domenica 21 febbraio 2010

Servo di Jahvè, 1° parte - altra

Catechesi sul Servo di Jahvè
1° parte, da pag. 350 a 361 (fino a “Vorrei dirvi una cosa”)


Questa sera a ciascuno di voi verrà chiesto se vuol seguire oppure no questo cammino, e qual è la vostra esperienza di queste catechesi. Coloro che vorranno continuare inizieranno un cammino serio verso una fede adulta.
In effetti quest’oggi diremo qual è la missione di questo cammino e qual è la missione della Chiesa.
Facciamo un quadro delle catechesi che abbiamo ascoltato in questo tempo.
  1. non è esaurito il tema, adesso, quando siamo al termine delle catechesi: in effetti il risultato, lo scopo di questa evangelizzazione, cioè aiutare la gente a far ritorno al Padre, lo possiamo intravedere, ma quel che avverrà con voi, quello che lo Spirito Santo ha instillato in ciascuno di voi non è così scontato che oggi sia chiaro.
  2. D’altronde la nostra funzione come catechisti è solo quella di farvi aprire gli occhi, noi siamo quello straccio che pulisce il vetro appannato. Ma per voi c’è davanti un meraviglioso panorama: da quella finestra si vede il lago, la montagna, si vede tutto un mondo intero
  3. Per chi deciderà di cominciarlo, il cammino comincerà adesso
  4. Non è importante, non succede niente se qualcuno non vuol lasciarsi nelle mani di Dio perché…: come, dicevamo alla catechesi sulla missione della Chiesa, non è importante che tutta la pentola sia sale, ma che ci sia il sale nella pentola
Vi abbiamo presentato molti argomenti, nelle catechesi che abbiamo fatto, ma li possiamo riassumere tutti in questo semplice schema:
  • La Parola annunciata è il Kerygma, la Buona Notizia, e abbiamo ascoltato come da Abramo, all’Esodo e su su fino a Gesù Cristo questa Parola sia la storia della nostra salvezza
  • Liturgia è stata la nostra risposta a questa Parola: prima di tutto la celebrazione penitenziale, non un rito né una faccendona da sbrigare tipo ”Don Gianluca, ce l’ha 5 minuti? mi volevo confessare”; poi la celebrazione della Parola e la consegna della Bibbia; e ieri sera l’Eucaristia, ricca di segni e viva come non mai.
  • Tutto questo periodo, infine, denso di riunioni, di dialogo (questionari, domande ecc.) e di agapi ci ha introdotti in una “Convivenza” che è l’embrione della Comunità che si può raggiungere.
Tutte e tre queste cose, ma soprattutto la Parola, ve l’abbiamo potuta dare come aperitivo, come assaggio (indica la Bibbia: è tanto grande): perciò, se vi è piaciuta, allora inizieremo presto il pranzo vero e proprio che sarà il Catecumenato.
I tempi? I tempi non ci appartengono. Sappiamo tutti che non è sicuro se domani vivremo o no, perciò non trasformiamo questo in un problema: guardiamo alla garanzia, cioè alla Vita Eterna che possiamo avere senza sforzo. (chiarire un po’ …).

