastorali
      - aiutando a superare, in questo ambito, luoghi comuni e mistificazioni, molto spesso amplificati da una certa propaganda interessata economicamente
      - favorendo programmi di ricerca in questo campo, come pure nella formazione di futuri professionisti capaci di aiutare i giovani e le coppie a compiere scelte sempre consapevoli e responsabili.
    • In questi anni, grazie al contributo di innumerevoli coppie cristiane in tante parti del mondo, i metodi naturali sono entrati nell’esperienza e nella riflessione dei gruppi e dei movimenti familiari e delle associazioni umane ed ecclesiali.
    Quali sono gli aspetti positivi dei metodi naturali?
    Essi permettono:
    • da un punto di vista umano coniugale, di:
      - rispettare il corpo degli sposi e le leggi biologiche iscritte nella loro persona
      - favorire o evitare, per validi motivi, la gravidanza
      - incoraggiare tra i coniugi la comunicazione e la tenerezza
      - favorire l’educazione ad una libertà autentica
      - governare le tendenze dell’istinto e delle passioni.
    • da un punto di vista morale cristiano, di:
      - riconoscere che la capacità procreativa è riflesso della comunione creativa dell’amore trinitario, una cooperazione con la potenza creativa di Dio, fonte e Padre di ogni vita: gli sposi sono collaboratori, ministri e non padroni della vita umana
      - essere fedeli al progetto di Dio sull’amore sponsale, sacramentale
      - rispettare le leggi inscritte da Dio nella struttura naturale, costitutiva della persona
      - evitare il male morale degli altri metodi illeciti.
    Che cosa possono fare gli sposi quando non hanno figli?
    • Possono ricorrere anzitutto alla medicina, per cercare di risolvere, in modo morale rispettoso della dignità della persona, i loro problemi.
    • Possono mostrare la loro generosità e la loro fecondità spirituale, sociale ed ecclesiale:
      - adottando bambini abbandonati
      - prendendoli in affido
      - compiendo servizi significativi, attività di volontariato a favore del prossimo.
    Il Primicerio della Basilica dei SS.Ambrogio e Carlo in Roma
    Mons. Raffaello Martinelli

    NB Per approfondire l’argomento, si leggano i seguenti documenti pontifici:
    * PAOLO VI, Humanae vitae, 1968;
    * GIOVANNI PAOLO II, Familiaris Consortio, 1981.

    amore dopo amore

    Tempo verrà
    in cui, con esultanza,
    saluterai te stesso arrivato
    alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
    e ognun sorriderà al benvenuto dell'altro,

    e dirà: Siedi qui. Mangia.
    amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
    Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
    a se stesso, allo straniero che ti ha amato

    per tutta la tua vita, che hai ignorato
    per un altro e che ti sa a memoria.
    Dallo scaffale tira giù le lettere d'amore,

    le fotografie, le note disperate,
    sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
    Siediti. E' festa: la tua vita è in tavola.

    Derek Walcott
    da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

    Derek Walcott (Castries, Saint Lucia, 1930) è un poeta e scrittore nato nelle Antille, noto principalmente per le sue opere poetiche e teatrali in lingua inglese. L'altro idioma usato in alcuni lavori minori è il patois creolo della sua terra natale, l'isola di Saint Lucia.
    Dal 1959 al 1976 ha diretto il Trinidad Theatre Workshop, dove si occupò anche di mettere in scena alcuni suoi drammi, e nel 1981 si trasferì a Boston per insegnare all'Università di Harvard. Per la sua straordinaria produzione poetica, nel 1992 è stato insignito del premio Nobel per la letteratura.
    La sua opera si differenzia notevolmente da quella di altri poeti contemporanei per l'estrema originalità del dettato, la grande fantasia visionaria e la presenza di temi metafisici. Si tratta di un autore unico, per la capacità di creare una grande poesia partendo da dati biografici, collegati alla sua terra nativa, le Indie Occidentali, dove storicamente si è realizzato un incredibile crogiolo di popoli, razze e culture. Lo stesso Walcott nel poemetto La Goletta Flight scrive, a proposito di un personaggio che può essere considerato il suo alter ego, ho dell'inglese, del negro e dell'olandese in me/ sono nessuno, o sono una nazione. Questa dichiarazione estremamente personale mette in luce quella molteplicità di origini etniche che identifica il grande poeta dei Caraibi, una vera e propria Babele multirazziale che alimenta l'opera di Walcott di un humus linguistico-letterario particolarmente ricco.

