domenica 1 dicembre 2013

Martin Buber - Gog e Magog



"Ci vuole molto tempo prima che un uomo comprenda qual è il suo dovere - replicò l'Ebreo - I doveri glielo impediscono".

Com'è sempre divertente e interessante leggere un'antologia di "sacri aneddoti"! In questo caso la religione di riferimento è quella ebraica e non si tratta poi di una vera raccolta di racconti, perché gli episodi narrati nel libro hanno tra loro un legame e seguono un filo conduttore. Ma, in sostanza, vi si ritrovano tutti gli elementi tipici di questo genere narrativo: l'insegnamento religioso, l'aneddoto come esempio di vita, i consigli dei rabbini più anziani e dotti, una certa capacità di veggenza di alcuni saggi.
Uno degli scopi del lavoro di Buber (qui come in molti altri casi) è quello di rivalutare agli occhi della mistica ebraica, la corrente religiosa degli chassidim, di origine popolare e nata tra gli ebrei polacchi e nella Galizia nel XVIII secolo. Ma in questo testo più che in altri, Buber (forse in parte involontariamente) ricrea una vera epopea, narrata con lo sguardo e le parole di coloro che hanno conosciuto i protagonisti e hanno assistito personalmente a eventi più o meno straordinari e comunque degni di nota. "Fin da giovane - scrive Buber nella Nota all'edizione tedesca - cominciai a riesporre quanto mi sembrava essenziale dell'immenso tesoro di leggende chassidiche." Nella forma, appunto del "sacro aneddoto", cioè la "concatenazione di un avvenimento con una enunciazione". Anche qui si ritrova questa formula tradizionale, unitamente all'esposizione delle due correnti chassidiche dell'epoca: la prima, rappresentata in particolare dal "Veggente di Lublino", più dedita alla magia e ai riti misterici, l'altra, il cui principale esponente era il "Santo Ebreo" di Pzysha, contraria a ogni forma di magia e dedita solo alla ricerca della crescita interiore. Il Gog del paese di Magog del titolo, personaggio descritto da Ezechiele, alle cui guerre doveva seguire l'avvento del Messia, era dai primi identificato (le vicende si svolgono all'epoca delle guerre napoleoniche e della spartizione della Polonia) con la figura di Napoleone, mentre i seguaci del Santo Ebreo non condividevano questa spiegazione. E per sostenere le proprie tesi, entrambe le fazioni sceglievano episodi esemplari che potessero sostenere la propria causa. Buber riporta entrambe le voci, seguendone i fili e riportandone timori e speranze, dubbi e certezze e, soprattutto, le infinite, affascinanti disquisizioni di entrambe le parti.
Giustamente ripubblicato dopo molti anni, il volume ha il copyright della casa editrice Guanda, ma in realtà è un'edizione Neri Pozza.

Gog e Magog di Martin Buber
Titolo originale dell'opera: Gog und Magog

Traduzione di Silvia Heimpel-Colorni
301 pag., Lit. 29.000 - Edizioni Neri Pozza
ISBN 88-7305-704-7


L'autore
Martin Buber (Vienna 1878 - Gerusalemme 1965) è uno dei maggiori rappresentati del pensiero ebraico contemporaneo. I suoi scritti si dividono tra narrativa ed esegesi e in particolare vertono sulla cultura degli chassidim la corrente mistica ebraica di origine popolare nata nel XVIII secolo in Europa Orientale. Tra i libri editi in Italia: Discorsi sull'ebraismo, L'io e il tu, L'eclissi di Dio, La leggenda del Baal-Shem, Racconti chassidici, Le storie di Rabbi Nachman.


Le prime righe
IL VEGGENTE


La collina con il castello, a nord-est della città polacca di Lublino, una volta era circondata da pantani. Nessuno aveva mai pensato di stabilirsi su quel suolo inospitale. Circa quattro secoli fa venne in mente agli ebrei, occupati nel commercio a Lublino e ai quali era proibito abitare in città, di acquistare questi terreni. Intorno alla collina fu prosciugato un tratto dopo l'altro. A lato della Casa di preghiera e di studio si allinearono presto prima le abitazioni dei grandi, poi dei minori e infine quelle dei più piccoli ebrei. Esse si spinsero, si strinsero, si appiccicarono alla collina e infine l'antichissimo castello con torre e chiesa nelle sue solide mura merlate, si erse al di sopra di un fitto garbuglio di vicoli di ebrei, vicoletti di ebrei e botteghe di ebrei.
Se cammini lungo la strada principale di questa città di ebrei, la "Via Larga", giungi a una casa che dall'esterno non si distingue affatto dalle case vicine. Se però, dopo aver attraversato il corridoio stretto e semibuio, entri nel cortile intorno al quale, come tutte le altre, è costruita questa casa, ti trovi di fronte a una costruzione bassa ma spaziosa e ricoperta da un tetto di legno, e ti rendi conto subito, per via della lunga fila di grandi e tetre finestre, che non si tratta di una abitazione ma di un luogo di riunioni. Apri la porta e vedi una sala: le pareti sono macchiate e le travi del soffitto affumicate. Nella parte più grande della costruzione, al primo piano sopra al quale di innalza solo una soffitta, ha abitato, al tempo delle guerre napoleoniche, il Veggente, rabbi Jaqov Jizchaq, e la costruzione era il luogo della sua "clausura", dove, insieme ai suoi, pregava e studiava. Essi non partecipavano né al servizio divino né allo studio nella sinagoga principale: erano chassidim, "devoti" e, come per le altre numerose comunità chassidiche, strettamente raccolti intorno al loro perno, il rabbi. Allontanati dall'ordinamento ufficiale, dal quale essi stessi si mantenevano lontani, da questa distanza si battevano per conquistare le anime delle giovani generazioni.

© 1999, Ugo Guanda Editore

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