Concretamente forse oggi non lo capisci e ti arrabbi quando senti dire “amore al nemico” o “metti la tua vita nelle mani di Dio”. Ma noi ti diciamo che questo è possibile perché lo farà Dio per te, lo farà con ciascuno di noi che lo desideri, perché lo farà lo Spirito di Dio… e dove lo puoi trovare lo Spirito Santo se non dentro la Chiesa?
Veramente: qui non si chiede a nessuno di voi, come anche successe a noi, “dammi la tua parola d’onore che da oggi t’impegnerai a fare questo e quest’altro”. NO, niente affatto!
Noi, al massimo, siamo consapevoli di aver insistito – a fin di bene – affinché voi partecipando a tutte le catechesi, ne abbiate avuto il quadro completo; niente di più.
E in queste catechesi vi abbiamo chiarito la situazione attuale della Chiesa, che è passata per una profonda crisi dovuta a tre situazioni ben precise.
La prima è la perdita di Dio, l’allontanamento di Dio dalla Chiesa: quando la Chiesa, nel mondo che cambia, si è mossa verso l’umanità utilizzando le stesse sue armi è rimasta catechizzata dal mondo, sia dall’uomo nichilista che da quello marxista.
La seconda è la che Dio non è più il fondamento della vita umana. Eppure l’uomo, per quanto più studia e progredisce, cioè mentre pone alla base della sua vita la scienza, lo studio e la sperimentazione, tanto più si rifugia nella più banale religiosità naturale, inventando ogni giorno nuove forme di scemenza collettiva: ecco che proliferano i maghi, i tele-maghi, le hot-lines, le religioni di satana, ecc. per non parlare dei nuovi-preti, dei predicatori televisivi, degli psichiatri collettivi, dei tuttologi ecc. ecc.
La terza è la crisi di fede, cioè che oggi non si vede più un Segno della fede, una di quelle cose che ti fa dire “ma se lui ha questa forza per camminare sulla morte, anch’io la voglio”. Manca, oggi, quel segno che catechizza l’uomo senza tanti discorsi e senza tante prediche.
Oggi più che mai c’è bisogno di ricreare i segni, i segni della fede, cioè di rendere visibile l’amore nella dimensione della croce.
Mentre la “pastorale di conservazione, la pastorale sacramentale” non ha più senso, ecco che l’amore nella dimensione della croce, che è l’unico tipo di Amore, torna l’unico modo per fare presente e vivo Gesù Cristo per questa generazione; e quindi è l’unico modo per ricondurre l’umanità al Creatore, perché dice Gesù “chi vede me conosce il Padre”.

Scusate se parliamo tanto, anzi sempre, di Gesù Cristo: ma noi non conosciamo nessun altro che sia morto e risorto, che abbia vinto la morte trascinandosi via tutti i miei peccati.
Prendi un eroe, un patriota, per esempio e confrontalo con Gesù.
Il rivoluzionario ha dato la sua vita per i massimi ideali dell’uomo, desiderando la liberazione del suo popolo, rivendicando i più basilari e sacrosanti diritti umani, affinché l’uomo di oggi non viva più come una bestia… possiamo stare qui chissà quanto a parlare di Ernesto o di M.L. King o di Walesa o che ne so io…
Ma Cristo ha dato la sua vita per me quando l’ho tradito, quando l’ho ucciso… discorsi troppo alti? Sto menando il can per l’aia? Allora te la dico così: Gesù Cristo è l’unico che si è piegato alla mia vita e mi ha tratto insieme a mia moglie dalla fogna dove eravamo sprofondati, pronti a – te l’assicuro – a cavarsi gli occhi l’uno con l’altro, tanto eravamo già ciechi da non vedere più oltre il nostro egoismo.
Cristo è morto e risorto per me che neanche ero nato, che neanche mi conosceva, e già sapeva che gli sarei stato nemico: ma chi è quel pazzo che dà la vita per salvare i suoi nemici ?

Grazie al cielo, che ispira cose buone anche alle persone più insospettabili, possiamo conoscere l’entità della sofferenza patita da Gesù nelle ultime ore della sua vita terrena, avremo di sicuro visto almeno 30 secondi di quel benedetto film, e oggi nessuno può dire che quella sofferenza non era vera.
Ma possiamo anche leggere il Salmo 21, quello che Gesù ha appena accennato, alla maniera ebraica di citare la Scrittura, quando era morente sulla croce. E’ un salmo che non puoi leggere oltre le prime dieci righe perché sai che è così che è andata… Lui dice che i cani lo assalgono, gli strappano la carne e … quel cane sono io, siamo noi.
Per contro molti uomini innocenti hanno sofferto pene simili e forse quegli africani che per la guerra tra Utu e Tutsi venivano giornalmente mutilati fino a che non morivano dopo lunga agonia, loro ne hanno avuto una dose ancorpiù tremenda.
Ma quel Salmo termina con la speranza eterna: “loda il Signore anima mia…”
Che vuol dire questo? Vuol dire che quel Gesù Cristo che è andato a morire come il peggiore dei malfattori al posto mio e al posto tuo è lo stesso che immediatamente Dio ha risuscitato: ecco perché Cristo nella morte loda Dio: sa qual è la sua missione, sa che amando noi fino alla morte ci ha salvati tutti.
O non lo credi, questo?
O per te non c’è speranza?
O per “aqua-bomber” Dio farà un eccezione, a furor di popolo?