    Opere:
    Sogno sul Monte della Scimmia (1970)
    Another Life (Un'altra vita; 1973)
    Sea Grapes (Uve di mare; 1976)
    The Star-Apple Kingdom (1979)
    The Fortunate Traveller (1981)
    Midsummer (Mezza Estate; 1984)
    The Arkansas Testament (Il Testamento dell'Arkansas; 1987)
    Omeros (1990)

    1° incontro, domande

    1. Perché sposarsi ?

    2. Perché sposarsi in Chiesa ?

    3. Qual è la tua idea di matrimonio ?

    4. Che cos’è per te “amore” ?


    Quando parleremo di Vangelo e di Scrittura, magari citando a memoria frasi, versetti o cantici, e quando ci lanceremo in voli pindarici nella esegesi emulando Mons. Ravasi e altri sommi biblisti, non ci prendete troppo sul serio, perché i primi a non farlo siamo noi stessi.
    Non sappiamo altro dire che quello che abbiamo sperimentato, ricevuto gratis, noi prima di voi, dalla Chiesa che è madre.
    Se esterniamo una riflessione sulla Bibbia è perché ci sentiamo un po’ come quei due famosi discepoli (mica apostoli!) che ritornavano ad Emmaus dopo la crocifissione e risurrezione di Gesù Cristo.
    A questi due incompetenti Gesù Cristo stesso s’incarica di spiegargli le scritture e di fargli capire che questo Cristo che attendevano era in effetti quel Gesù di Nazareth da loro conosciuto. Non solo: era lui lì con loro e, alla fine, glielo dice anche: voi due siete “stolti e tardi a capire”!
    Ecco, per parte nostra non potremmo desiderare niente di meglio che essere trattati così da Cristo: “stolto, non mi hai riconosciuto? Eppure le scritture mi annunciavano... E poi (indicando il proprio coniuge) non ero forse sempre qui con te, al tuo fianco?”

    Missione della Chiesa + Senso della Vita

    Traccia per la catechesi ai fidanzati
    sulla missione della Chiesa, sul senso della vita e sul Kerygma (4ª Sera)

    Spunto rispettivamente dalle pagine 66-68, 95-96 (da “tutte le filosofie” in poi) e 108 (midrash del tesoro sotto la cucina di casa), 109à
    Poi pagina 138 da “Voi sapete che nelle Scritture la CROCE è chiamata Scandalo, Follia, Stoltezza…” (raccontare brevemente di Barabba…)
    Pagine 140-142 da “Ma ecco che succede un fenomeno inaspettato…” fino a “Gesù Cristo E’ MORTO PER I NOSTRI PECCATI E DIO L’HA RISUSCITATO PER LA NOSTRA GIUSTIFICAZIONE (cfr. Rm 4,25)”
    Pagina 145 “Dio conosce i vostri adultèri, le vostre fornicazioni, non si scandalizza di voi. Egli è l’unico che vi ama, che vi perdona, che non ha bisogno dei vostri sforzi.”

    Sale Luce e Lievito … per chi?
    Per il mondo. Che non sa più perché vive. Più, noi esseri umani, sappiamo, più studiamo, più ci evolviamo e più non troviamo risposta alla domanda fondamentale (mon equation differéntial): chi sono io, e perché vivo? Perché vivo questa vita senza che nessuno me ne abbia chiesto il permesso?
    Il mondo vive senza pensare e invece stasera la Chiesa ci chiama a farlo: perché se io mi sento di vivere pienamente, con gioia, completamente soddisfatto, gratificato… perché mi ritrovo insoddisfatto, limitato, deluso?

    Noi siamo qui, fratelli, ascoltate, ad annunciarvi Gesù Cristo.
    Non siamo teologi, né vogliamo darvi cultura biblica: annunciamo La Buona Notizia, un fatto realmente accaduto, una cosa che è capace di cambiarti la vita.
    Non parliamo di religioni, di filosofie, di moralismi o che so altro.
    Il Cristianesimo è fondamentalmente una buona notizia, è un avvenimento; è quella notizia che ogni uomo sta aspettando per vivere la sua stessa esistenza.

    Noi non saremmo qui, e nemmeno la Chiesa sarebbe qui se fosse inutile annunciarvi che l’uomo è accerchiato, che l’uomo vive con la costante paura della morte.
    Ma soprattutto, più che della morte corporale – che è già tanta di suo – l’uomo ha paura della morte del suo essere: di quella morte che, a 20 anni, ti fa morire dentro anche se camperai fino a 100.

    La legge naturale, quella dell’istinto, quella della natura umana, quella del bene e del male, quella che sai già senza che nessuno te la venga a spiegare, ti dice che l’uomo, e te per primo, sei uomo, cioè esisti, quando AMI.
    Ma l’uomo fa ogni giorno esperienza di morte.
    L’uomo è disorientato, azzerato: vuole amare, ma non ci riesce.
    O meglio: si può amare solo chi ci fa del bene, chi ci serve, solo chi corrisponde ai nostri schemi… in definitiva tu ami solo te stesso.
    Quindi non si realizza come essere umano completo, e mentre il tempo passa la morte si avvicina!

    Allora corre dietro a mille idoli, cercando inutilmente di colmare il vuoto della sua vita con cose che non ti possono appagare: il lavoro, i soldi, i viaggi, il sesso, la cultura…

    Nel fondo ogni uomo è un moralista di prima natura: crediamo fermamente che il bene è nelle nostre mani, è alla nostra portata; e che una vita fatta di sacrifici debba ovviamente essere premiata con tanto bene da ricevere.
    Per questo esatto motivo, quando vedi un povero che chiede l’elemosina ti viene voglia di dirgli “ma vai un po’ a lavorare!”… e magari anche “sapessi io come me li sudo ‘sti quattro soldi!”
    E se ti scandalizzi di lui è perché sei invidioso di chiunque possieda più di te.
    E questo povero ti fa un servizio enorme. Ti dimostra che è facile amare le vittime dello Tsunami, ma quel disgraziato del tuo vicino di casa o quello che t’ha rubato il posto di lavoro lo vorresti infilzare con 1000 spade, perché è un criminale e se lo merita!
    Allora che succede? una cosa che tu sai perfettamente: tu VUOI fare il bene, ma – in realtà – è il male che esce.
    Cioè senti dentro di te il desiderio profondo di amare chi ti sta vicino, ma non ci riesci.
    Fratello mio, ogni uomo è così!
    L’uomo NON può fare il bene perché si è separato da Dio, se n’è allontanato, vive come se Dio non ci fosse; ha peccato ed è rimasto schiavo del demonio.
    I nostri padri nella fede questa cosa la sapevano e l’hanno scritta, (il Genesi) solo quando hanno fatto l’esperienza che ogni momento era propizio a Dio per intervenire, per agire concretamente nella vita di ciascun uomo, cambiandone il cuore.
    Ecco il senso del racconto di Adamo ed Eva e della Creazione! L’uomo separato da Dio fa una vita senza senso.
    Cercando allora di essere amati diveniamo schiavi del male, idolatri, adulteri…
    Vogliamo fuggire da tutto ciò che ci uccide, ma tutto ci fa morire perché niente al mondo è conforme al nostro progetto di vita.
    Figuriamoci che ruolo e che sostanza possano allora avere argomenti come “dolore” e “morte”: sono cose prive di senso, assomigliano a quella cosiddetta morte dell’essere, proprio perché l’uomo non ha più Dio.
    L’uomo, che ha conosciuto la morte come paga, salario del suo peccato; e che non riesce a colmare la sua vita con niente per cui si getta ai piedi di mille idoli; è accerchiato dalla morte: NON può amare l’altro perché l’altro è come lui: pieno di difetti che lo uccidono a sua volta.
    Qui si capisce bene che non serve a nulla il moralismo, a chi servono i buoni consigli, la filosofia, la lotta sociale, l’etica…?
    A nessuno, a nes-su-no!
    E Specialmente non serve a te quando sei malvagio e peccatore.
    Quando hai fatto quel peccato così tanto grave (…che tua madre e tuo padre avrebbero pure potuto denunciarti alla polizia e disconoscerti) che ne pensavi di quelli che “te l’avevo detto io…” oppure “eh, questa volta proprio hai passato il limite!” e giù altri mille consigli e altrettanta morale…
    Quando hai commesso quell’omicidio cosa desideravi: un cicchetto e una pacca sulle spalle, la condanna a morte oppure essere capito, ascoltato, perdonato… AMATO?

    Ecco chi è Gesù Cristo, ecco qual è La Buona Notizia!
    Gesù Cristo ha vinto il tuo peccato e la tua morte con la sua morte e risurrezione.
    Se Cristo è morto in croce per me quando disprezzavo mia moglie e la volevo smontare in mille pezzi per ricostruirla a modo mio (con la metà dei pezzi, ma non nel senso che intendete voi, intendo come nel film “Boxing Helena”!), se Cristo è morto in croce per i miei peccati, Dio ha amato questo amore fatto a forma di CROCE e l’ha risuscitato.
    Fatto a Croce significa disprezzato, deriso, condannato e ucciso ingiustamente.
    E se Cristo fosse soltanto morto in croce, giudicato dal tribunale e dalla legge, saremmo allora tutti assassini. Ma Dio lo ha risuscitato, ha “sottratto il corpo del reato” è io e te siamo innocenti per non aver commesso alcun reato.

    Dio, a questo uomo, a questo Amore (indicando Gesù Cristo) l’ha fatto “Signore” della mia morte, della tua morte. E lo Spirito di Cristo viene e si posa su quanti desiderano accoglierlo e gli permette di fare la stessa esperienza che ha fatto Lui: la risurrezione, che nella morte Dio non ti abbandona.