Gesù Cristo non si ribella: va incontro alla sua condanna come un agnello condotto al macello, e loda anche Dio! E in più dice a me e a te: “puoi uccidermi, io ti perdono e ti amo”
Ma chi te l’ha detto a te “ti amo” quando gli hai fatto del male? Nessuno, né uomo né donna può fare questo, nessuno può rinunciare fino in fondo al suo amorproprio per convenienza, neanche per una montagna di soldi.
Gesù Cristo ti dice “ti amo” quando lo uccidi nella persona di chi ti sta più vicino, quando giudichi tutto e tutti – perché tu lo sai come ci si dovrebbe comportare in questo mondo civile per vivere almeno benino, vero? – e lui, invece, non ti giudica né ti condanna.

Eh, fratelli, sta proprio qui il segreto: chi ha sperimentato un cosiffatto amore incondizionato, smodato, ultraterreno, non può far altro che fare il botto: esulta come un citto piccino davanti al più bel regalo della sua vita.
Chi è amato così, chi riceve questo tipo di amore (mostrare la croce) esulta, prorompe in una berakà, fa l’Eucaristia della vita, fa che la sua vita sia Eucaristia.
Ecco perché, accennavamo ieri, ogni cristiano diventa teologo, acquista la capacità di cantare lodi esultanti a Dio misericordioso e salvatore: perché hai ricevuto Amore e ne sei pieno, perché hai ricevuto lo Spirito Santo e si vede da quello che fai.

Mi vorrai dire che oggi, di questi cristiani, non se ne vedono tanti in giro?
Mi vorrai dire che non si vede questa tanta esaltazione, che non si trova l’Amore, nella Messa della Domenica, alla quale ci si va più meno tutti per abitudine o sperando che siccome male non fa, possa fare anche bene, non si sa mai?
Ma io vorrei dire di più: vorrei parlare dell’unità.
Perché Gesù Cristo che ci ha lasciato pochi comandi, pochissime “nuove leggi”, ci ha detto: “amatevi come io vi ho amato… perché il mondo creda che io sono l’inviato del Padre”.
La questione è una sola: non si può amare Dio da soli, lo si ama amando gli altri, indistintamente buoni o cattivi che siano, lo si ama nella sua Chiesa.
E se alla Messa della Domenica ti è impazzita la maionese, allora sperimenterai l’amore nell’unità in una piccola comunità che sia segno evidente per tutta la Parrocchia.
Il mondo sta aspettando con ansia di sapere che si può amare, vuol sapere come si fa; e lo capirà quando comprenderà che quel gruppo di persone che si amano non si amerebbero senza Gesù Cristo in mezzo a loro.
Questo è il segno che evangelizza, o meglio ancora, rievangelizza un mondo che è completamente separato da Dio, un mondo che ha perso ogni riferimento alla sua origine, alla sua storia, alla sua destinazione perché non ha più l’orientamento.
Ci vuole un segno forte: la comunità di fratelli che si amano e che sono nell’unità.

Questo di arriva direttamente dal Concilio Ecumenico Vaticano II, da un Sinodo dei Vescovi che – senza neanche un dogma piccolo piccolo – ha rinnovato tutta intera la Chiesa.
Ieri dicevamo come sia stata rinnovata, e forse finalmente svelata, la liturgia; già sappiamo molto sul nuovo spirito missionario, che è poi l’essenza stessa della Chiesa.
E quanto sia stato grande il rinnovamento posto in atto dal Concilio lo sapete meglio di me: l’uso della lingua nazionale, l’altare girato verso l’assemblea, l’eliminazione dei troppi fronzoli attorno alle liturgie, niente più balaustre, la Bibbia diventa un best-sellers…
Ma inevitabilmente, ancora oggi, dopo oltre 40’anni c’è ancora qualcuno che protesta facendosi garante di una pretesa fedeltà agli insegnamenti di Cristo, che poi, vai a guardare, lui mai ha dato.
Perché noi abbiamo, tutti, una fede infantile: basterebbe riguardare alla Chiesa primitiva, dove tutta questa problematica non c’era: Dio stava nella comunità, nella Chiesa, che è il corpo visibile di Gesù Cristo. Il Padre è accessibile tramite il Figlio e il Figlio attraverso la Chiesa; e tutto ciò non era teoria, non era azione liturgica: era realtà viva!
Tutta la teologia della Chiesa primitiva era basata su questo semplice assioma: Chiesa uguale Corpo mistico di Gesù Cristo, i cristiani in comunione, in koinonia, sono il Corpo vivente di Cristo; chi tocca un cristiano tocca Cristo, chi accoglie un cristiano accoglie Cristo.
Perché l’Eucaristia è un sacramento talmente efficace che ne basterebbe anche una sola? Perché gustiamo, concedetemi il gioco di parole, proprio ciò che si predica, e cioè che quando bevi il sangue redentore di Cristo, tu sei trasformato in ciò che bevi; e quel pane che mastichi con la tua bocca e digerisci con il tuo stomaco non si limita a veicolare Cristo in te, ma trasforma te in un altro Cristo.
Il rinnovamento propinato dal Concilio, grazie a Dio non si limiterà alla sua stessa completa attuazione, ma andrà avanti: niente nella Chiesa è immobile, niente è fisso.
L’umanità cambia, non ha più la fede adulta e forse ha perduto anche la fede bambina: nessuno più viene educato alla fede, nessuno più viene iniziato alla preghiera, nessuno più sa a cosa serve il suo battesimo… Si è annacquato Gesù Cristo in un mare di ideologie, di sincretismi, di panteismi di non so che cosa e nessuno ci ha insegnato a rispondere al male facendo il bene.
Ma guarda: il Concilio Vaticano II parla proprio della necessità di riscoprire il proprio battesimo, di portare le genti alla fede adulta mediante catechesi post-battesimali, perché è vero che la gente si è fatta delle idee sbagliate sul Cristianesimo: adesso bisogna dargli una parola viva, un cristianesimo vivo, uno completamente diverso da quella routine che spinge un uomo ad andare alla Messa ben sapendo che tanto quando torna a casa ritrova la solita grugna della moglie, la solita causa col vicino o, peggio ancora, “arrivederci arrivederci” ma ognuno se ne va a casa sua e io sto qui da solo come un cane.
Certo il Concilio ha visto il cambiamento della società e ha segnato i passi per adeguare la Chiesa al tempo che viviamo; e lo Spirito ha benedetto quel tempo suscitando carismi, santi e doni inaspettati.

Allora il problema qual è?
E’ portare il Concilio alle Parrocchie, alla gente; perché applicare il rinnovamento è inderogabile, è necessario, è fonte di salvezza per la nostra generazione.

Noi parliamo di catecumenato post-battesimale vissuto in comunità, e di comunità cristiana adulta inserita all’interno della Parrocchia, presieduta dal parroco e che chiami, suscitando l’interrogativo fondamentale: “ma come fanno questi, che sono più disgraziati di me, a passare indenni sopra quella morte?”, l’interrogativo che chiama alla fede anche i più lontani. Pensa a tuo marito, a tua moglie, a quel collega di lavoro…
Questo Cammino Neocatecumenale risponde certamente alla crisi di fede, perché la comunità è eterogenea: ci sono giovani, adulti ed anziani, i ricchi e i poveri, sposati e celibi ecc. tra i quali si dà l’Amore e l’unità, sacramento che chiama tutti gli uomini alla fede.
Risponde alla scristianizzazione del nostro mondo perché le persone che entrano in comunità saranno reiniziate alla fede, al cristianesimo, rivivranno il proprio battesimo per tappe come avveniva nella Chiesa primitiva: allora Cristo ritornerà al centro della vita dell’uomo.
E risponde anche alla perdita del senso del sacro nella nostra vita, perché la Parola che ogni catecumeno ascolta sarà carne viva su quello scheletro, perché ogni liturgia non sarà più una scorza vuota.

E questa nuova comunità, quale missione avrà?
- sarà una struttura viva all’interno della Parrocchia;
- sarà un segno forte che chiamerà i lontani e li ricondurrà al Padre;
- sarà quello che serve per potenziare o restaurare i carismi all’interno della Parrocchia
Sarà il fondamento della Comunità-di-Comunità.

Questa comunità vive un tipo di spiritualità senza divorzio tra fede e vita, senza falsi misticismi, una spiritualità che si manifesta nella vita concreta, fondata sulla storia della salvezza, sulla propria storia.
Ciascuno di noi scoprirà che Dio parla attraverso gli eventi concreti di ogni giorno. Lì dove sei tu, quello è il luogo, il tempo e il modo in cui Dio è presente alla tua vita.

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