    Perché Dio conosce i vostri adultèri, le vostre fornicazioni, non si scandalizza di voi. Egli è l’unico che ti ama, che ti perdona, che non ha bisogno dei nostri “santissimi” sforzi.
    Fratello mio Cristo, che se glie lo permetti entrerà nel tuo matrimonio facendosi garante per tutti e due, si lascia uccidere dal tuo peccato, dal tuo egoismo, dalle tue manie di perfezione…
    Quando ti sentirai morire, morire dentro, Lui soffrirà con te; ma quando sarà il momento di morire morirà solo Lui e tu no!
    E io ti chiedo: ma chi mai ti ha rispettato fino al punto di farti fare cose profondamente cattive e ingiuste? NESSUNO.
    Chi ti ha amato in un modo così grande riconoscendoti il diritto di sbagliare?
    Forse i tuoi genitori?
    Forse tua moglie lo farà?O forse i tuoi figli?Se tu hai una crisi, solo Dio ti permette di ingannarti e ti lascerà fare come tu vuoi.
    Tra gli uomini le cose vanno in maniera un pochino diversa, non è vero?
    “M’hai fatto male? Adesso t’aggiusto io, brutta bestia. Tanto la mi’mamma me l’aveva detto…”

    E invece questa sera Dio ha permesso che a noi sia proclamata questa parola di vita: Gesù Cristo è morto per i nostri peccati e Dio l’ha risuscitato per la nostra giustificazione (Rm 4,25).

    Gesù Cristo, lo sapete bene, si è lasciato uccidere come una pecora, non ha resistito al male, all’egoismo dei sapienti, alla politica dei Romani. Non ha opposto la minima resistenza.
    Immaginate ora di essere spettatori di questa condanna ingiusta, profondamente falsa e ignobile.
    Cosa dicono tutte le persone che vedono quest’uomo che si lascia travolgere così: è un idiota, è una pecora. Non si fa così: l’uomo non può accettare di farsi trattare così, deve lottare giustamente e anche con i pugni, se serve.
    Questo è ASSURDO. E quel giorno, davanti a Pilato, la folla gridò “crocifiggilo”, come dopo dirà Pietro negli Atti degli Apostoli: “Avete ucciso l’autore della vita e avete chiesto la grazia per un assassino”, per Barabba.
    Voi potete pensare che questa storia non c’entri niente con la nostra vita, ma voglio farvi un esempio concreto.
    Immaginate che un uomo torna dal lavoro stanco e trova la casa sporca, non c’è niente da mangiare, la moglie magari neanche c’è, è via con le amiche o da sua madre o chissà dove…
    Oppure un’altra donna, che se ne sta sempre sola a casa perché il marito lavora tutto il giorno e anche la notte e quando torna si lava e se ne esce…
    Ecco questa donna ha già capito tutto: suo marito non la ama.
    Lui è un egoista, un ingiusto, una bestia che sarebbe meglio vivesse da solo; e lei ha proprio ragione di protestare. E ci mancherebbe proprio che una volta il maritino tornasse a casa con le voglie e allungasse le mani, facesse il “sensibile”…
    Chiunque tra di noi saprebbe perfettamente cosa quella donna dovrebbe fare, o mi sbaglio?
    E lo stesso dovrebbe fare quel marito del primo esempio: tu mi trascuri? E io ti ripago con la stessa moneta!
    Questa è violenza che attira violenza.
    Ma guardate che questo comportamento si chiama “giustizia”.
    Non c’è niente di illegale nel portare in tribunale il marito violento o la moglie che lascia il tetto coniugale.

    Ma se quest’uomo o questa donna sono cristiani, se hanno scelto Gesù Cristo, il loro agire è ben diverso, perché agirebbero come Gesù, lasciandosi uccidere dal peccato dell’altro.
    Fratelli, noi crediamo di essere cristiani, ma la realtà è che viviamo negando Cristo. La nostra società, ad ogni istante, ci dice che se ti trattano ingiustamente ti devi difendere. Tutto è basato su una lotta di classe: gli operai contro il padrone, i poveri contro i ricchi ecc.
    E la Croce di Cristo è uno scandalo.
    Nessuno può resistere alla violenza e all’ingiustizia.
    Ma qui, sulla croce, si fermano tutte le violenze del mondo.
    Però non si può prendere su di sé il peccato dell’altro; non è umanamente possibile.
    Ma i Cristiani sono destinati ad essere portatori dello stesso spirito di Cristo: se tu credi a questa parola, se credi che questa sia la verità, potrete ricevere il Suo Spirito, gratuitamente.
    Amerai chi ti sta vicino senza sforzo.